Le competenze giudiziarie

AuthorVillani, Ugo
Pages291-370
CAPITOLO VIII
LE COMPETENZE GIUDIZIARIE
1. Premessa
Come la Corte di giustizia ha dichiarato nella sentenza del 23 aprile 1986,
causa 294/83, Les Verts c. Parlamento,
«la Comunità economica europea [oggi l’Unione europea] è una comunità di
diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono
sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base
costituita dal Trattato».
Per garantire tale controllo sull’osservanza della rule of law da parte di tutti i
soggetti, le istituzioni e gli organi dell’Unione i Trattati, come si è ricordato
(Cap. V, par. 14), istituiscono la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali spe-
cializzati (attualmente il Tribunale della fun zione pubblica). Ai sensi dell’art. 19,
par. 1, 1° comma, TUE, il si stema giudiziario dell’Unione prende, complessiva-
mente, la denomi nazione di Corte di giustizia dell’Unione europea, articolata,
peraltro, in Corte di giustizia, Tribunale e tribunali specializzati. Come dichiara
la disposizione citata, essa:
«Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei
Trattati».
Tali organi costituiscono l’apparato giudiziario dell’Unione euro pea; essi,
peraltro, non escludono affatto il contributo dei giudici nazionali i quali, in con-
formità del principio di leale cooperazione posto dall’art. 4, par. 3, TUE, sono
tenuti, nello svolgimento delle proprie funzioni, a garantire l’esecuzione degli
obblighi derivanti dai Trattati. Il compito dei giudici nazionali è ribadito espres-
samente dall’art. 19, par. 1, 2° comma, TUE. Nei confronti di detti giudici l’art.
267 TFUE istituisce un originale strumento di cooperazione con la Corte di giu-
stizia, consistente nella competenza pregiudiziale (o di rinvio) di questa ultima
(oltre, par. 17 ss.).
292 Capitolo VIII
Come si è già rilevato (Cap. I, par. 6), la Corte di giustizia, con l’ausilio del
Tribunale, ha sempre svolto un ruolo propulsivo e, in una certa misura, “crea-
tivo” nello sviluppo del diritto dell’Unione. È suo merito, infatti, la costruzione
e il consolidamento dell’ordinamento dell’Unione come sistema giuridico auto-
nomo, integrato negli ordi namenti degli Stati membri e dotato dei caratteri della
diretta efficacia e del primato su tali ordinamenti. Sovente la Corte ha svolto un
ruolo di “supplenza” nei confronti delle istituzioni politiche, se gnan do, con al-
cune sue sentenze storiche, delle svolte nell’evoluzione del diritto dell’Unione e
dando contributi decisivi per il superamento di fasi di stallo. In particolare, l’ado-
zione di quei principi generali, che – come si è visto (Cap. VII, par. 4) – rappre-
sentano un’importante fonte del di rit to dell’Unione, dà la misura dell’opera cre-
ativa, “pretoria” della Corte.
Va sottolineato che, anteriormente al Trattato di Lisbona, la distinzione della
costruzione europea nei tre pilastri (diritto comunitario, PESC, cooperazione di
polizia e giudiziaria in materia penale) si rifletteva anche sulla competenza della
Corte di giustizia che, piena riguardo al primo pilastro, quello comunitario, era
pressoché esclusa, invece, nella PESC e subiva varie limitazioni nel terzo pila-
stro. L’eliminazione dei pilastri e l’unificazione delle diverse competenze nel
quadro unitario dell’Unione europea, effettuate dal Trattato di Lisbona, non
hanno determinato, tuttavia, una estensione delle competenze giudiziarie all’in-
tero campo di azione dell’Unione. Tali competenze si applicano, oggigiorno,
anche alle materie rientranti, in precedenza, nel terzo pilastro (cooperazione di
polizia e giudiziaria penale), ma la loro piena applicazione a tali materie è rin-
viata di cinque anni in base a talune disposizioni transitorie contenute nell’art.
10 del Protocollo n. 36. Inoltre, ai sensi dell’art. 276 TFUE, la Corte di giustizia
dell’Unione europea
«non è competente a esaminare la validità o la proporzionalità di operazioni
condotte dalla polizia o da altri servizi incaricati dell’applicazione della legge di
uno Stato membro o l’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati mem-
bri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza
interna».
La citata disposizione sottrae al sindacato della Corte di giustizia dell’Unione
europea una sfera di materie attinenti a interessi essenziali di ciascuno Stato
membro e riservate alla sua competenza esclusiva.
Per quanto riguarda la politica estera e di sicurezza comune (secondo pila-
stro, anteriormente al Trattato di Lisbona), la regola resta l’incompetenza della
Corte di giustizia dell’Unione europea, sicché una materia pur così sensibile è
sottratta ad ogni controllo giudiziario, a conferma ulteriore dell’impronta essen-
zialmente intergovernativa che tuttora la caratterizza. Peraltro la competenza
della Corte di giustizia dell’Unione europea è prevista in due ipotesi. In proposito
l’art. 275 TFUE (ribadendo quando già affermato dall’art. 24, par. 1, 2° comma,
TUE) dichiara:
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«La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente per quan to ri-
guarda le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, né per
quanto riguarda gli atti adottati in base a dette disposi zioni.
Tuttavia, la Corte è competente a controllare il rispetto dell’ar ticolo 40 del
Trattato sull’Unione europea e a pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le
condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma del presente Trattato, riguar-
danti il controllo della legittimità delle decisio ni che prevedono misure restrit-
tive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al
titolo V, capo 2 del Trattato sull’Unione europea».
Come si vede, il 1° comma dell’articolo in esame ribadisce l’incompetenza
della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di politica estera e di sicu-
rezza comune. Riguardo alle due eccezioni contemplate al 2° comma, la prima (art.
40 TUE) riguarda il controllo sul rispetto, da parte delle istituzioni dell’Unione,
delle competenze “generali” dell’Unione e può condurre all’annullamento di un
atto emanato ai sensi delle disposizioni sulla PESC in una materia nella quale si
sarebbe dovuto adottare un atto in forza delle disposizioni generali dei Trattati (Cap.
VII, par. 9). La seconda si riferisce agli atti in materia di PESC che stabiliscono
misure restrittive (per esempio il congelamento di beni, risorse economiche, depo-
siti bancari) a carico di privati (Cap. VII, par. 15): essi sono soggetti al controllo di
legittimità che la Corte di giustizia dell’Unione esercita, in via generale, sugli atti
dell’Unione ai sensi dell’art. 263 TFUE e che, in presenza dei motivi di illegittimità
previsti da tale norma, può condurre al loro annullamento (oltre, par. 9 ss.).
2. Il riparto di competenze tra la Corte di giustizia e il Tribunale
La Corte di giustizia (intesa quale specifico organo giudiziario) e il Tribunale
non si pongono su un piano gerarchico. Le loro compe tenze sono fissate in base
alle norme dei Trattati, integrate da quelle dello Statuto della Corte di giustizia
dell’Unione europea (contenuto nel Protocollo n. 3). Alla luce di tali norme, in-
vero, alcune competenze sono attribuite al Tribunale e le sue sentenze possono
essere oggetto di ricorso alla Corte di giustizia; altre competenze, invece, sono
riservate alla Corte di giustizia; per esse, quindi, non sussiste un doppio grado di
giurisdizione. L’art. 256, par. 1, 1° comma, TFUE dichiara infatti:
«Il Tribunale è competente a conoscere in primo grado dei ricorsi di cui agli
articoli 263, 265, 268, 270 e 272, ad eccezione di quelli attribuiti a un tribunale
specializzato istituito in applicazione dell’articolo 257 e di quelli che lo Statuto
riserva alla Corte di giustizia. Lo Statuto può prevedere che il Tribunale sia
compe tente per altre categorie di ricorsi».
Gli articoli menzionati in tale disposizione riguardano la competenza di an-
nullamento degli atti dell’Unione (art. 263 TFUE), il ricorso c.d. in carenza (art.
265 TFUE), l’azione di risarcimento danni contro l’Unione (art. 268 TFUE), le

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