Le fonti dell'ordinamento dell'unione europea

AuthorVillani, Ugo
Pages227-290
CAPITOLO VII
LE FONTI DELL’ORDINAMENTO
DELL’UNIONE EUROPEA
1. Caratteri generali
L’ordinamento giuridico dell’Unione è riconducibile ad una plu ralità di fonti.
In posizione primaria si pongono il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul
funzionamento dell’Unione euro pea (“i Trat tati”, come sono solitamente men-
zionati nelle disposizioni che li richiamano), i quali – come si è detto (Cap. I, par.
11) – hanno il me desimo valore giuridico. Sullo stesso piano di fonte primaria di
diritto dell’Unione si collocano i protocolli e gli allegati ai Trattati i quali – come
espressamente dichiara l’art. 51 TUE – “ne costituiscono parte integrante”. Le
dichiarazioni (degli Stati parti o delle istituzioni) allegate ai Trattati hanno, in-
vece, valore essenzial mente interpretativo. Come la Corte ha riaffermato nella
sentenza del 28 novembre 2006, causa C-413/04, Parlamento c. Consiglio,
costitui scono inoltre disposizioni di diritto primario quelle contenute negli ac-
cordi di adesione con nuovi membri, nonché le disposizioni contenute nei relativi
atti di adesione, anch’essi oggetto di accordo tra gli Stati membri e gli Stati ade-
renti e non qualificabili, quindi, quali atti delle istituzioni europee. Gli stessi
Trattati, in particolare il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, preve-
dono, inoltre, un sistema di fonti, rappresentate dagli atti obbligatori che le isti-
tuzioni europee hanno il potere di emanare; tali fonti – regolamenti, direttive,
decisioni – sono dette di diritto derivato, o secondario, dell’Unione e danno vita
alla c.d. legislazione dell’Unione.
Fra i Trattati e le fonti di diritto derivato dell’Unione sussiste un sicuro rap-
porto gerarchico, nel senso che le seconde sono subordinate ai primi. Questa
subordinazione deriva anzitutto dai principi generali concernenti i rapporti fra i
trattati istitutivi di organizzazioni internazionali e le fonti da essi previste; queste
fonti, di regola, non possono modificare o abrogare le disposizioni contenute nei
trattati istitutivi. Riguardo all’Unione europea la subordinazione delle fonti di
diritto derivato risulta espressamente dall’art. 263, 2° comma, TFUE, il quale
pone tra le cause d’invalidità degli atti dell’Unione, suscettibili di determinare il
loro annullamento, la “violazione dei Trattati” (Cap. VIII, par. 12). È evidente,
quindi, che la validità e l’efficacia degli atti dell’Unione, costituenti fonti di di-
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ritto derivato, sono subordinate al rispetto dei Trattati e che questi si pongono a
un rango gerarchicamente sovraordinato nei confronti di tali atti.
Se il rapporto di superiorità fra i Trattati e le fonti di diritto derivato è netto e
indubitabile, meno nitido è il quadro generale del sistema delle fonti dell’ordina-
mento dell’Unione. Anzitutto, infatti, non esiste, di regola, una gerarchia tra le
fonti di diritto derivato, salvo il caso di atti delegati di portata generale (art. 290
TFUE) e di atti che siano esecutivi di un altro (art. 291 TFUE) (Cap. V, par. 12), i
quali sono subordinati, rispettivamente, all’atto legislativo contenente la delega, o
all’atto vincolante attributivo alla Commissione (o al Consiglio) della competenza
di esecuzione. Così non è possibile rinvenire alcun rapporto gerarchico tra gli atti
tipici dell’Unione (regolamenti, direttive, decisioni), i quali vanno posti sul mede-
simo piano, sia che costituiscano atti a portata generale, come i regolamenti, sia
che rappresentino atti particolari, diretti a specifici destinatari, come spesso le
decisioni. Parimenti i Trattati non consentono di operare alcuna distinzione,
quanto alla loro forza giuridica, tra atti adottati con la procedura legislativa ordi-
naria (la codecisione, garantista dei principi democratici) (Cap. VI, par. 6), atti
adottati con procedure legislative speciali (Cap. VI, par. 7) e atti emanati – come
talvolta è ancora possibile – dal Consiglio senza neppure l’obbligo di consultare il
Parla mento europeo. Resta poi da definire non solo la collocazione nell’or-
dinamento dell’Unione, ma anzitutto il valore giuridico di una pluralità di atti
“atipici”, talvolta previsti dai Trattati, altre volte nati nella prassi (oltre, par. 14).
In secondo luogo, il sistema del diritto dell’Unione si arricchisce con una
serie di altre fonti, quali gli accordi conclusi dall’Unione con Stati terzi o orga-
nizzazioni internazionali, il diritto internazionale generale e i principi generali
del diritto dell’Unione. È compito dell’in terprete individuare il loro rango all’in-
terno dell’ordinamento del l’Unio ne e si tratta di un compito non agevole, specie
riguardo ai sud detti principi generali; questi sono, infatti, una creazione della
giuri sprudenza europea e rappresentano – come vedremo (oltre, par. 4) – una
categoria alquanto eterogenea, che neppure la Corte di giustizia ha precisamente
“sistemato” nella cornice dell’ordinamento dell’Unione.
2. I Trattati sull’Unione europea e sul funzionamento dell’Unione europea
Riguardo ai Trattati va osservato che essi, da un punto di vista formale, sono
accordi internazionali soggetti, in principio, alle regole di diritto internazionale ge-
nerale concernenti la conclusione, la validità, l’efficacia, l’interpretazione dei trat-
tati. È frequente, tuttavia, nella giurisprudenza della Corte di giustizia (formatasi
riguardo alla Co munità economica europea e al suo Trattato istitutivo) l’afferma-
zione secondo la quale tali Trattati rappresentano la “costituzione” dell’U nione. Può
ricordarsi la sentenza del 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts c. Parlamento:
«Si deve anzitutto sottolineare che la Comunità economica europea [oggi
Unione] è una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte,
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né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla
carta costituzionale di base costituita dal Trattato».
E nel parere 1/91 del 14 dicembre 1991, relativo al progetto di accordo tra la
Comunità ed i Paesi dell’Associazione europea di libero scambio relativo alla
creazione dello Spazio economico europeo, la Corte ha ribadito:
«Il Trattato CEE, benché sia stato concluso in forma d’accordo internazio-
nale, costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto».
Questa posizione corrisponde ad una visione diffusa e autorevole circa la
natura dei trattati istitutivi di organizzazioni internazionali. Essi, da un punto di
vista giuridico formale – come si è accennato –, non si distinguono dagli altri
trattati internazionali, né si sottraggono alle norme di diritto internazionale gene-
rale in materia; ma, da un punto di vista sostanziale e contenutistico, nella misura
in cui danno vita a un nuovo ente, l’organizzazione internazionale, stabilendo i
suoi fini istituzionali, le regole di funzionamento, l’apparato istituzionale, i po-
teri, tendono a porsi come l’atto costituzionale di base di tale ente. Può ricordarsi,
in proposito, il parere dell’8 luglio 1996 della Corte internazionale di giustizia
delle Nazioni Unite relativo alla liceità dell’uso delle armi nucleari, parere ri-
chiesto dall’Organizzazione mondiale della sanità:
«Da un punto di vista formale, gli atti costitutivi di organiz zazioni interna-
zionali sono dei trattati multilaterali, ai quali si applicano le regole stabilite di
interpretazione dei trattati […].
Ma gli atti costitutivi di organizzazioni internazionali sono anche dei trattati
di tipo particolare; essi hanno per oggetto di creare dei nuovi soggetti di diritto,
dotati di una certa autonomia, ai quali le parti affidano quale compito la realiz-
zazione di fini comuni. Tali trattati possono porre dei problemi specifici d’inter-
pretazione a causa, in particolare, del loro carattere sia convenzionale che istitu-
zionale».
Il carattere costituzionale dei Trattati relativi all’Unione europea, peraltro, è
accentuato perché – come la Corte ha affermato sin dalla celebre sentenza del 5
febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend en Loosessi hanno dato vita a un ente
sopranazionale a favore del quale gli Stati membri hanno rinunciato, anche se in
settori limitati, ai loro poteri sovrani e il cui ordinamento giuridico riconosce come
soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (Cap. I, par. 5).
I caratteri propri dei suddetti Trattati si riflettono principalmente sulle regole
interpretative degli stessi. Abbiamo già osservato (Cap. III, par. 3), anzitutto, che
nella giurisprudenza della Corte di giustizia si è imposta un’interpretazione par-
ticolarmente ampia per quanto attiene ai poteri dell’Unione; essa ha dato luogo
alla teoria dei poteri impliciti, alla stregua della quale l’Unione e le sue istituzioni
devono ritenersi provviste non solo dei poteri espressamente previsti dai Trattati,
ma anche di quelli ulteriori che siano necessari per esercitare nella maniera più

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