I procedimenti interistituzionali

AuthorVillani, Ugo
Pages189-226
CAPITOLO VI
I PROCEDIMENTI INTERISTITUZIONALI
1. Il finanziamento dell’Unione europea
Le tre istituzioni politiche, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commis-
sione, interagiscono in molteplici materie. Di particolare rilevanza, per la vita e lo
sviluppo dell’Unione europea, sono il bilancio, l’adozione degli atti dell’Unione,
la conclusione degli accordi internazionali della stessa Unione.
Per quanto riguarda il bilancio, la materia è regolata, oltre che dal Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea, articoli 310-324 (e dalle corrispondenti di-
sposizioni di quello CEEA), dal regolamento finanziario (CE, Euratom) n.
1605/2002 del Consiglio del 25 giugno 2002 e da accordi interistituzionali fra le
tre suddette istituzioni (l’ultimo, sulla disciplina di bilancio e la sana gestione
finanziaria, è del 17 maggio 2006, in vigore dal 1° gennaio 2007). Va ricordato
che un ruolo importante, anche ai fini del riequilibrio dei poteri del Parlamento
europeo, originariamente molto modesti, in merito all’approvazione del bilancio,
hanno avuto, in passato, il Trattato di Lussemburgo del 22 aprile 1970, che mo-
dificava i Trattati originari conferendo maggiori poteri al Parlamento in materia
di bilancio, e quello di Bruxelles del 22 luglio 1975, che ampliava ulteriormente
tali poteri e istituiva la Corte dei conti.
Il bilancio dell’Unione è composto dalle entrate e dalle spese:
«Tutte le entrate e le spese dell’Unione devono costituire oggetto di previ-
sioni per ciascun esercizio finanziario ed essere iscritte nel bilancio» (art. 310,
par. 1, 1° comma, TFUE).
In base al principio di equilibrio delle entrate e delle spese (art. 314, par. 10,
TFUE):
«Nel bilancio, entrate e spese devono risultare in pareggio» (art. 310, par. 1,
3° comma, TFUE).
Diversa, peraltro, è la disciplina relativa alle determinazioni sulle entrate e a
quelle sulle spese. Mentre sulle seconde, come si accennava, significativi sono i
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poteri progressivamente acquistati dal Parlamento europeo, il quale, con il Trat-
tato di Lisbona, ha raggiunto pari potere di decisione con il Consiglio, le entrate
sfuggono ai suoi poteri e sono sostanzialmente decise dai governi degli Stati
membri. In proposito l’art. 311, 2° comma, TFUE dichiara anzitutto:
«Il bilancio, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente tramite
risorse proprie».
Tale norma, relativamente al finanziamento dell’Unione europea (in senso
analogo dispone l’art. 173 del Trattato CEEA), adotta quindi il sistema delle ri-
sorse proprie, in conformità con quanto stabilito già con decisione n. 70/243/
CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione
dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità.
Originariamente il finan zia mento della CEE e della CEEA proveniva, come di
solito accade per le organizzazioni internazionali, da contributi obbligatori degli
Stati membri, che questi erano tenuti a versare secondo parametri fondati sulla
loro rispettiva importanza politica ed economica (e, per il finan ziamento del
Fondo sociale europeo, sulla loro “capacità contributiva”). Solo la CECA dispo-
neva di un vero potere impositivo, poiché al suo fi nanziamento contribuivano i
prelievi sulla produzione carbosiderurgica delle imprese, i quali rappresentavano
sostanzialmente delle imposte, determinate autonomamente dalla CECA, e con-
sentivano un certo grado di indipendenza finanziaria di quest’ultima nei con-
fronti degli Stati membri.
Con la ricordata decisione del 21 aprile 1970 il Consiglio decise il passaggio
a un sistema di risorse proprie per la CEE e la CEEA; sono l’Unione europea e la
CEEA, quindi, oggi, che decidono in maniera autonoma le fonti di finanziamento
senza dipendere più dai pagamenti dei contributi degli Stati membri.
Tali fonti, per di più, garantiscono una sorta di automatismo nella determina-
zione anche della entità delle entrate dell’Unione. Il sistema, com’è evidente,
tende a rendere l’Unione totalmente indipendente dagli Stati membri, nella con-
sapevolezza che, nelle organizzazioni interna zionali le cui entrate dipendono dai
contributi degli Stati membri, la mancata erogazione degli stessi contributi può
determinare crisi esiziali per l’organizzazione e può essere utilizzata anche come
strumento di pressione sulle sue decisioni.
Bisogna peraltro avvertire che, malgrado l’indipendenza e l’autonomia che il
sistema delle risorse proprie è volto a garantire, le decisioni sulle fonti e la misura
di tali risorse sono adottate con un procedimento che implica sostanzialmente un
accordo tra gli Stati membri. Ai sensi dell’art. 311, 3° comma, TFUE, infatti:
«Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
all’unanimità e previa consultazione del Parlamento euro peo, adotta una deci-
sione che stabilisce le disposizioni relative al si ste ma delle risorse proprie
dell’Unione. In tale contesto è possibile isti tuire nuove categorie di risorse
proprie o sopprimere una categoria e sistente. Tale decisione entra in vigore
I procedimenti interistituzionali 191
solo previa approvazione de gli Stati membri conformemente alle rispettive
norme costituzionali».
Le decisioni sulle entrate dell’Unione, pertanto, richiedono anzitutto l’unani-
mità degli Stati membri nel Consiglio. Inoltre il Consiglio adotta una decisione,
ma la sua efficacia è subordinata all’approvazione espressa di ciascuno Stato
membro, in forme analoghe alla ratifica di un accordo internazionale, secondo le
proprie norme costituzionali. Pertanto il sistema delle risorse proprie, se affranca
l’Unione dai contributi degli Stati membri, non la rende propriamente “indipen-
dente” da questi ultimi; gli Stati membri, invero, non hanno più la possibilità di
rifiutarsi di finanziare l’Unione, ma hanno ancora il potere di decidere quali ri-
sorse destinare ad essa.
Come risulta chiaramente dall’art. 311, 3° comma, un ruolo del tutto margi-
nale nella determinazione delle entrate dell’Unione è ricono sciuto al Parlamento
europeo, che ha un potere meramente consultivo. Si deve però notare che, se il
procedimento di definizione delle risorse proprie appare scarsamente democra-
tico a livello europeo, esso consente un recupero di controllo democratico a li-
vello nazionale; il riferimento alle costituzioni statali ai fini dell’approvazione
delle deliberazioni del Consiglio da parte degli Stati membri comporta, in princi-
pio, che tale approvazione sia subordinata a una manifestazione di volontà dei
rispettivi parlamenti. Inoltre, l’eventuale determinazione di misure di esecuzione
del sistema delle risorse proprie dell’Unione, pur decisa dal Consiglio, richiede
l’approvazione (non la semplice consultazione) del Parlamento europeo (art.
311, 4° comma, TFUE).
L’art. 311, 2° comma, TFUE, nello stabilire che il bilancio è finanziato inte-
gralmente tramite risorse proprie, fa salve le altre entrate. Queste ultime hanno
una portata residuale e comprendono, tra le altre, le trattenute sulle retribuzioni
dei dipendenti dell’Unione, le ammende alle imprese, o le somme forfettarie o
penalità dovute da Stati ex art. 260 TFUE (Cap. VIII, par. 7), i contributi degli
Stati membri ai quali talvolta si ricorre per esigenze di bilancio o per il Fondo
europeo di svi luppo, l’assunzione di prestiti, utilizzabili, peraltro, solo per finan-
ziare operazioni fuori bilancio, non per colmare eventuali disavanzi, ecc.
Quanto alle risorse proprie esse, alla luce della disciplina vigente, contenuta
nella decisione del Consiglio n. 2007/436/CE, Euratom del 7 giugno 2007, sono
le seguenti: a) i prelievi, premi, importi supple mentari o compensativi, importi o
elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi sugli scambi
con Paesi terzi (compren denti i dazi agricoli), nonché contributi ed altri dazi
nell’ambito del l’organizzazione comune dei mercati dello zucchero; b) un’ali-
quota uniforme sull’imponibile IVA di ciascuno Stato membro, determinato se-
condo regole europee e limitato al 50% del suo reddito nazionale lordo; c) un’ali-
quota del reddito nazionale lordo degli Stati membri, da fissare annualmente nel
bilancio (detta, originariamente, quarta risorsa). È stato osservato in dottrina che
la prima entrata dà luogo a un vero e proprio potere impositivo in capo all’Unione,
mentre quelle derivanti dall’IVA e dall’aliquota sul reddito nazionale lordo in

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