Origini, evoluzione e caratteri dell'integrazione europea

AuthorVillani, Ugo
Pages1-25
1. I primi movimenti europeisti
Il processo d’integrazione europea muove da lontano e trova le sue radici in
concezioni politiche e filosofiche di illustri pensatori, in progetti di movimenti di
privati cittadini, in iniziative di statisti e di uomini di governo.
Un promotore del progetto di unire gli Stati europei, che merita di essere
particolarmente ricordato per l’influenza che riuscì ad esercitare anche su uo-
mini di governo, a cominciare dal francese Aristide Briand, è il conte Richard
Coudenhove-Kalergi, il quale, nel 1924, diede vita all’Unione paneuropea. La
fondazione di tale associazione muoveva dall’intento di raggiungere l’unifica-
zione europea, nella convinzione della necessità di preservare l’Europa dalla
minaccia sovietica, da un lato, e dalla dominazione economica degli Stati Uniti,
dall’altro. Fu Aristide Briand, in qualità di ministro degli esteri francese, che
compì il primo passo ufficiale, in nome del suo governo, di proporre una unione
europea, presentando a tal fine un Memorandum alla Società delle Nazioni il 1°
maggio 1930, che però non ebbe un seguito concreto. Il suo progetto prevedeva
la creazione di una organizzazione politica tra gli Stati partecipanti, senza met-
tere in discussione, peraltro, la loro sovranità. Esso esprimeva, pertanto, una
visione di tipo confederale, nel solco del fenomeno delle organizzazioni interna-
zionali tradizionali, le quali comportano l’istituzione di organi e strutture volte
al perseguimento degli scopi comuni stabiliti mediante un accordo tra gli Stati
membri, i quali, pur assumendo un complesso di obblighi giuridici, conservano
la propria sovranità.
Una diversa concezione, di carattere federalista, veniva ad esprimersi in un
documento fondamentale nella storia dell’integrazione europea, il “Manifesto di
Ventotene per un’Europa libera e unita”, del 1941, dovuto allo slancio europeista
che accomunava, malgrado la loro differente formazione politica, i tre autori:
Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni (all’epoca confinati nell’iso-
letta delle Pontine per antifascismo). Secondo tale impostazione, per assicurare
la pace tra i Paesi europei occorreva che questi rinunciassero alla propria sovra-
nità e che si giungesse ad una nuova entità, la Federazione europea, dotata di un
CAPITOLO I
ORIGINI, EVOLUZIONE E CARATTERI
DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
2 Capitolo I
proprio esercito, di una propria moneta, di proprie istituzioni politiche nelle quali
i cittadini fossero direttamente rappresentati, di una propria politica estera.
Nell’individuare gli scenari e i compiti del dopoguerra si paventava, quale più
grave rischio per la civiltà europea e per la pace, la restaurazione dello Stato na-
zionale. Si affermava così, nel Manifesto di Ventotene:
«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro
progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione dell’Europa in Stati
nazionali sovrani […]. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non
si può mantenere un equilibrio di Stati europei indipendenti con la convivenza
della Germania militarista a parità di condizioni con gli altri Paesi, né si può
spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta […].
È ormai dimostrata la inutilità, anzi la dannosità di organismi, tipo della Società
delle Nazioni, che pretendano di garantire un diritto inter nazionale senza una
forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità asso-
luta degli Stati partecipanti […]. E quando, superando l’orizzonte del vecchio
continente, si abbracci in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono
l’umanità, biso gna pur riconoscere che la federazione europea è l’unica garanzia
concepibile che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su
una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui
diventi possibile l’unità politica dell’intero globo».
Accanto alla concezione, espressa dal Manifesto di Ventotene, che ispirò la
nascita, nel 1943, del Movimento federalista europeo, un’altra, negli anni della
seconda guerra mondiale, venne a maturare per merito, principalmente, dello
statista e industriale francese Jean Monnet, la cui opera (con quella di statisti
quali Schuman, Adenauer, De Gasperi, Spaak ecc.) fu storicamente determi-
nante per l’avvio e lo sviluppo della costruzione europea. Mentre il progetto
federalista prevedeva l’obiettivo immediato di una unione politica europea,
quello so stenuto da Jean Monnet, pur mirando, in prospettiva, a questo ri sul tato,
si basava su un diverso metodo, funzionalista e graduale. Anch’es so muoveva
dal convincimento che il permanere dei nazionalismi fra gli Stati europei
avrebbe costituito una costante minaccia per la pace e che, pertanto, ci si do-
vesse porre l’obiettivo di una unione europea di carattere politico. Tuttavia non
sarebbe stato realistico tentare di raggiungere imme dia tamente tale obiettivo: il
metodo da seguire, al contrario, era quello di realizzare forme di coesione, di
solidarietà in specifici settori, così da costruire progressivamente una situazione
di fatto di integrazione tra i Paesi europei, che sarebbe sfociata, quasi natural-
mente, in una unione politica.
Alla fine della seconda guerra mondiale i fermenti europeisti che da più parti
emergevano trovarono una nuova, autorevole adesione in un celebre discorso
tenuto all’Università di Zurigo il 19 settembre 1946 dallo statista britannico Win-
ston Churchill (che, nel frattempo, aveva perso, peraltro, la guida politica del suo
Paese), il quale, richiamandosi alle iniziative di Coudenhove-Kalergi e di Ari-
stide Briand e ricordando che le passioni nazionalistiche avevano distrutto la

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