Schizzi per una storia iconologica di Europa

AuthorGiuseppe Cascione
PositionRicercatore di Filosofia politRca nell’Università degli studi di Bari
Pages597-608

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@1. Il mito di Europa e la sua centralità

1. Una storia iconologica di Europa non è un lavoro fine a se stesso. Certo, soprattutto nell’età aurea per l’arte europea che è il Rinascimento, è molto difficile trascurare l’elemento estetico dal suo prodotto iconografico. Tuttavia, in questa sede rilevano molto di più – almeno per chi scrive – gli aspetti legati al valore simbolico dell’iconologia, la sua capacità di mobilitazione delle coscienze intorno a temi di pubblico interesse. In altre sedi ho ritenuto determinare questo stretto legame tra potere visibile – incarnato come è in istituzioni e strategie comunicative – ed apparato iconografico con il termine di Iconocrazia1, cioè la capacità del potere politico di condizionare e di essere condizionato dall’opinione pubblica non attraverso la trasparenza di sé e dei propri rappresentanti, ma, al contrario, attraverso l’opacità dei propri rituali, legittimati attraverso le mitografie collettive. Il carattere di questo rapporto tra essenza visibile ed essenza invisibile, opaca del potere è un carattere costitutivo, vale a dire che senza di esso non vi sarebbe potere costituito, non esisterebbe la possibilità di governare, soprattutto nella forma di Stato imposta dalla modernità sin dal suo nascere, nel XVI secolo2.

Funzionale a questo tipo di indagine e preliminare ad essa è il tentativo di definire il ruolo ed i limiti concettuali – nell’economia del presente discorso – del tema del mito, con particolare riferimento al mito di Europa3. Ripercorrere iconocraticamente le tappe della nascita e della diffusione di questo mito, in particolare nel periodo di tempo che va dalla nascita degli Stati nazionali all’illuminismo, significa mostrare lo stretto legame che esiste tra evoluzione dell’idea di sovranità e capacità di mobilitazione del consenso legata all’esistenza della sua dimensione visibile.

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Innanzitutto per mito intenderemo “uno speciale tipo di racconto del passato che rappresenta simbolicamente i valori di un gruppo e ne legittima le posizioni e le rivendicazioni”4. Con l’età moderna, la funzione aggregante svolta dal corpus ecclesiae sul terreno della identificazione collettiva dell’uomo europeo viene meno. Nonostante la Chiesa fosse stata e rimanesse un rilevante sistema organizzato di relazioni internazionali, essa non era più in grado di svolgere un ruolo altrettanto importante sul terreno del myth-making politico. Nonostante questo, l’idea di Europa nel XVI secolo non riesce ad avere un’importanza altrettanto rilevante quanta ne hanno altri miti politici nazionali e questo è spiegato in modo evidente dal fatto che l’appartenenza nazionale conta in quel periodo ben di più della complessiva appartenenza al corpo politico europeo5. Una dimostrazione mitografica importante ce la dà la diffusione del mito del ratto di Europa da parte di Zeus travestito da toro – il mito europeo par excellence – che comincia ad essere studiato ed a diffondersi proprio nei primi del ‘500, ma che rimane secondario rispetto ai grandi miti nazionali degli Stati nascenti in Europa. Un altro grande mito tipico dell’idea di Europa in questo periodo è quello biblico dei tre figli di Noè, Japhet antenato degli europei, Sem degli asiatici e Cam degli africani, mito che porta con sè un chiaro intento eurocentrico.

La domanda che dobbiamo porci è una domanda relativa allo status del mito politico, alla sua valenza. Ci sono differenti livelli di lettura di questo interrogativo ed altrettante risposte possibili.

Il primo livello riguarda il valore comunicativo dei miti politici. Chi era in grado di decodificarli? Chi ne era il destinatario? Naturalmente, la società rinascimentale ha una stratificazione complessa, alla base della quale molti fattori hanno rilevanza. La posizione politica, cetuale o culturale determinava sicuramente un accesso razionale alla decodificazione di miti nati all’interno di un ristretto gruppo di soggetti e probabilmente destinati ad una fruizione consapevole solo da parte loro.

Questo ci porta al secondo livello di interrogazione, cioè alla domanda: che tipo di rapporto aveva l’ “umanità europea” con questi miti. Al di là del rapporto razionale che contraddistingueva la fruizione del ceto dominante, per tutti gli altri è certa solo una cosa, cioè che lo status del mito per l’uomo rinascimentale era un “quasi-sacred status6. Si può parlare di vere e proprie forme di culto che spesso finivano per essere integrate nel culto religioso vero e proprio e che lavoravano a sfumare il confine tra la legittimazione trascendente del ceto politico e la sua ritraduzione storico-secolare basata sulla mitopoiesi.

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Da ultimo c’è il problema dell’uso strategico politico del mito da parte dei ceti dominanti. Non dobbiamo tuttavia intendere questa attività come un mero calcolo freddo e razionale, ma la sovranità “illustra i luoghi classici non solo sul terreno della legittimazione, ma anche della definizione e forse della costruzione di identità collettive di varia natura”7.

In questo senso il mito di Europa costituisce una super-identità collettiva, che ha la sola debolezza che le deriva dal frangente storico in cui viene prodotto. In questo periodo l’interesse prevalente è quello di costituire identità collettive con un forte carattere nazionale, facendo passare in secondo piano – per il momento – le identità sovra-nazionali8.

@2. L’Europa e la pace

2. Esiste un rapporto preciso, del resto, tra identità collettiva nazionale ed europea, già dal nascere dello Stato moderno europeo, nel XVI secolo. Questo rapporto riposa su un fatto fondamentale cioè la questione della guerra e della pace sul territorio europeo. L’essenza degli Stati nazionali è un’essenza “critica”. Essi nascono da una profonda crisi dell’umanità europea dovuta almeno ad un triplice fattore – la frantumazione dell’unità dei cristiani, il venir meno del concetto di Sacro Romano Impero come nucleo della sovranità europea, la scoperta del nuovo mondo. In questo senso il luogo in cui si concentra l’essenza tragica di questa criticità diventa la questione dei confini, ritradotta inevitabilmente come questione, più in generale, della guerra tra Stati nazionali. Il ruolo del mito di Europa in questo scenario ontologicamente votato alla produzione del conflitto è quello di definire un ambito “civile” entro cui svolgere le contese, funzione, questa, che storicamente era stata appannaggio dell’impero feudale.

[VEDA LA FIGURA 1 NEL PDF FISSATO]

Europa è, pertanto, il non-luogo politico entro il quale le guerre hanno un termine, si ricompongono in una armonia continentale che crea le premesse della concordia universale.Page 600 Esiste una lunga e massiccia tradizione iconografica su questo tema di cui selezioneremo solo alcuni esempi tra i tanti, soprattutto del XVII e XVIII secolo, in cui il riferimento al mito europeo si rafforza alla luce del rafforzamento degli stessi Stati nazionali nei...

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