Sentenze nº T-389/16 of Tribunal General de la Unión Europea, July 13, 2017

Resolution DateJuly 13, 2017
Issuing OrganizationTribunal General de la Unión Europea
Decision NumberT-389/16

Nella causa T-389/16,

Agricola italiana alimentare SpA (AIA), con sede a San Martino Buon Albergo (Italia), rappresentata da S. Rizzo, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Casa Montorsi Srl, con sede a Vignola (Italia), rappresentata da S. Verea, K. Muraro e M. Balestriero, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 28 aprile 2016 (procedimento R 1239/2014-1), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra Casa Montorsi e AIA,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva e J. Passer (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 ottobre 2016,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 ottobre 2016,

visto che le parti principali non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1 Il 12 febbraio 2007 la Montorsi Francesco & Figli SpA ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1)].

2 Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno denominativo MONTORSI F. & F.

3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate; uova, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili».

4 La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 38/2007, del 30 luglio 2007, e il marchio corrispondente è stato registrato il 18 gennaio 2008.

5 Il 28 dicembre 2010 la Casa Montorsi Srl, interveniente, ha chiesto, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, che fosse dichiarata la nullità del marchio contestato per tutti i prodotti di cui al precedente punto 3.

6 La domanda di dichiarazione di nullità era fondata sul marchio denominativo italiano anteriore Casa Montorsi, depositato il 24 febbraio 1995, registrato il 2 giugno 1998 con il numero 751820 e successivamente rinnovato per, tra gli altri, i seguenti prodotti della classe 29 corrispondenti alla seguente descrizione: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova; latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili».

7 Il motivo dedotto a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, vertente sull’esistenza di un rischio di confusione.

8 Nelle more del procedimento amministrativo, il marchio contestato è stato trasferito alla Negroni SpA e, successivamente, all’Agricola italiana alimentare SpA (AIA), ricorrente.

9 La ricorrente ha chiesto il rigetto della domanda di dichiarazione di nullità, in quanto in contraddizione con una scrittura privata che la stessa aveva sottoscritto con l’interveniente il 4 maggio 2000 (in prosieguo: l’«accordo») e mediante la quale esse avrebbero accettato la coesistenza sul mercato italiano dei rispettivi marchi e si sarebbero impegnate reciprocamente a non contrastarne l’utilizzo. La ricorrente ha altresì chiesto che fosse provato l’uso del marchio anteriore.

10 Il 20 marzo 2014 la divisione di annullamento ha dichiarato la nullità del marchio contestato per i prodotti «carne, pesce, pollame e selvaggina; uova», ma ne ha confermato la validità per gli altri prodotti contrassegnati da tale marchio, ossia «estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili», nonché per altri prodotti non menzionati nell’elenco dei prodotti contrassegnati dal marchio contestato.

11 In particolare, la divisione di annullamento ha ritenuto che l’accordo non ostasse all’ammissibilità della domanda di nullità dell’interveniente perché tale accordo, impreciso quanto al territorio e all’ambito temporale, non poteva essere considerato un consenso espresso, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Per quanto riguarda la prova dell’uso del marchio anteriore fornita dall’interveniente, la divisione di annullamento ha ritenuto che tale prova fosse fornita, ma soltanto per «prosciutti, salumi e insaccati», che rientrano nella sottocategoria «carne». Per quanto riguarda il confronto dei prodotti, essa ha rilevato che, tra i prodotti del marchio contestato, solo i prodotti «carne, pesce, pollame e selvaggina; uova» erano identici o simili a quelli per i quali il marchio anteriore era stato usato, ossia quelli rientranti nella sottocategoria «carne». Per quanto riguarda il confronto dei segni, essa ha rilevato che il marchio contestato presentava un grado medio di somiglianza con il marchio anteriore perché detti due marchi contenevano lo stesso cognome Montorsi. Infine, la divisione di annullamento ha ritenuto che, considerata l’identità o la somiglianza dei prodotti e dei marchi in conflitto, esistesse un rischio di confusione per il pubblico italiano, con riferimento ai prodotti «carne, pesce, pollame e selvaggina; uova» contrassegnati dal marchio contestato e che tale marchio dovesse essere dichiarato nullo per tali prodotti.

12 Il 12 maggio 2014 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione di annullamento, al fine di ottenere che il marchio contestato restasse registrato per i prodotti «carne, pesce, pollame e selvaggina; uova».

13 Con decisione del 28 aprile 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso.

14 La commissione di ricorso, anzitutto, ha osservato che la ricorrente non contestava dinanzi ad essa nessuna delle valutazioni della divisione di annullamento relative alla prova dell’uso del marchio anteriore, alla somiglianza dei segni e dei prodotti e al rischio di confusione. L’unico argomento a sostegno del ricorso era fondato sull’accordo, che osterebbe, secondo la ricorrente, alla domanda di nullità del marchio contestato per rischio di confusione.

15 La commissione di ricorso ha considerato che l’EUIPO non era vincolato dall’accordo, il quale regolamentava interessi privati, ma doveva ricercare se fosse possibile dedurre da tale accordo l’esistenza di un «consenso espresso alla registrazione» di cui all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, oppure la coesistenza dei marchi in conflitto. La commissione di ricorso ha ritenuto che l’accordo non consentisse di dimostrare un tale consenso. Essa ha aggiunto che, anche se si fosse tenuto conto dei punti dell’accordo in cui le parti dell’accordo «riconosc[eva]no che i rispettivi marchi [potevano] coesistere», resterebbe da provare che la coesistenza era dovuta all’assenza di rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento, prova che richiederebbe la dimostrazione dell’uso concomitante dei marchi in conflitto durante un periodo sufficientemente esteso, anteriore alla data di deposito del marchio contestato. Questa prova di un tale uso concomitante non sarebbe stata fornita né tantomeno quella che detto uso concomitante non ingenerava alcun rischio di confusione. La commissione di ricorso ha quindi respinto il...

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