Aggiornamento - Exit Tax: analisi comparata e comunitaria ( n. 1/2009 ) - Danimarca, Paesi Bassi e Spagna deferiti dalla Commissione Europea alla Corte di Giustizia per i regimi di exit tax d'impresa

AuthorDaniël Smit
PositionTax Manager presso Ernst & Young Tax Advisers LLP e Ricercatore Associato presso il Fiscal Institute Tilburg, Tilburg University, Paesi Bassi.
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@1. Introduzione

Il 24 novembre 2010, la Commissione Europea ha annunciato la decisione2 di deferire alla Corte di Giustizia Paesi Bassi, Spagna e Danimarca in relazione alle rispettive discipline nazionali che impongono una exit tax alle imprese.

Nel diritto nazionale danese, olandese e spagnolo, sono soggette ad imposizione le plusvalenze non realizzate da un’impresa quando la stessa (i) cambia residenza; (ii) trasferisce la propria stabile organizzazione; ovvero (iii) trasferisce i propri asset in un altro Stato membro. Tuttavia, le stesse plusvalenze non realizzate, eventualmente derivanti da analoghe operazioni condotte su un piano esclusivamente domestico, non scontano alcuna forma di imposizione. La Commissione sostiene, dunque, che in questi casi l’imposizione immediata, per quanto giustificata, non sia proporzionata. Ritiene, infatti, che gli Stati membri dovrebbero posticipare la riscossione di tali imposte fino al momento della effettiva realizzazione della plusvalenza, e non invece prelevare l’imposta al momento del trasferimento degli asset o delle passività (la posizione della Commissione in materia di exit taxes all’interno dell’Unione è peraltro ben illustrata nella Comunicazione del 19

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dicembre 2006)3.

Nel presente contributo, l’autore analizza la giurisprudenza della Corte di Giustizia rilevante sul punto e la sua influenza sui possibili esiti delle menzionate procedure di infrazione.

@2. Esiste una restrizione?

@@2.1 Imposizione al trasferimento degli asset

Ad avviso di chi scrive, non sussiste alcuna discriminazione nella misura in cui il trasferimento di asset e passività costituisce un presupposto d’imposta tanto nelle situazioni domestiche quanto in quelle transfrontaliere. D’altro canto, quando la tassazione delle plusvalenze generate dal trasferimento di asset da parte di una società domestica viene differita alla sola condizione che la società destinataria sia anch’essa residente, si tratta di una discriminazione rispetto alle libertà del Trattato, come si evince dalle pronunce X AB and Y AB e X and Y.4 Sulla scorta di questa giurisprudenza, deve essere riguardata come restrizione discriminatoria la tassazione immediata sui trasferimenti di asset e passività effettuati dalla sede centrale di una società stabilita in un determinato Stato membro verso la propria stabile organizzazione all’estero, e viceversa, qualora nessun analogo prelievo sia previsto nelle situazioni meramente domestiche5.

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@@2.2 Imposizione al trasferimento della residenza fiscale delle società

Per quanto riguarda le exit taxes nel campo del reddito d’impresa, la questione si complica. A prima vista, si potrebbe dedurre dalla pronuncia Daily Mail che le exit taxes in quanto tali non costituiscono una restrizione discriminatoria nel senso inteso dal Trattato. Il caso citato riguardava una società di investimento stabilita nel Regno Unito, la quale intendeva trasferire la propria sede gestionale nei Paesi Bassi. Al tempo del procedimento, il diritto societario inglese prevedeva che una società potesse trasferire in un altro Paese la propria sede centrale di direzione e controllo senza necessariamente passare attraverso una fase di liquidazione o scioglimento. Tuttavia, ai sensi del UK Income and Corporation Taxes Act, le società con residenza fiscale nel Regno Unito non potevano porre fine al proprio status di residenti senza il consenso del Ministero del Tesoro. Nella fattispecie, il Ministero aveva richiesto che Daily Mail vendesse almeno una parte delle proprie attività prima di effettuare il trasferimento di residenza fiscale. Si trattava pertanto di verificare se tale requisito della preventiva approvazione costituisse una violazione della libertà di stabilimento. L’Avvocato Generale Darmon, nelle sue conclusioni rassegnate nella causa, ha dato una chiara risposta negativa al quesito. L’AG ha evidenziato in primo luogo il principio generalmente riconosciuto per cui non sono in contrasto con il diritto comunitario le legislazioni nazionali che richiedono la liquidazione di una società come condizione per il suo trasferimento. Successivamente, egli ha osservato che sarebbe stata paradossale la circostanza che uno Stato membro che non richiede lo scioglimento della società venisse a trovarsi sul piano comunitario in una posizione fiscale meno favorevole proprio per il fatto di aver adottato una legislazione societaria più coerente con gli obiettivi dell’Unione in materia di stabilimento6. Anche la Corte di Giustizia rigettava la domanda sollevata dal contribuente, osservando, in particolare, che: “Secondo il trattato, la

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diversità delle legislazioni nazionali sul criterio di collegamento previsto per le loro società nonché sulla facoltà, ed eventualmente le modalità, di un trasferimento della sede, legale o reale, di una società di diritto nazionale da uno Stato membro all'altro costituisce un problema la cui soluzione non si trova nelle norme sul diritto di stabilimento, dovendo invece essere affidata ad iniziative legislative o pattizie, tuttavia non ancora realizzatesi”7. Da questa pronuncia, letta alla luce delle Conclusioni dell’Avvocato Generale Darmon, parrebbe doversi concludere che le exit taxes in materia di imposizione societaria non violano le libertà sancite dal Trattato8. Sfortunatamente, è la stessa Corte di Giustizia a mettere in dubbio la correttezza di tale assunto. La ragione è che la Corte di Giustizia aveva fondato il proprio giudizio, almeno parzialmente, sulla mancanza di armonizzazione nel campo del diritto societario9. Inoltre, nel caso di diritto civile Überseering, la Corte di Giustizia ha reinterpretato la propria pronuncia sul caso Daily Mail suggerendone un’interpretazione solo in chiave di diritto civile e non invece di...

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