Il ricorso per annullamento ed i limiti alla tutela dei ricorrenti non privilegiati
Author | Angela Maria Romito |
Position | Ricercatore di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli studi di Bari Aldo Moro |
Pages | 525-544 |
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Studi sull’integrazione europea, VIII (2013), pp. 525-544
Angela Maria Romito*
Il ricorso per annullamento
ed i limiti alla tutela dei ricorrenti
non privilegiati
S: 1. Premessa: sul ricorso per annullamento nel Trattato di Lisbona e sulla ricevibilità
del ricorso promosso dai ricorrenti non privilegiati ex art. 230 TCE. – 2. Le lacune nel siste-
ma della tutela giurisdizionale effettiva. – 3. Segue: la riforma di Lisbona all’art. 263, co. 4,
TFUE. – 4. Profili critici sulla nozione di “atto regolamentare”. – 5. Segue: la giurisprudenza
sul tema. – 6. Ulteriori rilievi critici e conclusioni.
1. La riforma di Lisbona, nel tentativo di migliorare l’accesso alla giustizia, ha
apportato sensibili modifiche alle disposizioni sul ricorso di annullamento1.
Innanzitutto il novellato art. 263 TFUE prevede che siano impugnabili gli atti
legislativi, nonché gli atti adottati dal Consiglio, dalla Commissione e dalla Banca
centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri e gli “atti del Parlamento
europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di
terzi”, adeguando in questo modo la disciplina previgente alla nuova tipologia degli
atti derivati, che distingue ora, senza fare piena chiarezza, tra atti legislativi, atti
delegati e atti di esecuzione2.
Atteso che la ratio alla base della riforma della disposizione è quella di garantire
che la tutela giurisdizionale sia assicurata in relazione a qualsiasi atto dell’Unione
produttivo di effetti giuridici, è stata inoltre prevista la impugnabilità degli atti del
Consiglio europeo3, e degli “atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a
* Ricercatore di Diritto dell’Unione europea nell’Università degli studi di Bari Aldo Moro.
1 Per tutti si rinvia a U. V, Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, Bari, 2013, III ed., p.
335 ss.
2 Abbandonato denitivamente il criterio “sostanzialistico”, il nuovo Trattato distingue gli atti sulla
base formale della procedura di adozione, sicché i primi sono quelli adottati secondo la procedura legi-
slativa, ordinaria o speciale ex art. 289, par. 3, TFUE; gli atti delegati, altrimenti detti atti “non legisla-
tivi di portata generale”, integrano o modicano determinati elementi non essenziali degli atti legislati-
vi, e sono emanati dalla Commissione su delega del legislatore ex art. 290 TFUE; gli atti di esecuzione,
sono quegli atti attraverso cui gli Stati membri e la Commissione, ed eccezionalmente il Consiglio,
danno attuazione agli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione ex art. 291, par. 1, TFUE.
3 Acquisita la qualica di istituzione (articoli 13 e 15 TUE) e pur mantenendo un potere essenzial-
mente di indirizzo politico senza poter esercitare funzioni legislative (art. 15, par. 1, TUE), non è esclu-
so che il Consiglio europeo possa talora adottare delibere di carattere vincolante come, ad esempio,
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produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”4, nonché, per via del superamento
della distinzione in pilastri, degli atti adottati nel settore della cooperazione di poli-
zia e giudiziaria in materia penale (restando, invece, esclusi a norma dell’art. 275
TFUE gli atti nel settore della politica estera e di sicurezza comune).
Senza dubbio, però, è sul fronte dei soggetti ricorrenti, ed in particolare con rife-
rimento ai presupposti di ricevibilità dei ricorsi proposti dalle persone fisiche e giu-
ridiche5, l’innovazione senza dubbio più importante6: come è ben noto secondo la
disciplina previgente (a norma dell’art. 230, co. 4, TCE) nel caso di decisioni indivi-
duali, l’azione di annullamento era sempre esperibile dai soli destinatari dell’atto;
nell’ipotesi di regolamenti o decisioni adottate nei confronti di “altre persone” l’im-
pugnazione si sarebbe potuta proporre previa verifica (da parte del giudice dell’U-
nione adito) della sussistenza di un interesse “diretto ed individuale” all’annulla-
mento dell’atto. Dubbia era l’ammissibilità di un ricorso proposto avverso una
direttiva, stante il silenzio della norma in esame rispetto a tale tipo di atto.
Complessivamente in applicazione dell’art. 230, co. 4, TCE il diritto di impu-
gnazione era incondizionato solo avverso gli atti aventi natura di decisione presa nei
confronti del ricorrente ben determinato; per le altre decisioni delle quali questi non
era destinatario, gli avverbi “direttamente” ed “individualmente” mortificavano in
concreto una protezione giudiziaria effettiva7; parimenti per gli stessi motivi l’ac-
4 Si tende così opportunamente a consentire l’impugnazione di atti adottati dalle c.d. agenzie alle
quali sono talora riconosciuti, sulla base dei rispettivi atti costitutivi, alcuni limitati poteri decisionali.
Va segnalato che tale risultato era stato anticipato già dalla giurisprudenza nella sentenza del Tribunale
(di primo grado) dell’8 ottobre 2008, causa T-411/06, Sogelma, Raccolta, p. II-2771. In generale sul
tema v. amplius, E. C, Le agenzie europee. Unità e decentramento nelle amministrazioni comunita-
rie, Padova, 2002; R. R, Le agenzie comunitarie, in Diritto comunitario e degli scambi inter-
nazionali, 2008, p. 29 ss.
5 Si rammenta che mentre per le persone siche la capacità di stare in giudizio è determinata esclu-
sivamente in base al diritto nazionale, per le persone giuridiche la giurisprudenza ha elaborato una no-
zione comunitaria più ampia di quella fornita dal diritto interno, anche prescindendo dal riconoscimen-
to della personalità giuridica dell’ordinamento di provenienza. Sono stati ritenuti ricorrenti legittimati
ad agire anche associazioni, enti di fatto, o sindacati, che seppur privi di personalità giuridica secondo
il diritto nazionale, erano stati trattati dalle istituzioni dell’Unione come entità giuridiche autonome. V.
la sentenza della Corte di giustizia dell’8 ottobre 1974, causa 18/74, Syndacat général du personnel des
organismes européens c. Commissione, Raccolta, p. 933. Interessante è segnalare, inoltre, che sono
stati ricondotti in tale categoria anche gli enti pubblici territoriali (sul tema v. per tutti sentenza del 30
aprile 1998, causa T-214/95, Regione Fiamminga, Raccolta, p. II-717, nonché le note di G. M,
La legittimazione degli enti pubblici territoriali ad agire davanti alle giurisdizioni dell’Unione europea
dopo il Trattato di Lisbona, in L. G (a cura di), I poteri esteri delle Regioni. La Puglia come
soggetto del diritto dell’Unione europea e del diritto internazionale, Napoli, 2013, p. 83 ss.) e gli Stati
terzi (v. le conclusioni dell’Avvocato generale Jäaskinen del 13 settembre 2012, causa C-547/10 P,
Confederazione Svizzera c. Commissione, non smentite sul punto dalla Corte).
6 Senza trascurare che interessanti novità investono anche i ricorrenti semi-privilegiati legittimati a
proporre ricorsi “per salvaguardare le proprie prerogative”: alla Banca centrale europea ed alla Corte dei
conti, si aggiunge il Comitato delle regioni, senza che invece analoga legittimazione sia stata riconosciuta
al Comitato economico e sociale (benché anche questo possieda delle prerogative nel procedimento nor-
mativo essendone talora prevista la consultazione obbligatoria che potrebbe avere interesse a tutelare).
7 I ricorrenti non privilegiati solo eccezionalmente sono riusciti a soddisfare l’onere della prova ri-
chiesto, ossia che l’atto di portata generale avesse su di loro effetti in sostanza equivalenti a quelli che
avrebbe avuto se si fosse trattato di una decisione a loro indirizzata; in generale si è osservato che la
Corte ha adottato un approccio più essibile al test dell’interesse individuale nei casi in cui fosse in
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