La concentrazione economica e urbana nella CEE all'inizio degli anni Settanta: un ostacolo all'UEM

AuthorLaura Grazi
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@1. Integrazione europea e squilibri territoriali

Le istituzioni comunitarie affrontarono il problema della concentrazione economica e urbana sin dagli inizi del processo di integrazione europea. Sebbene in origine le questioni territoriali non fossero state ufficialmente riconosciute tra le competenze della Comunità economica europea (CEE), infatti, l’obiettivo dello sviluppo armonioso delle economie degli Stati membri – incluso nell’articolo 2 del Trattato di Roma – richiedeva una specifica attenzione verso le disparità di sviluppo presenti nel continente.

In particolare, nei sei paesi fondatori della CEE, accanto alle zone economicamente più deboli e arretrate, come il Mezzogiorno italiano e la Francia sudoccidentale, erano presenti numerose aree nelle quali si concentravano le industrie e le attività più innovative e produttive1. Le disuguaglianze erano evidenti anche dal punto di vista sociodemografico: mentre le prime presentavano una bassa densità abitativa e alti livelli di disoccupazione, le seconde erano densamente popolate e costituivano i bacini di arrivo dei flussi migratori. Le aree più ricche e sviluppate erano localizzate in partico-

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lare nell’Europa nordoccidentale, nelle regioni che avevano partecipato fin dal XIX secolo alla rivoluzione industriale, e nell’asse renano, con un prolungamento verso il bacino del Rodano e la valle padana.

Tenuto conto di tali squilibri, dopo le analisi e gli studi preliminari sull’assetto del territorio, realizzati dalle istituzioni comunitarie negli anni Cinquanta e Sessanta2, i problemi sollevati dalle zone a forte concentrazione economica e urbana divennero oggetto di analisi nel clima di rilancio delle attività comunitarie che seguì alla conferenza tenuta a L’Aja nel 19693.

L’interesse per gli squilibri geografici, manifestatosi sin dai primi anni di vita del mercato comune si intensificò in relazione all’obiettivo della creazione dell’unione economica e monetaria (UEM), annunciato dai Capi di Stato o di governo della CEE proprio durante la conferenza dell’Aja. L’avvio di questa nuova fase dell’integrazione comunitaria diede vita non solo al tentativo di coordinare le politiche economiche e monetarie e di elaborare nuove politiche comuni, ma anche alla volontà di analizzare in maniera più approfondita e in un’ottica sovranazionale gli effetti territoriali dell’integrazione europea.

La riflessione sull’assetto del territorio, condotta in seno alla Commissione all’inizio degli anni Settanta, si fonda sull’osservazione della crescente interdipendenza di fatto instauratasi tra gli Stati europei. In maniera consequenziale, l’analisi del processo di concentrazione economica e urbana viene collegato agli effetti provocati dall’integrazione europea sulla distribuzione geografica della popolazione e delle attività produttive. A tale proposito, gli studi condotti nel periodo 1970-1972 risultano di particolare inte-2 Per un’analisi degli studi comunitari sull’assetto del territorio e sulle disparità regionali nella CEE negli anni CinquantaSessanta, mi sia permesso di rinviare a L. Grazi, L’Europa e le città. La questione urbana nel processo di integrazione europea (1957-1999), Bologna, il Mulino, 2006, pp. 23-132.

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resse poiché mostrano come, a partire dal tentativo di instaurazione dell’UEM, cioè di una unione qualitativamente diversa rispetto a quella prevista dai Trattati di Roma, le istituzioni della CEE si siano occupate degli aspetti concernenti l’organizzazione territoriale, accelerando il cammino verso la definizione di una politica regionale a livello comunitario4.

Nelle dichiarazioni adottate in vista della realizzazione dell’unione economica e monetaria, le questioni relative alle disparità di sviluppo regionale vennero affrontate tenendo conto sia delle zone di concentrazione sia delle regioni meno sviluppate. Il rapporto redatto dal Primo ministro lussemburghese Pierre Werner, incaricato di coordinare i lavori per la realizzazione dell’UEM, riconosceva l’importanza dell’equilibrio dell’assetto territoriale, affermando che nel quadro dell’unificazione monetaria non bastava rivolgere l’attenzione alle sole politiche di equilibrio economico, ma era necessario prevedere anche azioni riguardanti i problemi strutturali delle regioni e dell’occupazione5.

Sulla base di questo orientamento, nella risoluzione adottata nel marzo 1971, il Consiglio dei ministri della CEE affermava che, al termine del processo di instaurazione dell’UEM, la Comunità avrebbe dovuto costituire “una zona nell’ambito della quale le persone, i beni, i servizi e i capitali” avrebbero circolato “liberamente senza distorsioni di concorrenza, senza peraltro provocare squilibri strutturali o regionali”. Proprio per evitare l’approfondimento dei divari di sviluppo, quindi, il Consiglio dei ministri riteneva necessaria l’attuazione di azioni comuni “sul piano strutturale e regionale”, al fine di favorire lo “sviluppo equilibrato” della Comunità6. Le misure di

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politica regionale dovevano dunque accompagnare i provvedimenti economici e monetari che sarebbero stati adottati in previsione dell’UEM.

Secondo la Commissione europea, infatti, le strutture economiche dei paesi membri presentavano differenze interne molto accentuate che rischiavano di compromettere la stessa realizzazione di tale progetto. La Commissione faceva riferimento alle differenti capacità di adattamento ai cambiamenti tecnologici e sociologici, alla distribuzione della popolazione attiva tra i vari settori d’attività (soprattutto agricoltura e industria), ai livelli di produttività, al volume delle esportazioni, al tasso di urbanizzazione.

Lo studio dal titolo Politica regionale e Unione economica e monetaria, realizzato dalla Direzione generale per la Politica regionale alla fine del 1971, metteva in luce in particolare la portata degli squilibri che risultavano dalla formazione delle zone di concentrazione, identificate con le regioni urbane e le città più densamente popolate presenti nei sei Stati membri (vedi tabella)7. Dal punto di vista demografico, la Francia aveva una densità di popolazione minore rispetto a quella degli altri paesi della Comunità, ma al tempo stesso nel suo territorio si riscontravano i livelli più alti di concentrazione, con particolare riferimento al dipartimento della Senna dove vivevano oltre 800 abitanti per chilometro quadrato. Nel Benelux, erano presenti le zone di concentrazione della Randstad Holland e dell’asse AnversaBruxelles, mentre in Germania la densità demografica più elevata si localizzava nei centri del corridoio renano. In Italia, le agglomerazioni con oltre un milione di abitanti corrispondevano ai bacini delle grandi città (Roma, Napoli, Milano, Torino).

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Tabella 1 - Regioni della CEE con densità superiore a 500 abitanti/ km2(1970)

(si veda la tabella in pdf allegato)

Se si consideravano anche le regioni più sviluppate della Gran Bretagna – in quel periodo ormai prossima all’adesione – i dati rivelavano che il 22% della popolazione occupava il 5,5% del territorio della Comunità e contribuiva al 28% del prodotto comunitario8. Le zone di concentrazione, infatti, rappresentavano anche le regioni maggiormente industrializzate e più produttive cosicché alle disuguaglianze demografiche si sovrapponevano anche le differenze di reddito e produttività.

@2. La concentrazione economica

Ma qual era il legame tra la concentrazione economica e urbana e la realizzazione dell’UEM? Secondo la Commissione, la concentrazione della popolazione e delle attività costituiva un problema rispetto agli obiettivi di unificazione monetaria perché essa alimentava le tendenze inflazionistiche. In particolare, le zone di

Popolazione (1000 ab.)

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concentrazione costituivano una fonte di inflazione, dichiarata o potenziale, sotto l’aspetto del costo dei fattori di produzione nonché sul versante dei costi delle infrastrutture9.

Per quanto riguardava i fattori di produzione (manodopera, capitali, materie prime), nelle zone di concentrazione, nelle quali si situavano di solito le attività più produttive, il prezzo di questi ultimi sarebbe aumentato al crescere della...

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