Opinion of Advocate General Richard de la Tour delivered on 12 May 2021.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2021:384
Date12 May 2021
Celex Number62020CC0091
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 12 maggio 2021(1)

Causa C-91/20

LW

contro

Bundesrepublik Deutschland

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia –Direttiva 2011/95/UE – Norme relative al riconoscimento di protezione internazionale e al contenuto di tale protezione – Articolo 23, paragrafo 2 – Mantenimento dell’unità del nucleo familiare del beneficiario di protezione internazionale – Benefici conferiti ai familiari che non soddisfano i requisiti necessari ai fini del riconoscimento di protezione internazionale – Articolo 3 – Norme più favorevoli – Disposizione nazionale che estende il beneficio della protezione internazionale al figlio minorenne di un beneficiario di protezione internazionale – Minore avente la cittadinanza di un altro paese di cui può reclamare la protezione – Principio di sussidiarietà della protezione internazionale»






I. Introduzione

1. Nel corso degli ultimi anni, la questione dei rifugiati e della loro accoglienza è stata fonte di tensioni talora vivaci tra gli Stati membri. L’afflusso massiccio e improvviso di rifugiati alle porte dell’Unione europea ha fortemente scosso taluni dei valori sui quali quest’ultima è fondata e ha comportato un ripiegamento su se stessi da parte degli Stati membri.

2. Tuttavia, sin dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, questi ultimi avevano convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951(2). Tra gli strumenti necessari all’attuazione di tale programma, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato la direttiva 2011/95/UE(3), uno dei cui obiettivi principali è quello di «assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale»(4), e ciò, in particolare, al fine di «contribuire a limitare il movimento secondario dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti esclusivamente alla diversità dei quadri giuridici [di questi ultimi]»(5).

3. La questione posta alla Corte nella presente causa mira a stabilire se il diritto dell’Unione, e, più in particolare, la direttiva 2011/95, permettano ad uno Stato membro, al fine di garantire il mantenimento dell’unità del nucleo familiare di un rifugiato, di adottare una normativa di legge in forza della quale l’autorità nazionale competente concede la stessa protezione internazionale al figlio minorenne di tale rifugiato senza che tale autorità proceda ad un esame individuale della situazione in cui tale minore si trova e a prescindere dal fatto che egli abbia un bisogno di protezione internazionale ai sensi di tale direttiva.

4. Tale questione si inserisce nel contesto di una controversia tra LW, una minore cittadina tunisina, e il Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati, Germania, in prosieguo: l’«Ufficio») in ordine ad una decisione con la quale l’Ufficio le ha negato il riconoscimento del beneficio dello status di rifugiato concesso al padre, di origine siriana. L’Ufficio ha considerato, da un lato, che tale minore non soddisfaceva i requisiti sostanziali per la concessione di tale status e, dall’altro, che ella poteva rivendicare la protezione nazionale del paese d’origine.

5. Questa controversia spinge la Corte a determinare in che misura uno Stato membro possa usare il margine di discrezionalità ad esso conferito dall’articolo 3 della direttiva 2011/95 per estendere l’ambito dei beneficiari di protezione internazionale ai familiari di un rifugiato o di un beneficiario di protezione sussidiaria al fine di garantire il mantenimento dell’unità del nucleo familiare di questi ultimi. La detta controversia si ricollega quindi ad una problematica classica di ponderazione tra diversi obiettivi fondamentali (quello di garantire il diritto d’asilo e quello di assicurare il rispetto della vita familiare del beneficiario di protezione internazionale), alla necessità di conseguirli e alla possibilità di farlo senza violare gli ambiti propri a ciascuno dei regimi a tal fine istituiti dal legislatore dell’Unione.

6. La precisazione che la Corte deve fornire nella fattispecie è indispensabile ai fini di una applicazione coerente e uniforme in tutti gli Stati membri, da una parte, dei criteri di acquisizione della protezione internazionale quali definiti nel diritto dell’Unione e nel regime della Convenzione di Ginevra e, dall’altra, dei diritti e dei benefici connessi al riconoscimento di tale protezione. È pertanto necessario formulare un’interpretazione chiara dell’articolo 3 della direttiva 2011/95 in maniera tale che gli Stati membri non dispongano di un margine di discrezionalità troppo ampio vuoi per accordare protezione internazionale, vuoi per negarla(6).

7. Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di dichiarare che né l’articolo 3 né l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 permettono ad uno Stato membro di adottare una normativa in forza della quale l’autorità nazionale competente tenda a garantire il mantenimento dell’unità del nucleo familiare del beneficiario di protezione internazionale estendendo tale protezione al figlio minorenne di quest’ultimo, senza che tale autorità proceda ad un esame individuale della domanda e a prescindere dal fatto che la situazione di tale minore riveli l’esistenza di un bisogno di protezione internazionale o presenti un nesso con la logica di protezione internazionale.

8. Ritengo, infatti, che il legislatore dell’Unione abbia dotato il regime europeo comune di asilo di un apparato giuridico che permette di tutelare la vita familiare del rifugiato e del beneficiario di protezione sussidiaria nonché di garantire la difesa dell’interesse superiore del minore senza che sia necessario compromettere l’uniformità degli status conferiti dalla protezione internazionale e, in particolare, l’armonizzazione a cui il legislatore dell’Unione procede in ordine ai requisiti di riconoscimento della protezione internazionale e al contenuto di quest’ultima.

II. Contesto normativo

A. Il diritto internazionale

9. L’articolo 1, sezione A, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra dispone che il termine «rifugiato» si applicherà a chiunque:

«(...) nel giustificato timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure, essendo apolide e trovandosi fuori del suo stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi.

Se una persona possiede più cittadinanze, l’espressione “Stato di cui possiede la cittadinanza” riguarda ogni Stato di cui questa persona possiede la cittadinanza. Non sono considerate private della protezione dello Stato di cui possiedono la cittadinanza le persone che, senza motivi validi fondati su un timore giustificato, rifiutano la protezione di uno Stato di cui possiedono la cittadinanza».

B. Diritto dell’Unione

10. Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), il regime europeo comune di asilo, nel quale si inserisce la direttiva 2011/95, è fondato sull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra.

11. I considerando 4, 5, 9, 12, 14 e 36 della direttiva 2011/95 sono così formulati:

«(4) La convenzione di Ginevra e il (…) protocollo [del 1967] costituiscono la pietra angolare della disciplin giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.

(5) Le conclusioni di Tampere stabiliscono che il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere, a breve termine, il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e al contenuto dello status di rifugiato.

(...)

(9) Nel programma di Stoccolma il Consiglio europeo ha ribadito il suo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire entro il 2012 uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, conformemente all’articolo 78 [TFUE].

(...)

(12) Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.

(...)

(14) Gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli delle norme stabilite nella presente direttiva per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono protezione internazionale a uno Stato membro, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è o un rifugiato ai sensi dell’articolo 1 A della convenzione di Ginevra o una persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria.

(...)

(36) I familiari, semplicemente per la loro relazione con il rifugiato, sono di norma esposti ad atti di persecuzione al punto che tale circostanza potrebbe costituire la base per beneficiare dello status di rifugiato».

12. In seno al capo I della direttiva 2011/95, intitolato «Disposizioni generali», l’articolo 1 dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi...

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