Controllo dei flussi migratori tra obblighi dell'Unione europea e rapporti bilaterali dell'Italia

AuthorFrancesco Munari
PositionOrdinario di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli studi di Genova
Pages351-367

    Il presente lavoro sviluppa e precisa, coi dovuti aggiornamenti, i contenuti della relazione presentata al XIV Convegno SIDI, dal titolo Europa e Mediterraneo. Le regole per la costruzione di una società integrata, Bari, 18-19 giugno 2009.

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@1. Impostazione dell'indagine: il riparto delle competenze tra Stati membri e Unione europea in tema di flussi migratori nella nuova prospettiva determinata dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona

1. Punto di partenza dell'indagine oggetto del presente contributo sono le norme del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) - e cioè, quello che fino all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona era noto come Trattato CE - e dal sistema delle competenze tra Unione e Stati membri, inclusa ovviamente l'Italia.

Al riguardo, vengono quindi in rilievo le norme di cui agli articoli da 77 a 80 TFUE. Sotto questo profilo, giova premettere che, sulle disposizioni in precedenza previste dai rilevanti articoli del "vecchio" titolo IV TCE, e sulle loro implicazioni negli ordinamenti degli Stati membri, la dottrina è numerosa, chiara, e soprattutto largamente condivisibile, e costituisce altresì un evidente

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quanto imprescindibile punto di partenza per ogni ragionamento riguardante il regime come modificato dal Trattato di Lisbona1. Per contro, mi pare più utile affrontare gli argomenti oggetto del lavoro proprio alla luce della disciplina sull'immigrazione appena entrata in vigore, in particolare di quella relativa al controllo dei flussi; tanto più perché essa viene meglio sistematizzata nel nuovo capo 2 del titolo V TFUE, il quale sembra offrire una disciplina assai più organica, chiara e compiuta rispetto a quella precedente.

Ciò posto, il Trattato di Lisbona non ha determinato una rottura con la disciplina del pregresso titolo IV TCE e quindi, e innanzitutto, le norme di diritto derivato già adottate dalla Comunità in attuazione delle disposizioni di tale titolo IV, che sono tante, non saranno influenzate dal nuovo regime dei Trattati: anzi, l'attuale programma pluriennale per lo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014, adottato nel secondo semestre del 2009 e denominato "Programma di Stoccolma"2, si pone come obiettivo quello della continuità col precedente Programma dell'Aja (2004-2009)3 e come una naturale evoluzione del medesimo, sia pur con un accento sul rafforzamento dell'efficacia dei controlli alle frontiere europee, secondo le indicazioni del "Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo" adottato dal Consiglio europeo nell'ottobre 20084.

In questo contesto, muoverò la mia indagine da due distinti angoli visuali: quello delle norme primarie e cioè, come detto, il TFUE, e quello delle disposizioni già adottate a livello allora comunitario, inclusi atti atipici e accordi o programmi con Paesi terzi. Il tutto nell'ottica di misurare gli spazi effettivamente residuanti agli Stati membri nella materia, rispetto non solo alla natura concorrente delle competenze al riguardo previste, e confermate espressamente dall'art. 4, par. 2, lett. j) TFUE, ma anche alla previsione contenuta nell'art. 79, par. 5 TFUE, a norma del quale, com'è noto, "[i]l presente articolo [che tratta appunto dei flussi, n.d.r.] non incide sul diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi, provenienti da paesi terzi, allo scopo di cercarvi un lavoro dipendente o autonomo", di cui tratteremo più diffusamente in appresso.

Quindi, cercherò sempre brevemente di verificare un altro importante aspetto della concorrenza di competenze e cioè quello volto a comprendere se, oltre ai

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limiti all'azione degli Stati membri, il quadro normativo del TFUE attribuisca loro dei diritti di pretendere alcunché dall'Unione e dagli altri Stati membri nell'attuazione delle politiche e delle azioni in materia di gestione del flussi migratori.

Viceversa, per evidenti ragioni di spazio, esula dall'oggetto di questo contributo un'analisi sul merito delle misure e delle norme adottate sia a livello di Unione, che di Stati membri, in particolare l'Italia e i suoi diversi "pacchetti sicurezza"5, così come anche la trattazione del contrasto all'immigrazione illegale, del quale si dirà solo per brevissimi cenni e con riguardo in particolare ad alcuni trattati bilaterali stipulati dal nostro Paese6.

@2. La disciplina di rango primario oggi vigente: norme del TFUE e trattati internazionali

2. Sotto il primo dei profili considerati, spetta all'Unione lo sviluppo di una politica atta, tra l'altro, a "garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle frontiere esterne" (art. 77, par. 1, lett. b) TFUE), nonché a "instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne" (art. 77, par. 1, lett. c) TFUE).

In aggiunta, rientra sempre nell'azione dell'Unione la serie di misure funzionali allo sviluppo di una politica "intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani" (art 79, par. 1 TFUE). E ai fini di cui sopra, com'è noto, l'Unione è competente ad adottare, tra le altre, misure in tema di condizioni di ingresso e soggiorno, di visti e titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare (art. 79, par. 2, lett. a) TFUE); di definizione dei diritti dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri (art. 79, par. 2, lett. b) TFUE); nonché di immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi allontanamento e rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare (art. 79, par. 2, lett. c) TFUE).

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Giova segnalare, al riguardo, che tutte le misure previste agli articoli 77 e 79 dianzi citati vengono oggi adottate dall'Unione secondo la procedura legislativa ordinaria. Si realizza, così, un'importante evoluzione rispetto al passato, rimuovendosi quelle cautele che, fino all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, avevano notevolmente rallentato l'adozione di regole comuni ai Paesi dell'Unione europea.

Di rilievo è anche la dimensione esterna delle competenze dell'Unione, cui è espressamente conferito il potere di concludere con i Paesi terzi accordi ai fini della riammissione di cittadini di Paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni per l'ingresso, la presenza o il soggiorno nel territorio di uno degli Stati membri (art. 79, par. 3 TFUE). Di tale potere - la cui trattazione esula dall'oggetto del presente studio - le istituzioni europee hanno peraltro già fatto ampio uso, sia con la stipulazione di numerosi accordi con Stati balcanici ed extraeuropei, sia con l'indicazione agli Stati membri di un modello standard di trattati bilaterali cui gli Stati membri sono invitati ad attenersi7. A ciò si devono poi aggiungere anche altri trattati stipulati con Paesi terzi, come è il caso di alcuni Accordi di associazione (Turchia, Marocco, Algeria)8, ovvero il Trattato SEE, nei quali la tematica della circolazione dei cittadini di questi Stati terzi - e quindi dei relativi flussi migratori - viene variamente contemplata.

@3. Segue: e i condizionamenti sull'azione esterna degli Stati membri già risultanti dalle norme di diritto derivato adottate dall'Unione europea e dai principi in tema di diritti fondamentali dei migranti in situazioni particolari

3. Naturalmente, fino a quando non siano state adottate norme ad hoc di derivazione europea, gli Stati membri mantengono proprie prerogative: ma è noto che, in materia, ormai il corpus di disposizioni di diritto dell'UE è cospicuo, e certamente influisce sulle stesse competenze statali sino in effetti a comprimerle pesantemente9.

Senza considerare le specifiche disposizioni sulla circolazione dei cittadini dell'Unione europea (la ben nota direttiva 2004/38/CE)10, e quelle - di cui diremo in seguito - che potremmo definire come istitutive di un modello di cooperazione tra Stati membri e tra essi e Unione nel comparto qui in esame, degni di nota appaiono almeno i seguenti atti di diritto derivato:

  1. la disciplina relativa all'attraversamento delle frontiere esterne, da ultimo dettata col regolamento (CE) n. 562/200611 istitutivo del c.d. Codice frontiere

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    Schengen, nel quale viene anche inserito il nuovo manuale comune per la gestione degli attraversamenti delle frontiere esterne;

  2. l'istituzione, esercizio e uso dei sistemi di controllo e informazione relativi ai flussi migratori (c.d. SIS e SIS II), disciplinati, attualmente, dal regolamento (CE) n. 1987/200612 e soprattutto dalla decisione 2007/533/GAI13;

  3. le disposizioni istitutive di un c.d. regime consolare comune, con particolare riferimento alla disciplina dei visti e dei permessi di soggiorno. In merito, nuovamente, sono molteplici le normative adottate a livello europeo, che variano dall'introduzione di modelli uniformi per i visti, permessi di transito e di soggiorno (regolamento (CE) n. 1683/199514 istitutivo di un modello uniforme per i visti; regolamento (CE) n. 333/200215 istitutivo di un modello uniforme di foglio per l'apposizione del visto; regolamento (CE) n. 693/200316 istitutivo di permessi di transito agevolato; regolamenti (CE) n. 1030/200217 e (CE) n. 380/200818 istitutivi di un modello uniforme di permesso di soggiorno per cittadini di Paesi terzi), all'Istruzione consolare comune, elaborata dapprima in seno alla cooperazione intergovernativa Schengen e quindi incorporata come acquis communautaire19, all'individuazione di un elenco comune dei Paesi terzi per i quali sia necessario un visto di ingresso nel territorio dell'Unione europea e quelli per i quali il visto non...

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