Deduzione degli interessi sul capitale di rischio: ordinamento fiscale brasiliano e belga a confronto

AuthorJacques Malherbe; Gustavo G. Vettori
Pages1-39

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@1. Introduzione

Questo articolo comparerà alcune disposizioni fiscali1 presenti nell’ordinamento brasiliano ed in quello belga, le quali, a prima vista, sembrano avere la stessa struttura e lo stesso obiettivo. Tali disposizioni sono particolarmente interessanti ai fini della comparazione perchè, sulla base delle nostre conoscenze, esistono solo in questi due sistemi fiscali.

Per riassumere, entrambi i sistemi danno la possibilità ad una società di dedurre fiscalmente dal reddito la corresponsione di un interesse corrispondente a quello calcolato, applicando un tasso d’interesse a lungo termine sul capitale proprio della società medesima, indipendentemente dalla misura degli interessi effettivamente pagati.

In Brasile tali disposizioni sono conosciute come “Juros sobre o Capital Próprio” (tradotto in “interessi sul capitale proprio”, d’ora innanzi “JCP”) e sono state introdotte nel 1995, con la legge n. 9.2492. In Belgio, invece, essere sono comunemente chiamate “Notional interest deduction” (anche conosciuti come “interessi nozionali”, d’ora innanzi “NID”), introdotte conPage 2 legge del 22 giugno 20053 e rinvenibili negli articoli dal 205bis al 205novies del Codice Belga delle Imposte dirette4.

Nonostante i meccanismi siano simili, è necessario procedere ad una analisi più profonda per determinare se le due discipline sono paragonabili5.

Questo lavoro sarà destinato non solo ad illustrare tali norme, ma anche ad identificare se (i) esse soon ispirate ad uno stesso obiettivo politico; (ii) esse forniscono una soluzione simile per problemi simili e (iii) se i relativi regimi si sono influenzati a vicenda.

@2. Il sistema brasiliano del “Juros sobre o Capital Próprio”

@@2.1 Il background

Le disposizioni brasiliane JCP sono entrate in vigore a partire dal 1 gennaio 1996 e furono parte di un pacchetto più ampio, con misure fiscali e non fiscali, finalizzato al raggiungimento di importanti obiettivi economici del periodo. Uno dei maggiori obiettivi economici era quello di ridurre l’inflazione, cresciuta fino ad un tasso mensile del 50% nel 19946. Questo obiettivo fu raggiunto attraverso il “Real Plan”, un piano economico che, in un breve lasso di tempo, riuscì a ridurre l’inflazione con una media del 20% per anno (il tasso medio mensile nel primo semestre del 1995 fu di 1.7%)7.

Il piano economico aveva tre obiettivi chiave: (i) bilanciare lo squilibrio fiscale, per porre fine alla c.d. “tassa di inflazione”; (ii) realizzare una riforma monetaria per risanare le funzioni proprie della moneta nazionale; ePage 3 (iii) aprire l’economia, attraverso la liberalizzazione del commercio e una nuova politica di scambio con l’estero8.

Conseguentemente, era necessario rendere la moneta nazionale un parametro di determinazione dei prezzi, ponendo termine alla massiccia cultura di indicizzazione dell’economia, che causava un’inflazione “inerziale”. Ciò fu raggiunto attraverso l’adozione di un’unità di conto fittizia - l’URV (il cui acronimo sta per “Unidade Real de Valor”) - che fu inizialmente parificata al Dollaro e riadattata giornalmente sulla base di un insieme di indici dei prezzi idonea a riflettere l’inflazione effettiva. Dopo l’adozione di tale unità di conto, gli stipendi e gli altri prezzi furono progressivamente convertiti nell’unità stessa e gli altri meccanismi di indicizzazione furono aboliti. L’ultimo passo fu cambiare la moneta - ormai divenuta “Cruzeiro Real” – in una nuova, il “Real”, che era in realtà l’URV, non più mera unità di conto, ma divenuta “moneta piena”9.

Attraverso la legge n. 9.249, fu realizzata la maggior parte delle riforme fiscali del periodo. Oltre all’entrata in vigore della disciplina JCP, fu introdotta l’esenzione dalla tassazione dei dividendi effettivamente distribuiti da qualsiasi soggetto con sede in Brasile10 e, per bloccare l’inflazione inerziale, fu proibita l’indicizzazione automatica di ogni contratto, includendovi anche gli stipendi e gli affitti11. Di conseguenza, la legge 9.249 abrogò l’adeguamento all’inflazione dei bilanci delle società per obiettivi fiscali e societari12. Fu anche ridotta l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società13.

Per comprendere come le regole JCP si collegano con questo contesto, il prossimo paragrafo analizzerà, per prima cosa, il meccanismo di base dei pagamenti JCP e della loro imposizione. I paragrafi successivi fornirannoPage 4 alcune giustificazioni per l’entrata in vigore di tali norme e gli obiettivi politici ad esse connessi.

@@2.2 Il Meccanismo JCP

L’art. 914 della Legge 9.249 ha stabilito il meccanismo dei pagamenti JCP, prevedendo per il loro ammontare, limitazioni e un trattamento fiscale sui generis.

In particolare, una società15 può optare per dedurre a titolo d’interessi (vale a dire, i c.d. JCP) una somma corrispondente all’applicazione di un tasso di interesse a lungo termine fissato dal Governo (c.d. TJLP – “Taxa de Juros de Longo Prazo”) sul capitale proprio (vale a dire sul proprio patrimonio netto16). I JCP possono essere dedotti solo fino alla metà dell’ammontare (se superiore): (i) dei profitti della società maturati nell’anno in corso, prima della deduzione dei JCP; ovvero (ii) dei profitti accumulati dalla società medesima17.

Di conseguenza, per calcolare l’ammontare di JCP che un soggetto può dedurre, bisogna prima applicare il tasso TJLP sul valore del capitale di rischio. Tale risultato sarà limitato dal più alto valore tra (i) la metà dei profitti dell’anno in corso, ovvero (ii) la metà dei profitti accumulati.

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Da un lato, la ragione sottesa per limitare i JCP al tasso TJLP applicato sul capitale di rischio, dimostra che si tratta comunque di un interesse, dal momento che si presume che la TJLP dovrebbe rappresentare il rendimento che il capitale avrebbe guadagnato nel caso di investimento finanziario a lungo termine18 compiuto da azionisti o comunque da chi detiene

partecipazioni nella società. Dall’altro lato, come per i dividendi, le limitazioni che si riferiscono ai profitti della società, enfatizzano la natura di dividendo dei JCP e la loro relazione con la politica di integrazione brasiliana19.

Fino al raggiungimento dei suddetti limiti, i JCP corrisposti dalla società possono essere dedotti dal reddito imponibile. Tale reddito è tassato in Brasile con un’aliquota del 25%20, più un 9% di contribuzione sociale. In totale, quindi, l’aliquota è pari al 34% sul reddito societario. Perciò, considerando esclusivamente la tassazione societaria, la deduzione rappresenta un risparmio del 34% sui JCP corrisposti.

Tali pagamenti sono, tuttavia, reddito tassabile dei percipienti. Prima di tutto, con riguardo a chi è il percipiente, la corresponsione degli interessi JCP è soggetta ad una ritenuta del 15% da parte della società “pagante”.

Se il percipiente è una persona fisica, tale ritenuta è a titolo definitivo, e ciò significa che il reddito derivante dalla corresponsione degli interessi JCP è tassata separatamente attraverso la ritenuta secca e non si “confonde” con i restanti redditi della persona fisica o deduzioni ad essa spettanti. Il reddito di cui agli interessi JCP corrisposti ai soci non residenti sono anch’essi soggetti alla ritenuta secca del 15%.

Se il percipiente è una società brasiliana, gli interessi JCP ricevuti saranno inclusi nel reddito imponibile, assoggettato alla suddetta aliquota del 34%. L’imposta del 15% precedentemente versata a mezzo di ritenuta saràPage 6 considerata un anticipo e sarà scomputata dall’imposta sul reddito delle società che dovrà essere corrisposta dal percipiente. Inoltre, gli altri contributi sociali con aliquota fino al 9,25% potranno essere riscossi oltre ai profitti derivanti dalla corresponsione di interessi JCP della società percipiente.

Infine, si dovrebbe notare che la deduzione è connessa alla decisione societaria di corrispondere i JCP e la corrispondente imposta del beneficiario. Conseguentemente, per gli obiettivi fiscali brasiliani, i JCP sono trattati come un tipo sui generis di interessi pagati e, come tali, saranno dedotti dal reddito della società “pagante” ed inclusi, al medesimo tempo, nel reddito imponibile del percipiente.

Cionostante, non è richiesto un flusso di moneta. Alla società “pagante” è permesso registrare la corresponsione dei JCP come se fosse una passività o, attraverso una decisione dei soci, dichiarare la ricapitalizzazione dei JCP21. In ambo i casi, il soggetto “pagante” può dedurre i JCP, anche se il pagamento non è stato effettivamente effettuato in favore del percipiente e quest’ultimo sarà tassato nel medesimo momento in cui verrà effettuata la deduzione. Segue, quindi, che, con riguardo al flusso di moneta, la deduzione del soggetto “pagante” è del tutto collegata alla tassazione in capo al percipiente. Questo è un aspetto cruciale del meccanismo brasiliano, che differisce notevolmente da quello che è il sistema belga dei NID, trattato in seguito.

@@2.3 JCP, Integrazione, Thin-Capitalization e Spesa fiscale

Posto il meccanismo sopra descritto, le regole JCP potrebbero essere viste come un metodo di integrazione22 del sistema fiscale del reddito dellePage 7 società con quello del reddito delle persone fisiche23. Questo approccio è probabilmente più comprensibile se si presume che il pagamento dei JCP ha natura di corresponsione di dividendi.

Come dato di fatto, ci sono argomenti forti per qualificare i JCP come se si trattasse di dividendi24, tra i quali: (i) sono permessi solo se vi siano profitti attuali o comunque accumulati; (ii) non derivano da un finanziamento a debito, ma da investimenti in conto capitale e (iii) possono compensare i dividendi obbligatori richiesti dal diritto societario25.

Un ulteriore argomento a favore della natura di interesse è quello che nel calcolo si tiene conto degli adeguamenti all’inflazione e dei costi di opportunità, le deduzioni dei JCP estrarrebbero, infatti, dal reddito imponibile quelle voci che non sono parte di autentici profitti.

Senza voler approfondire...

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