Il difficile dialogo tra Corte di giustizia dell'Unione europea e giudice interno in tema di decorrenza del termine di prescrizione

AuthorAngela Maria Romito
Pages59-83
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Studi sull’integrazione europea, VII (2012), pp. 59-83
Angela Maria Romito*
Il dicile dialogo tra Corte
di giustizia dell’Unione europea
e giudice interno
in tema di decorrenza
del termine di prescrizione**
S: 1. La tutela dei privati: il diritto dell’Unione europea ed i diritti processuali naziona-
li. – 2. Prescrizione e decadenza. – 3. La giurisprudenza della Corte di giustizia: origini. – 4.
Segue: evoluzione. – 5. La giurisprudenza nazionale: problemi relativi alla corretta interpre-
tazione delle pronunce della Corte di giustizia. – 6. Segue: sulla esatta qualificazione del
fondamento giuridico della responsabilità statale. – 7. Segue: sul computo del termine di
prescrizione secondo la Corte di cassazione del 2011. – 8. La più recente pronuncia della
Corte di giustizia. – 9. Un passo indietro: l’art. 43 della legge di stabilità finanziaria del 2011.
1. Come è noto l’ordinamento dell’Unione europea ha progressivamente
attribuito ai privati, intesi genericamente quali persone fisiche o giuridiche, un
ruolo di sempre maggiore centralità: già nel lontano 1963, infatti, la Corte di
giustizia1 aveva rilevato che gli individui ben possono essere destinatari imme-
diati dell’ordinamento europeo e che il diritto comunitario, così come impone
loro degli obblighi, attribuisce anche dei diritti soggettivi.
Abbandonata ormai da tempo la connotazione esclusivamente economica,
l’Europa è oggi a pieno titolo una Unione di diritto2 nella quale i suoi cittadini
(europei, per l’appunto) sono i protagonisti, non solo quali soggetti titolari di nuovi
diritti (di matrice europea), ma anche quali portatori di interessi ed esigenze che
devono trovare normazione nell’ordinamento complesso dell’Unione3.
* Ricercatore di Diritto dell’Unione europea nell’Università degli studi di Bari Aldo Moro.
** Questo saggio è destinato anche alla raccolta Liber amicorum Prof. Augusto Sinagra.
1 Sentenza della Corte di giustizia del 5 febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend en Loos, Rac-
colta, p. 3.
2 Il principio di legalità, formalizzato con il Trattato di Amsterdam nel 1997, era stato ancor
prima più volte riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte. Per una chiara ricostruzione si veda
per tutti U. V, Istituzioni di diritto dell’Unione europea, Bari, 2010, II ed., p. 32 ss.
3 Da ultimo il riscontro più signicativo della attenzione dedicata all’individuo può trarsi dal
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Non è un caso, quindi, se nell’ambito del processo di integrazione comuni-
taria, ad una posizione sempre meno marginale da parte dei singoli sul piano dei
diritti sostanziali e delle esigenze, è corrisposto un parallelo riconoscimento di
una più efficace tutela, intesa in senso ampio4, dei diritti medesimi.
È altrettanto noto che l’ordinamento giuridico dell’Unione europea non è
dotato di strutture giurisdizionali attraverso le quali sia possibile garantire diret-
tamente ai cittadini concreta attuazione delle norme sovranazionali, il cui rispetto
è demandato agli organi nazionali amministrativi e giurisdizionali. L’Unione
fissa le norme sostanziali per regolare i rapporti in materie di sua competenza e,
attraverso un sistema integrato, attribuisce agli ordinamenti degli Stati membri il
compito di apprestare gli strumenti atti a far in modo che tali diritti siano concre-
tamente rispettati5. Senza dubbio va ascritta al merito della Corte di giustizia
dell’Unione europea la progressiva e rafforzata tutela individuale attraverso il
meccanismo descritto: da un lato, pur mantenendo ferma la distinzione tra l’ordi-
namento europeo e quelli nazionali si stabilisce tra gli stessi un collegamento
finalizzato a garantire la complessiva funzionalità ed effettività (intesa quale
sinonimo di giuridicità) delle norme dell’Unione; dall’altro i beneficiari delle
norme europee nell’ambito dei sistemi nazionali possono tutelare le proprie pre-
tese dinnanzi ai giudici designati dagli ordinamenti interni, secondo le norme
procedurali ivi indicate6.
dato normativo presente nel Trattato di Lisbona ex art. 19, par. 1, co. 1, TUE e dall’art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
4 Genericamente e sinteticamente si ricorda che i mezzi di tutela di cui i soggetti interessati
possono avvalersi in caso di lesione delle situazioni giuridiche soggettive che trovano la loro fon-
te nel diritto dell’Unione sono molteplici, distinguendosi rispettivamente sul versante sovranazio-
nale per le lesioni che derivano dalle istituzioni comunitarie e sul fronte nazionale per la violazio-
ne da parte degli Stati. In riferimento alla prima ipotesi, nei Trattati istitutivi sono contemplati sia
strumenti giudiziari (id est le procedure di ricorso previste dinnanzi alla Corte di giustizia ed al
Tribunale), sia non giudiziari (primo fra tutti il ricorso al Mediatore europeo, ma anche il diritto di
petizione al Parlamento europeo); con riguardo invece alla tutela apprestata a livello interno, i ri-
medi sono quelli previsti dagli ordinamenti nazionali. Ai ni della presente analisi non rilevano i
rimedi “endocomunitari” per il cui studio si rinvia da ultimo a S. M. C, Le procedure in-
nanzi alla Corte di giustizia a tutela delle situazioni giuridiche individuali dopo il Trattato di Li-
sbona, in Studi sull’integrazione europea, 2008, p. 239, e ad A. M. R, Il Mediatore europeo
nel Trattato di Lisbona, in E. T (a cura di), Le nuove frontiere della cittadinanza europea,
Bari, 2010, p. 61 ss.
5 Efcacemente si potrebbe dire che “la testa si trova nel diritto comunitario le gambe nei di-
ritti degli Stati membri”, così A.  M, Responsabilità e danni nelle violazioni comunitarie ad
opera dello Stato, in Europa e diritto privato, 1998, p. 745 ss., spec. p. 748; in generale sugli
aspetti processual-civilistici legati alla tutela individuale si rinvia per tutti all’ampio studio di N.
T, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed il processo civile, in Rivista
trimestrale di diritto e procedura civile, 2002, p. 1171 ss.
6 Si tratta, in altri termini, della interdipendenza tra il principio di effettività del diritto dell’U-
nione e quello di effettività della tutela giurisdizionale, giacché “l’obbligo degli Stati membri di
garantire una protezione adeguata delle situazioni giuridiche soggettive di origine comunitaria,
altro non è (…) che l’espressione del loro obbligo generale di assicurare la conformità degli ordi-
namenti interni al diritto comunitario”, così A. A, La tutela giurisdizionale nazionale

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