La protezione diplomatica nell'Unione europea: un esempio di evoluzione delle norme internazionali in materia

AuthorRosanna La Rosa
PositionRicercatore di Diritto internazionale nell'Università degli studi di Messina
Pages133-156

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1. La prassi determinatasi nell'Unione europea con riferimento alla protezione diplomatica e consolare dei cittadini europei può costituire un elemento utile per verificare se l'istituto della protezione diplomatica è in fase evolutiva prospettandosi l'esistenza o la progressiva affermazione di nuove regole in materia. La presunta evoluzione del regime giuridico dell'istituto della protezione diplomatica, fondato, come è noto, sul diritto internazionale consuetudinario, ma suscettibile di deroghe stabilite convenzionalmente1, appare essere la conseguenza della nuova posizione assunta dall'individuo nell'ordinamento internazionale a seguito degli importanti sviluppi normativi intervenuti nell'ambito della tutela internazionale dei diritti dell'uomo2.

L'argomento assume particolare interesse posto che l'istituto della protezione diplomatica è stato oggetto di studio della Commissione di diritto internazionale sin dal 2000 ed ha portato la stessa ad adottare nel 2006, nella sua 58ª Page 134 sessione, in seconda lettura, un progetto di articoli sulla protezione diplomatica delle persone fisiche e delle persone giuridiche che, oltre a codificare le norme di diritto internazionale generale esistenti in materia, introduce alcuni interessanti profili innovativi3.

Le novità che la prassi dell'Unione europea sembra introdurre in tema di protezione diplomatica riguardano in particolare la rilevanza della cittadinanza quale presupposto essenziale per l'azione in protezione diplomatica da parte degli Stati, con la conseguente riduzione del principio dell'esclusività dell'intervento dello Stato nazionale; nonché l'attenuazione del criterio della discrezionalità dell'intervento in protezione al fine di conseguire un'effettiva tutela dei diritti e degli interessi individuali.

Nelle pagine che seguono analizzeremo la disciplina comunitaria in materia di protezione diplomatica e consolare dei cittadini europei così come prevista nel Trattato CE e nella normativa di attuazione, nonché nei più recenti strumenti programmatici elaborati dalle istituzioni europee. Sarà opportuno considerare, inoltre, l'orientamento giurisprudenziale comunitario che da tempo ritiene legittimo l'intervento della Comunità a tutela dei cittadini degli Stati membri in ambiti ben definiti, se si vuole di competenza esclusiva. Il riferimento è, in particolare, alla politica della pesca nell'ambito della quale la Comunità ha stipulato numerosi accordi internazionali con Stati terzi in cui espressamente si prevede la possibilità della Commissione di agire in caso di lesione degli interessi dei pescatori comunitari.

2. Come è noto il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 19924 introducendo la nozione di cittadinanza dell'Unione ha ricondotto ad essa una serie di diritti garantiti al cittadino europeo5. Tra questi l'art. 20 TCE, nell'intento di assicurare una proiezione esterna alla cittadinanza europea, dispone: "Ogni cittadino dell'Unione gode, nel territorio di un Paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Gli Stati membri stabiliscono tra loro le disposizioni necessarie ed avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire tale tutela"6. Page 135

La disposizione appare molto più riduttiva rispetto alla proposta presentata inizialmente dal Governo spagnolo e recepita anche nelle indicazioni redazionali del Parlamento europeo e della Commissione7. Le une e le altre erano infatti molto più audaci prevedendo a favore del cittadino una protezione non condizionata dell'Unione e degli Stati membri nei Paesi terzi8.

Cosciente delle difficoltà che una norma così formulata avrebbe determinato, data la mancanza di personalità giuridica dell'Unione, la necessità di stabilire chi sarebbe dovuto intervenire a tutela del cittadino e non ultima l'indispensabile accettazione da parte degli Stati terzi la cui pratica era ed è ancora nel senso di accettare la protezione soltanto da parte dello Stato di cittadinanza e non da parte delle organizzazioni internazionali9, la Conferenza intergovernativa sull'Unione politica e il Trattato successivamente adottato a Maastricht hanno optato per una soluzione più semplice e già conosciuta nella prassi delle relazioni diplomatiche e consolari10, in quanto previste nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 196111 e in quella sulle relazioni consolari del 24 aprile 196312. Tale soluzione può identificarsi con quella della "protezione diplomatica delegata" comunque sottoposta al consenso dello Stato terzo13.

Non si tratta quindi, in questo caso, di una protezione esercitata dall'Unione in quanto tale, ma, come ampiamente riconosciuto dalla dottrina, di una protezione reciproca14 che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare ai cittadini Page 136 europei non rappresentati nei Paesi terzi e che in funzione del fondamentale principio generale della non discriminazione in ragione della nazionalità, proprio dell'Unione europea, deve corrispondere a quella garantita ai propri cittadini. La suddetta protezione pur essendo configurata come una situazione giuridica soggettiva in capo ai cittadini europei resta comunque condizionata alla stipulazione di accordi fra gli Stati membri e tra questi e lo Stato terzo sul cui territorio il cittadino dell'Unione si trovi.

Ê opportuno ancora sottolineare che nonostante si parli genericamente di protezione diplomatica e consolare che gli Stati membri sarebbero tenuti ad accordare ai cittadini dell'Unione, l'art. 20 TCE ha un contenuto più modesto. La norma, infatti, fa riferimento all'attività delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro che si configura diversamente dalla protezione diplomatica stricto sensu esercitata da uno Stato o meglio dagli organi competenti del potere esecutivo di tale Stato15, cui compete, almeno allo stato attuale del diritto internazionale generale, il diritto di esercitarla o meno, con quali modalità o iniziative effettuarla, accordarsi su eventuali riparazioni o anche rinunciare al suo esercizio16. Inoltre presuppone una lesione degli interessi del cittadino di un determinato Stato a seguito di un comportamento o di una omissione dello Stato, in cui esso si trova, in violazione delle norme internazionali sul trattamento degli stranieri. Gli agenti diplomatici e consolari al contrario non possono intraprendere alcuna iniziativa in tal senso se non su istruzione del proprio governo cui spetta, come già detto, l'apprezzamento della situazione e l'eventuale presentazione di un reclamo.

Nel caso dell'art. 20 TCE, la tutela esercitata dalle autorità diplomatiche e consolari è tipicamente quella dell'assistenza ai propri cittadini che si trovano in difficoltà e alla tutela dei loro interessi, allo scopo di facilitarne il soggiorno negli Stati terzi17. L'attività di assistenza, soprattutto se espletata dai consoli, può consistere in una serie di funzioni a favore dei propri connazionali e in ambiti diversi, quali la detenzione, le successioni, la istituzione di una tutela in caso di minori o incapaci, ecc., come prescritto dall'art. 5 della Convenzione sulle relazioni consolari. La necessità di intraprendere negoziati con gli Stati terzi, prevista dall'ultima parte dell'articolo, sembra essere diretta ad ottenere il consenso degli Stati terzi nei confronti di una situazione d'integrazione in cui la protezione reciproca dei propri cittadini, in funzione della cittadinanza europea, rappresenta la regola (gli stessi Stati membri sono obbligati a stabilire tra loro le disposizioni necessarie), venendo così ad ampliare le funzioni di rappresentanza fra gli Stati già previste dagli articoli 45 e 46 della Convenzione sulle relazioni diplomatiche e dall'art. 27 della Convenzione sulle relazioni consolari. Tali articoli consentono, infatti, l'assunzione della tutela degli interessi di uno Stato terzo non rappresentato e dei suoi cittadini da parte di uno Stato accreditato con Page 137 il consenso dello Stato accreditatario18. Nella stessa direzione va letto l'art. 20 TUE, nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune, in particolare là dove impone alle missioni diplomatiche di cooperare attraverso scambi di informazioni e valutazioni comuni al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nell'art. 20 TCE19.

Queste differenze strutturali tra l'istituto della protezione diplomatica e quello dell'assistenza consolare sono state messe in luce dal Relatore speciale Dugard nel corso dei lavori della 58ª sessione della Commissione di diritto inter- nazionale nel 2006. Ad avviso del Relatore speciale le disposizioni del TCE (art. 20), così come l'art. 46 della Carta dei diritti fondamentali, che conferiscono a tutti i cittadini dell'Unione il diritto alla protezione diplomatica e consolare da parte degli Stati membri possono generare sotto questo profilo una certa confusione, salvo che esse non siano interpretate nel senso della loro applicazione unicamente all'assistenza consolare che, per quanto detto prima, può essere esercitata anche in assenza del criterio della nazionalità20. Questi rilievi hanno indotto il Relatore speciale a proporre un emendamento all'art. 1 del progetto di articoli sulla protezione diplomatica per introdurre un secondo paragrafo dal quale si evinceva l'esclusione dell'assistenza consolare dal contesto della protezione diplomatica21. Tuttavia l'emendamento non è stato accolto e non figura nell'art. 1 del progetto riguardante la definizione e il campo di applicazione della protezione diplomatica sebbene la distinzione fra i due istituti summenzionati appaia nel commentario all'art. 1.

Quanto detto circa la natura dell'attività che le autorità diplomatiche e consolari degli Stati membri sono tenute a garantire ai cittadini europei, trova conferma nella normativa derivata adottata per assolvere...

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