L'Unione europea tra tecnocrazia e 'modello sociale

AuthorGaetano Bucci
Pages171-196
Il Professore Francesco Gabriele ha affermato, in conclusione del
suo saggio, di non volere approfondire le ragioni politiche che hanno
determinato l’abbandono del “trattato costituzionale europeo” perché,
non possedendo le competenze idonee per affrontare questo tipo di
analisi, potrebbe incorrere in valutazioni soggettive e, quindi, opinabi-
li1. Conoscendo la sensibilità profonda dell’Autore per le questioni
politiche e, soprattutto, sociali, ritengo di poter affermare che le moti-
vazioni reali di tale opzione, sono rintracciabili nella rivendicazione di
un uso rigoroso del metodo giuridico e, quindi, conforme al canone
ermeneutico: “silete iureconsulti in munere alieno”.
Il tema assegnatomi implica, però, l’analisi degli sviluppi della
“questione sociale” e comporta, in base ai canoni della scienza giuridi-
ca2, la necessità di valutare il nesso tra gli andamenti dei “rapporti reali”
e le “dinamiche normativo-ordinamentali”. La “questione sociale” deve
essere affrontata, pertanto, in collegamento stretto con la “questione
istituzionale”, con l’obiettivo di verificare, tra l’altro, se tale nesso con-
tinua a svolgersi nell’orizzonte valoriale delle Costituzioni democrati-
co-sociali del secondo dopoguerra, ovvero nel solco dei principi fonda-
mentali della democrazia, del lavoro, della sovranità popolare e della
giustizia sociale. Cercherò, pertanto, di collocare – sia pur nel breve
tempo assegnatomi – le mie considerazioni entro un quadro di elabora-
* Ricercatore confermato di Istituzioni di diritto pubblico presso la Facoltà di Economia
dell’Università degli Studi di Bari.
1 Cfr. F. G, La «costituzione» abbandonata, Cacucci, Bari, 2008, p. 275.
2 Sui rapporti fra il diritto e la realtà sociale e sul fenomeno della crisi del diritto come
conseguenza della perdita del nesso con la realtà sociale, cfr. T. M, Contributo ad una
teoria giuridica delle forze politiche, (1957), ora in I, Opere, Tomo I, Teoria generale, Giuf-
frè, Milano, 2000, pp. 62 sgg.
L’UNIONE EUROPEA FRA TECNOCRAZIA
E “MODELLO SOCIALE”
di Gaetano Bucci*
172 Governo dell’economia e diritti fondamentali nell’Unione europea
zione oggettivamente complesso, poiché coinvolge le problematiche
suscitate dal processo di integrazione europea nelle dinamiche del rap-
porto tra il “modello sociale” ed il “modello istituzionale3.
Il processo di integrazione europea, nonostante un secolare fer-
mento europeista di stampo sociale e pacifista che puntava a realizza-
re un incisivo progetto politico, fu avviato sulla spinta di un impulso
esogeno – quello americano – che lo ha orientato, sin dall’origine, in
senso liberista4. Le classi dirigenti europee – fin dall’immediato do-
poguerra – hanno concepito il suddetto processo in chiave liberista e
l’hanno utilizzato – specie dagli anni Ottanta – per conformare gli
assetti, istituzionali ed economici, degli Stati membri alle esigenze di
“un’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza”5. L’Unione
europea è stata costruita come una realtà puramente economica carat-
terizzata dall’«egemonia delle cifre» e dall’«ossessione del calcolo»,
cui sfugge la sfera dell’esistenza reale delle classi popolari e medie.
Le astrazioni della teoria “monetarista” sono state inscritte sul fronte-
spizio dei trattati comunitari e sono state varate, sulla base delle pre-
scrizioni rigide della BCE, politiche deflazionistiche imperniate sulla
privatizzazione delle imprese e dei servizi pubblici e sulla precarietà
dei rapporti di lavoro6.
3 Per un’analisi più puntuale sul tema, sia consentito rinviare a G. B, La sovranità
popolare nella trappola delle reti multilevel, in Costituzionalismo.it, fasc. 1/2008; I., L’eco-
nomia tra Costituzione e disposizioni dell’Unione europea, in AA. VV., Questa nostra Costi-
tuzione. Sessant’anni dopo. Quaderni del Ponte, Il Ponte Editore, Firenze, 2009, pp. 73 ss.
4 Sulle ragioni dell’impulso americano all’avvio dell’integrazione europea e sul ruolo svol-
to dalla dottrina Truman, dal piano Marshall e dagli accordi multilaterali difensivi (NATO)
nella fase della c.d. “guerra fredda” cfr. F. S, La sesta Conferenza intergovernativa e
la modifica di trattati del 1957: l’importanza di chiamarsi Costituzione, in Costituzionalismo.
it, Fascicolo 2/2003, pp. 1, 2. Sul punto, cfr., altresì, A. A, Democrazia sociale e li-
bero mercato: Costituzione italiana versus “costituzione europea”?, in Costituzionalismo.it,
Fascicolo 1/2007, p. 2; I., L’insostenibile pesantezza del mercato, in AA. VV., Il costituzio-
nalismo asimmetrico dell’Unione. L’integrazione europea dopo il Trattato di Lisbona, Giap-
pichelli, Torino, 2010, pp. 201, 208; L. C, Cinquant’anni d’Europa. Una lettura
antiretorica, Utet, Torino, 2007, pp. 14, 22; M. T, L’Italia nel processo di costruzione
europea, in AA. VV., Storia dell’Italia repubblicana, vol. 3*, L’Italia nella crisi mondiale.
L’ultimo ventennio, Einaudi, Torino, 1996, p. 136. A. Z, Europa dei mercati o dei
popoli? Editrice Missionaria Italiana, Bologna, 2008, p. 10, osserva che: «l’esperimento Eu-
ropa è iniziato in chiave economica ed è rimasto tale».
5 Cfr. F. D F, Nazione e crisi: le linee di frattura, in AA. VV., Storia dell’Italia
repubblicana, vol. 3*, cit., pp. 114, 121.
6 Cfr. U. A, La costituzione europea nel nuovo ordine internazionale, in AA.
VV., La transizione italiana, Res cogitans, Roma, 1997, p. 77. A. Z, Europa dei
mercati o dei popoli?, cit., p. 11, osserva come il Trattato di Maastricht abbia costituito la
traduzione, in ambito europeo, «delle politiche neoliberiste avviate da Reagan e da Thatcher,
che miravano a innalzare i profitti contenendo i salari e rendendo il mercato del lavoro più
flessibile per stimolare la produzione».

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