La Carta dei diritti fondamentali: un nuovo parametro di legittimità degli atti comunitari?

AuthorFrancesco Seatzu
PositionAssociato di Diritto internazionale nell’Università degli studi di Cagliari
Pages377-388

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@1. Considerazioni introduttive

1. È la Carta dei diritti fondamentali un parametro di legittimità di regolamenti, direttive e decisioni? Nella recente pronuncia del 27 giugno 20061 è parso a taluno che la Corte di giustizia delle Comunità europee – chiamata a valutare la legittimità della direttiva 2003/86/CE sul diritto dei cittadini di Paesi terzi e dei rifugiati al ricongiungimento familiare2– abbia dato, sia pure con alcune importanti precisazioni, una prima risposta affermativa a tale quesito e, conseguentemente, valutato la conformità della suddetta direttiva rispetto alla Carta dei diritti fondamentali, oltre che naturalmente nei confronti delle tradizioniPage 378 costituzionali comuni agli Stati membri in materia di tutela dei diritti fondamentali e, prima ancora, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)3.

La decisione permetterebbe, quindi, un primo tentativo di ricostruzione a livello sistematico del ruolo svolto dalla Carta dei diritti fondamentali – proclamata il 7 dicembre 2000 a margine del Consiglio europeo di Nizza e successivamente inserita nel Trattato istitutivo di una Costituzione per l’Europa – come strumento giuridico a disposizione dei giudici del Lussemburgo per l’individuazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea. Tema che appare tanto più complesso e d’attualità in questo momento nel quale si discute dell’adesione della Comunità europea alla CEDU4, dell’entrata in vigore del Trattato-Costituzione europea5 e, conseguentemente, dello sviluppo di un sistema maggiormente “integrato” di protezione dei diritti fondamentali a livello europeo6.

D’altra parte, sono state espresse, fin dal momento dell’emanazione della Carta, forti perplessità sul valore giuridico della medesima: perplessità legate sia alla pubblicazione del predetto documento nella parte C della Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (normalmente contenente gli atti privi di valore normativo), sia soprattutto alle peculiarità del sistema della Carta dei diritti fondamentali, analogo ma non identico a quello della CEDU, che farebbero pertanto risultare alquanto inopportuno il richiamo alla Carta, poiché esso finirebbe conPage 379 il rendere più disorganico e complicato il complessivo sistema di protezione dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario7.

Al contrario, la sopra citata pronuncia della Corte di giustizia, che è stata considerata come unica nel suo genere8, indicherebbe come il richiamo della Carta sia utile, sebbene non necessario, in relazione alla tutela dei valori fondamentali nell’ordinamento giuridico comunitario9.

Senza analizzare qui il merito della decisione10, nei paragrafi che seguono ci si soffermerà, innanzitutto, sulla verifica della portata reale del richiamo alla Carta dei diritti fondamentali ivi effettuato e sulle conseguenze della suddetta pronuncia nei futuri procedimenti giurisdizionali dinanzi alla Corte di giustizia. Si analizzerà quindi la parte della sentenza in cui la Corte di giustizia non ha ritenuto di riconoscere alla Carta un ruolo, ai fini dell’individuazione e ricostruzione dei diritti fondamentali, parificabile a quello assunto dalla CEDU e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Infine, si individuerà il contributo della predetta sentenza al chiarimento della definizione della relazione tra la Carta dei diritti fondamentali e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

@2. Ammissibilità del riconoscimento di una rilevanza giuridica della Carta dei diritti fondamentali nei giudizi dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee

2. In termini generali, occorre premettere qui che la Carta dei diritti fondamentali è stata formulata come un testo normativo vincolante, essendo stata redatta in una maniera tale da consentire (così come poi è effettivamente accaduto) il suo inserimento nei Trattati comunitari11. Particolarmente emblematici sono, in tale senso, l’art. 16, rubricato “Libertà di impresa”, che esplicitamente riconosce tale libertà “conformemente al diritto comunitario (…)” e, ancora diPage 380 più, l’art. 51, rubricato “Ambito di applicazione”, il quale dispone degli obblighi giuridici a carico delle istituzioni e degli Stati membri12.

In questo senso, si afferma correttamente che la Carta dei diritti fondamentali dimostra di possedere delle “aspirazioni” giuridiche, poiché mira a contribuire, a seconda delle circostanze, rispettivamente alla precisazione e all’introduzione nell’ordinamento comunitario (è questo il caso, ad esempio, della libertà della ricerca scientifica) di diritti fondamentali13.

Per valutare la rilevanza di questo aspetto della Carta si deve premettere che scopo di quest’ultima è facilitare il riconoscimento nel sistema comunitario dei diritti fondamentali, al cui rispetto l’Unione europea è tenuta in base all’art. 6, par. 2 TUE14; da ciò deriva la conseguenza che le norme non aventi un mero carattere programmatico (come, ad esempio, quelle relative alla protezione dell’ambiente, dei consumatori ed il diritto ad una buona amministrazione) non dovrebbero, almeno in principio, essere interpretate come prive di valore giuridico e, fra queste, in particolare, proprio l’art. 7 (rispetto della vita privata e familiare), secondo quanto la Corte di giustizia comunitaria ha, sia pure abbastanza laconicamente, statuito in particolare nella decisione del 27 giugno 200615. Un discorso sostanzialmente analogo può farsi a proposito dell’art. 24 della Carta (invocato dal Parlamento europeo nel suo ricorso alla Corte di giustizia), il cui par. 2 prevede: “in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente”; il successivo par. 3 afferma: “il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”.

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Tali conclusioni sembrano, per così dire, rafforzate dalla circostanza che trattasi di diritti e princìpi, sul piano formale, già previsti nella CEDU e/o comunque riconducibili alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri in materia di diritti fondamentali. Sul piano sostanziale, può osservarsi che trattasi di diritti il cui contenuto è sostanzialmente coincidente con quello dei corrispondenti diritti fondamentali previsti nelle sopra citate tradizioni costituzionali e nella Convenzione europea. Almeno gli articoli 7 e 24 della Carta costituiscono, pertanto, delle norme self executing, destinate cioè a consentire alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri di far valere le garanzie ivi previste nei procedimenti giudiziari da essi promossi dinanzi alla Corte di giustizia comunitaria. Per questo motivo, si giustifica pienamente l’affermazione, contenuta nella decisione in parola, secondo la quale: “il legislatore comunitario ha (…) inteso riconoscere l’importanza della Carta affermando, al secondo ‘considerando’ della direttiva, che quest’ultima rispetta i principi riconosciuti non solamente dall’art. 8 della CEDU, bensì parimenti dalla Carta”16.

Pur così circoscritta, resta ancora da stabilire la portata effettiva delle sopra citate norme, ed in particolare se, ad esempio, gli articoli 7 e 24 della Carta costituiscano anche dei parametri di legittimità degli atti comunitari, al pari dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri17.

Insoluto è, inoltre, il problema relativo al significato della formula dell’art. 7, che, prevedendo solamente che: “Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni”, parrebbe, almeno se interpretata letteralmente, presupporre che gli Stati membri non possano introdurre delle restrizioni all’esercizio di tali diritti, così come è previsto invece nell’art. 8 della CEDU, nemmeno mediante lo strumento della legge e neppure nei casi in cui delle misure restrittive risultino necessarie per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del Paese,Page 382 la difesa dell’ordine, ecc.18. Se intesa in questo senso particolare, tale norma rischierebbe però non solamente di deludere l’aspettativa di un sistema tendenzialmente omogeneo per la protezione dei diritti fondamentali, ma anche di tradire una funzione essenziale delle garanzie della vita privata e familiare previste nella Carta. Queste ultime, infatti, chiaramente non consistono soltanto di un insieme di princìpi tassativamente e puntualmente indicati, ma si richiamano ad una civiltà giuridica europea unitariamente intesa, che condivide i medesimi princìpi in forza dei quali si consente (in casi eccezionali) il restringimento delle garanzie giuridiche delle libertà e dei diritti19. Un distacco da questa prospettiva, anche se suggerito dall’interpretazione letterale del testo della Carta, sembra ancora più assurdo nelle relazioni tra gli Stati membri, legati da molteplici e significativi vincoli.

I numerosi interrogativi sollevati debbono adesso essere considerati alla luce della decisione giudiziaria richiamata.

@3. La Carta dei diritti fondamentali e le modalità di tutela del diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di Stati terzi e dei rifugiati: la funzione riconosciuta al richiamo della Carta ed i limiti all’operatività dei suoi effetti nella recente pronuncia della Corte di giustizia del 27 giugno 2006

3. La Corte di giustizia ha rilevato preliminarmente che la Carta dei diritti fondamentali – solennemente proclamata dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione – non costituisce uno strumento giuridicamente vincolante20. È importante precisare qui che tale affermazione non è stata “mitigata” da nessuna considerazione sulla “vocazione” giuridica della Carta, così come nemmeno dall’osservazione che trattasi di un testo formulato come un documento giuridicamente vincolante. Da questo punto di vista...

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