Corte di giustizia comunitaria e disciplina degli appalti pubblici

AuthorFrancesco Caruso
PositionOrdinario di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli studi di Roma "Tor Vergata"
Pages585-613

Il presente scritto è destinato anche alla raccolta di studi in onore del Prof. Pierfrancesco Grossi.

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1. La Corte di giustizia delle Comunità europee ha recitato un ruolo fondamentale anche nella definizione della disciplina comunitaria degli appalti pubblici. Come era ovvio che fosse, la Corte ha cominciato ad operare nel senso anzidetto solo dopo qualche lustro dall'entrata in vigore del Trattato di Roma. In particolare, la sua azione nella specifica materia ha avuto inizio in seguito all'adozione, da parte del Consiglio, delle prime direttive di coordinamento delle legislazioni nazionali relative all'aggiudicazione degli appalti pubblici. Precedentemente, infatti, nell'ordinamento comunitario, anche nel Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), non si rinveniva alcuna norma che esplicitamente disciplinasse la nostra materia1. Tuttavia, questa omissione non significa Page 586 affatto che nello stesso Trattato - già dalla sua entrata in vigore - non vi siano norme che la riguardino: i suoi articoli 28 (libera circolazione delle merci), 43 (diritto di stabilimento) e 49 (servizi) - ribadendo nei rispettivi campi il basilare principio di diritto comunitario che vieta ogni discriminazione fondata sulla nazionalità (art. 12, 1º comma)2 - regolano l'esercizio di attività che inglobano pure quelle di cui qui ci si occupa3.

Soltanto a partire dal 1962, con alcuni atti di diritto derivato4, la CE ha cominciato a prestare una specifica attenzione al nostro tema, attenzione che Page 587 circa due lustri più tardi si è estrinsecata nell'adozione di vere e proprie norme al riguardo. Questo accadde con l'approvazione delle prime direttive di coordinamento delle procedure che negli Stati membri ne disciplinavano l'aggiudicazione5. Gli atti in questione dettarono regole con le quali: si definirono le nozioni di appalto pubblico, amministrazione aggiudicatrice, offerente6; si precisarono quali fossero gli appalti da aggiudicarsi nei modi stabiliti dalle medesime direttive7; furono adottate norme comuni nel settore tecnico8, in materia di pubblicità9, Page 588 di partecipazione alle gare d'appalto10; si specificarono i criteri di selezione qualitativa delle offerte11 e di aggiudicazione degli appalti12.

Già da questi primi atti normativi si potevano evincere aspetti di grande rilievo che caratterizzano tuttora la disciplina comunitaria degli appalti pubblici. Innanzitutto, il "coordinamento" delle procedure nazionali per la loro aggiudicazione era ritenuto opportuno per "completare"13, in sede applicativa, i divieti di discriminazione stabiliti dagli articoli 28 (allora 30), 43 (allora 52) e 49 (allora 59), assicurando così, con le norme di coordinamento appunto, "una trasparenza che permett[esse] un miglior controllo dell'osservanza de[i] diviet[i] in questione"14.

In secondo luogo, il predetto coordinamento - dovendo "rispettare per quanto possibile le procedure e le prassi in vigore in ognuno degli Stati membri"15 - non ha mai investito l'intera disciplina della materia; esso ha riguardato e riguarda ancor oggi soltanto i profili considerati essenziali allo scopo di garantire, in sede di aggiudicazione, un livello di trasparenza funzionale ad assicurare il rispetto, nello specifico, del principio di non discriminazione16.

Infine, va rilevato che già quelle prime direttive talora dettavano norme precise, a volte complete e non condizionate. Quando ciò accadeva - seguendo nel caso di specie un suo più generale orientamento in tema di efficacia delle direttive negli ordinamenti statali17 - la Corte di giustizia non ha esitato ad affermarne il primato sul diritto interno e la diretta applicabilità negli ordinamenti statali in presenza delle condizioni individuate al riguardo dal predetto orientamento giurisprudenziale. Pertanto ben presto - quando le direttive di coordinamento non erano state recepite nei tempi previsti, purché essi fossero decorsi, oppure non lo erano state in maniera corretta - anche le loro norme chiare ed esaustive sono state giudicate direttamente applicabili nell'ordinamento dello Stato inadempiente e, di conseguenza, la Corte ha affermato che tali norme obbligano tanto i giudici nazionali quanto le amministrazioni pubbliche a disapplicare Page 589 le norme nazionali in conflitto con quelle contenute nella direttiva in questione18.

2. Successivamente, le citate direttive di coordinamento delle procedure nazionali sull'aggiudicazione degli appalti pubblici sono state più volte modificate19. Inoltre, più o meno contestualmente, la Comunità europea ne ha adottate ulteriori per coordinare sia le procedure di aggiudicazione di altri tipi di appalto20, esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive menzionate in precedenza, sia le disposizioni che negli Stati membri disciplinavano le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici21.

Questa ponderosa, ampia e, talora, frenetica attività normativa comunitaria ha inciso profondamente sulle legislazioni degli Stati membri nel nostro campo. Page 590 Infatti, il quadro regolatore della Comunità sovente ha investito aspetti che in precedenza erano stati lasciati alla competenza statale oppure - quando ha riguardato argomenti già disciplinati dalle prime direttive - ha dettato norme più articolate e minuziose che spesso hanno posto obblighi nuovi e più stringenti a carico delle amministrazioni aggiudicatrici.

Così, ad esempio, già con la direttiva 89/440/CEE veniva ampliata la sfera di efficacia della procedura coordinata di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici. Infatti, essa fu estesa anche alle "concessioni di lavori pubblici" - cioè ai contratti analoghi a quelli stipulati per appaltare lavori pubblici, ma caratterizzati dalla peculiarità che la "controprestazione di lavori consiste unicamente nel gestire l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo". Contestualmente, la direttiva 89/440/CEE stabiliva che nella nozione comunitaria di "appalti di lavori pubblici" rientrassero pure i contratti a titolo oneroso, conclusi tra un imprenditore ed un'amministrazione aggiudicatrice, aventi per oggetto congiuntamente la progettazione e l'esecuzione dell'opera da realizzare.

Ancora, a titolo esemplificativo, sempre la direttiva 89/440/CEE ampliava anche la nozione comunitaria di "amministrazione aggiudicatrice" - non più limitata allo Stato, agli enti territoriali ed alle persone giuridiche di diritto pubblico menzionate nell'Allegato I della direttiva 71/305/CEE - sì da comprendervi tanto gli "organismi di diritto pubblico"22 quanto le associazioni costituite da enti pubblici territoriali e da "organismi di diritto pubblico". Di questi ultimi, come era ovvio che fosse, il Consiglio ha stabilito i requisisti necessari perché un ente sia così qualificabile23. Delle norme concernenti tali requisiti la Corte di giustizia ha fornito un'importante interpretazione che, tendenzialmente, ha Page 591 ampliato la nozione di "organismo di diritto pubblico"24 e, di conseguenza, anche il novero dei soggetti obbligati al rispetto delle disposizioni dettate dalle direttive di coordinamento delle legislazioni nazionali.

Procede nella direzione indicata or ora anche quanto è stato stabilito dal Consiglio a partire dalla direttiva 89/440/CEE: la procedura coordinata di aggiudicazione deve applicarsi anche quando ad appaltare i lavori sono enti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, se una di queste ne sovvenziona l'esecuzione in misura superiore al 50% del suo costo25. A ben vedere, si colloca nella prospettiva vista dianzi pure quanto affermato dalla Corte di giustizia interpretando l'art. 1, lett. a), della direttiva 93/37/CEE nel caso relativo all'Ordine degli architetti delle Province di milano e Lodi26. Nell'occasione, la Corte ha sostenuto che, per assicurare l'effetto utile della predetta norma, bisogna interpretarla Page 592 nel senso di prevedere l'applicazione della direttiva anche quando soggetti privati devono farsi carico dell'onere di realizzare con proprie risorse opere destinate ad una amministrazione aggiudicatrice, se il loro valore è da scomputare sull'ammontare dei contributi di urbanizzazione da essi dovuti alla medesima amministrazione.

Non meno incisivo è stato il successivo coordinamento delle normative nazionali pure per altri fondamentali profili della procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici.

Così, per quanto concerne l'aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, già la più volte menzionata direttiva 89/440/CEE - oltre a definire più analiticamente le procedure "aperte" e "ristrette" soltanto menzionate dalla direttiva 71/305/CEE - prevedeva e regolava in modo puntuale pure le "procedure negoziate", definite eccezionali e, quindi, adottabili solo nei casi tassativamente indicati dalla medesima direttiva 89/440/CEE27. Una disciplina, questa, che è stata poi ripresa dalle direttive concernenti gli altri settori tradizionali e che non è stata modificata dalla 93/37/CEE28. Al riguardo, la normativa di coordinamento per gli appalti nei settori tradizionali ha previsto che il ricorso alla procedura negoziata avvenga con due modalità diverse a seconda delle ipotesi considerate. Nello specifico, tali direttive, con riferimento a situazioni differenti e ben determinate, prevedono che il ricorso alla predetta procedura negoziata abbia luogo a seguito di una preventiva pubblicazione del ricorso ad essa29 oppure che all'aggiudicazione con la medesima procedura si pervenga senza averla previamente pubblicizzata30. Page 593

Come si è accennato in precedenza, ha una ben precisa spiegazione la cura con cui la Comunità ha definito e disciplinato le ipotesi in cui è legittimo il ricorso alla procedura negoziata per l'aggiudicazione degli appalti pubblici. Infatti, per tutte le direttive di coordinamento, la sua utilizzazione è consentita solo nei casi ivi indicati31; in tutte le altre ipotesi - se non sussistono le ragioni che la permettono - all'aggiudicazione si deve...

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