Le procedure innanzi alla Corte di giustizia a tutela delle situazioni giuridiche individuali dopo il Trattato di Lisbona

AuthorSergio M. Carbone
PositionOrdinario di Diritto internazionale nell’Università degli studi di Genova
Pages239-254

    Relazione presentata al III Congresso di aggiornamento professionale forense organizzato dal Consiglio nazionale forense a Roma il 3 aprile 2008. La particolare circostanza della redazione del presente lavoro giustifica la mancanza di specifici riferimenti bibliografici.

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@1. La posizione qualificata e gli effetti diretti nei confronti del soggetto ricorrente con specifico riguardo all’impugnazione diretta di atti comunitari

1. La costruzione europea, come è noto, è avvenuta attraverso piccoli passi rappresentati dalle soluzioni volta a volta adottate nell’ambito della pratica applicativa del diritto comunitario. Soprattutto in tal modo, infatti, è stato possibile all’Europa di consolidarsi in un vero e proprio ordinamento giuridico con caratteristiche di stabilità. Ed in tale direzione è stata determinante la giurisprudenza relativa alla tutela delle situazioni giuridiche individuali disciplinate in ambito comunitario. Tale risultato e le sue prospettive di sviluppo sono sicuramente riconducibili al ruolo svolto dalla Corte di giustizia.

È stata, infatti, la giurisprudenza comunitaria a garantire la continuità del processo di integrazione europea che, proprio sul piano giuridico, ha sempre evidenziato segni di costante e particolare vitalità anche nei momenti politici più delicati della storia europea. Ma non soltanto. Essa ha anche contribuito, ancora di recente, in virtù di alcune fondamentali sentenze, non solo a consolidare l’or-Page 240dinamento comunitario quale reale espressione di una vera e propria comunità pur dotata di caratteri particolari rispetto alle comunità statali, ma soprattutto a garantire ampia tutela alle situazioni individuali delle persone fisiche e giuridiche direttamente disciplinate dal diritto comunitario.

È stata dunque la Corte di giustizia – in attuazione delle prerogative ad essa riconosciute – che ha dato compiuta consistenza all’ordinamento comunitario caratterizzandolo, in particolare, per (i) l’effetto diretto di norme che attribuiscono diritti a favore dei singoli e da essi azionabili – in virtù di precisi obblighi imposti agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie – e (ii) la sua primauté nei confronti degli ordinamenti nazionali rilevante, soprattutto, qualora questi ultimi non siano adeguati o addirittura contraddittori rispetto ad una effettiva tutela dei diritti individuali innanzi indicati.

I singoli hanno, pertanto, progressivamente acquisito una posizione centrale nell’ambito del sistema comunitario, la cui effettività è stata garantita e completata da sempre più precise indicazioni in merito all’impiego da parte dei privati degli specifici meccanismi di tutela giurisdizionale previsti a loro favore.

Gli interessi e le esigenze degli individui diventano, così, una componente essenziale della costruzione dell’ordinamento comunitario, in grado di garantire ed ottenere, seppur entro i limiti di cui in appresso, “un efficace controllo del rispetto delle norme comunitarie, sia da parte degli Stati membri” sia da parte degli organismi comunitari, attraverso la tutela giurisdizionale di cui possono giovarsi in caso di violazione – da parte degli Stati ovvero delle istituzioni comunitarie, negli ambiti delle rispettive competenze – delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute in loro favore da tali disposizioni.

Eppure nell’ampia definizione, desumibile dall’art. 220 TCE, dei compiti affidati al giudice comunitario, non fa riscontro un’azione di carattere generale di contenuto corrispondente a tutela dei diritti dei singoli pregiudicati da atti (normativi ed amministrativi) adottati dagli organi comunitari e tanto meno a tutela dei singoli pregiudicati da atti statali contrari al diritto comunitario. Soltanto l’analisi delle disposizioni del Trattato successive a quella ora richiamata consente, dunque, di individuare quali siano i differenti strumenti, in esso previsti, volti a garantire a favore dei singoli al tempo stesso (i) uniformità e certezza nell’interpretazione ed applicazione del diritto comunitario anche nei confronti di atti statali che ad esso non si conformino e (ii) controllo della legalità degli atti delle istituzioni comunitarie. Si tratta, come è noto, soprattutto degli strumenti indicati agli articoli 230 e 234 TCE, oltre a quanto previsto, con modalità meno efficaci, dagli articoli 241, 235 e 288 TCE.

Anzitutto, l’art. 230 TCE. Esso riconosce, infatti, legittimazione a proporre il ricorso contro gli atti comunitari ritenuti illegittimi non solo alle istituzioni comunitarie ed agli Stati membri, ma anche a soggetti privati, persone fisiche o giuridiche. Peraltro, in quest’ultimo caso, l’esperibilità del ricorso risulta condizionata da particolari requisiti la cui eccessiva rigidità è stata posta da tempo in rilievo dalla dottrina e dalla Corte di giustizia che ne ha, pertanto, progressivamente attenuato gli effetti. Ne è risultato che esso è sempre esperibile contro decisioni individuali che provocano una lesione attuale e diretta di una situa-Page 241zione giuridicamente tutelata che qualifichi in tal senso il loro interesse ad agire. Per converso, la ricevibilità dei ricorsi proposti da una persona fisica o giuridica contro regolamenti o decisioni dirette anche nei confronti di altre persone risulta subordinata alla verifica, da parte del giudice comunitario, della sussistenza in capo al soggetto ricorrente, oltre che dell’interesse ad agire, di un proprio e specifico “interesse diretto” ed “individuale” all’annullamento dell’atto ritenuto illegittimo o di una parte di esso.

Si è provveduto in tal modo a garantire di fatto rimedi diretti ed effettivi soltanto in presenza di atti con contenuti, almeno in parte, sostanzialmente individuali e non già nei casi in cui la posizione lesa di cui il soggetto è titolare non è differenziata rispetto alla generalità dei soggetti ai quali l’atto è diretto. Allorché ci si trovi di fronte a regolamenti o ad altri atti a portata generale, pertanto, essi potranno essere oggetto di ricorso individuale da parte di soggetti lesi dai loro effetti solamente (a) se la posizione è specificamente qualificata rispetto alla generalità dei soggetti che sono destinatari dell’atto e (b) se i relativi effetti sono produttivi di conseguenze “dirette” nei confronti del soggetto leso “tali da non lasciare alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento incaricati della sua applicazione la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie” (Corte di giustizia, 22 marzo 2007 in causa C-15/06P). Nell’ipotesi da ultimo descritta, infatti, i singoli possono essere considerati alla stregua di destinatari particolari, ed assumono conseguentemente una posizione distinta dalla generalità dei soggetti cui gli atti medesimi sono indirizzati. Situazione che si verifica, quindi, anche nei casi in cui l’atto comunitario limita sostanzialmente qualsiasi discrezionale valutazione e/o determinazione da parte degli organi statali. Infatti, anche in tal caso l’effetto lesivo individuale e diretto è immediatamente riconducibile all’atto comunitario.

In breve, quindi, si garantisce ai privati la possibilità di ricorrere direttamente contro atti di cui essi sono i soli destinatari sostanziali oppure contro atti generali che producono effetti immediati nella loro sfera giuridica senza la necessità di provvedimenti di attuazione, comunitari o nazionali e di cui essi risultino destinatari qualificati a “causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze”.

@2. La tendenza rivolta ad estendere la nozione di “interesse individuale” leso da un atto comunitario e la sua conferma nel Trattato di Lisbona

2. Comunque, se pur nei limiti ed alle condizioni ora indicate, è escluso che le garanzie giurisdizionali relative all’accesso diretto dei privati agli organi di giustizia amministrativa previste dal diritto comunitario (i) offrano solamente “una protezione occasionale ed indiretta” dei loro interessi privati (in quanto essenzialmente preordinate alla “tutela dell’ordinamento obiettivo per assicurare il rispetto del diritto nel sistema comunitario”) oppure (ii) siano configurabili esclusivamente come mezzo tecnico utilizzato dall’ordinamento comunitario per conseguire la propria attuazione obiettiva, senza conferimento ai privati di “alcuna posizione soggettiva direttamente protetta in funzione di tale circostanza”. Tale approccio resta, così, solamente un derivato storico della concezione ormai superata degli organi di giustizia amministrativa, non estensibilePage 242 nell’ambito di organizzazioni internazionali e/o sopranazionali i cui organi giurisdizionali di garanzia della legittimità dei relativi atti non possono essere qualificati, né sono mai stati intesi, come meri “organi di giustizia dell’amministrazione”. Non si può, pertanto, osservare che, attraverso il ricorso di cui all’art. 230 TCE, i privati ricevano solamente una protezione occasionale ed indiretta dei loro interessi innanzi alla Corte di giustizia. D’altronde, secondo un insegnamento autorevole, la circostanza per cui si tenda a realizzare giustizia nel campo degli interessi pubblici, non significa che in tal modo si tutelino soltanto interessi pubblici relativi a provvedimenti sui quali è prevista l’adozione di pareri o pronunce giurisdizionali, ma significa solo e non altro che l’interesse generale alla giustizia e alla tutela dei sottesi interessi privati trova in essa uno dei suoi strumenti di realizzazione.

Tanto più che, anche a seguito dell’istituzione del Tribunale di primo grado, le particolari funzioni riconosciute ad esso, proprio nell’ottica di una più efficace tutela degli interessi privati, hanno consentito di eliminare le eventuali residue incertezze interpretative al riguardo. Infatti, in occasione di vari casi, si è sempre più evidenziato un panorama giurisdizionale nel quale emerge sia la centralità della protezione degli...

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