Hate speech e negazionismo tra restrizioni alla libertà d'espressione e abuso del diritto

AuthorMonica Spatti
PositionRicercatore di Diritto internazionale nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Pages341-358
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Studi sull’integrazione europea, IX (2014), pp. 341-358
Monica Spatti*
Hate speech e negazionismo
tra restrizioni alla libertà
d’espressione e abuso del diritto
S: 1. Introduzione. – 2. La portata del divieto di hate speech e la condanna del
negazionismo nel diritto internazionale ed europeo. – 3. La giurisprudenza della Corte
europea dei diritti umani che applica agli hate speech l’art. 10 CEDU. – 4. La giurispru-
denza degli organi di Strasburgo applicativa della norma sull’abuso del diritto. – 5. La
prassi del Comitato dei diritti umani sul tema degli hate speech e del negazionismo. – 6.
Considerazioni conclusive.
1. Vietare affermazioni e discorsi che incitano all’odio, alla violenza e alla
discriminazione (in questi casi si adopera comunemente la formula inglese “hate
speech”, che verrà impiegata anche in questo lavoro), come peraltro criminalizzare
affermazioni negazioniste, o che minimizzano la portata di crimini internazionali,
comporta una limitazione del diritto alla libertà d’espressione, garantito dal diritto
internazionale come uno dei fondamentali diritti dell’individuo1.
Si pone pertanto il problema di come trovare un giusto equilibrio tra, da un
lato, il divieto di hate speech o le leggi che prevedono il reato di negazionismo e,
dall’altro lato, la libertà d’espressione. Sul punto esiste una importante giurispru-
denza della Corte europea dei diritti umani che si è trovata ad affrontare sia casi
concernenti discorsi incitanti all’odio a motivo dell’appartenenza razziale, nazio-
nale, religiosa, politica o sessuale, sia controversie aventi a oggetto la negazione di
crimini internazionali, in particolare dell’Olocausto.
Nei casi in materia di hate speech la Corte di solito applica l’art. 10 della
Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) relativo alla libertà d’espres-
sione. Tuttavia, talvolta gli organi di controllo della corretta applicazione della
Convenzione hanno applicato un’altra norma convenzionale, l’art. 17, che sancisce
il divieto dell’abuso del diritto, sulla base del presupposto che chi attenta ai diritti e
alle libertà riconosciuti dalla CEDU non può valersi dei diritti da essa garantiti. In
altre parole, se un soggetto pronuncia affermazioni discriminatorie e incitanti all’o-
* Ricercatore di Diritto internazionale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
1 Cfr., a livello universale, l’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e l’art. 19
del Patto sui diritti civili e politici; a livello regionale europeo v. l’art. 10 della Convenzione europea dei
diritti umani e l’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
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dio mette a rischio i valori e i principi su cui si basa la Convenzione, pertanto non
può valersi della norma che garantisce la libertà d’espressione.
Il presente lavoro mira a ricostruire questa giurisprudenza, cercando di indivi-
duare i presupposti applicativi delle due norme citate, e a verificare le conseguenze
derivanti dall’applicazione dell’una o dell’altra. Oltre allo studio della giurispru-
denza di Strasburgo – che è la giurisdizione internazionale che ha avuto più occa-
sioni di pronunciarsi – verranno prese in considerazione anche le decisioni del
Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite che rivelano un approccio diverso
rispetto a quello dei giudici di Strasburgo.
Prima di analizzare la giurisprudenza internazionale sul tema si ritiene oppor-
tuno passare in rassegna le norme e gli atti di soft law internazionali ed europei che
sanciscono il divieto di hate speech e che si occupano del fenomeno del negazioni-
smo, individuandone contenuto e portata.
2. Le affermazioni e i discorsi che incitano all’odio, alla violenza e alla discri-
minazione sono vietati dal diritto internazionale a tutela dei diritti fondamentali
dell’individuo. A livello universale il divieto è sancito dall’art. 20, par. 2, del Patto
sui diritti civili e politici2 e, laddove la parole d’odio abbiano uno sfondo razziale,
dall’art. 4 della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione razziale3. Entrambe le norme obbligano gli Stati parti a impedire,
mediante legge, tali affermazioni; la seconda va però oltre, imponendo esplicita-
mente che esse siano considerate come reati4.
Tra gli strumenti a tutela dei diritti fondamentali a carattere regionale, il divieto
di hate speech è enunciato solo nella Convenzione americana dei diritti umani5,
all’art. 13, par. 5. Diversamente, in ambito europeo, i due principali strumenti a
tutela dei diritti dell’individuo – vale a dire, la Convenzione europea dei diritti
umani e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – non contemplano
esplicitamente tale divieto. Eppure è proprio in Europa – sia a livello dei singoli
Stati che hanno adottato leggi volte ad arginare il fenomeno, sia nell’ambito delle
organizzazioni regionali di cooperazione – che si registra la maggiore attenzione
al tema. Oltre agli organi di controllo della CEDU che hanno elaborato in materia
una complessa giurisprudenza – e che è il principale oggetto del presente lavoro6
– sul punto è intervenuta anche l’Unione europea attraverso la decisione quadro
2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia
mediante il diritto penale7. Con questo atto, l’Unione ha inteso individuare una serie
2 Il Patto, adottato a New York il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, treaties.
un.org.
3 La Convenzione è stata adottata a New York il 21 dicembre 1965 ed è entrata in vigore il 4 gennaio
1969, treaties.un.org.
4 Sulla genesi di queste norme v. E. F. D, Freedom of Speech and International Norms: A
Response to Hate speech, in Stanford Journal of International Law, 1992, p. 57 ss., spec. pp. 80 ss. e
86 ss.
5 Adottata a San José il 22 novembre 1969 ed entrata in vigore il 18 luglio 1978, treaties.un.org.
6 V. infra, paragra 3 e 4.
7 Decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008. Per un commento all’atto
v. J. J. G, The European Union Combats Racism and Xenophobia by Forbidding Expression: An
Analysis of the Framework Decision, in The University of Toledo Law Review, 2008, p. 843 ss.

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