L'informazione ambientale nel diritto internazionale e dell'Unione Europea

AuthorIlaria Casu
Pages177-205

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@1. Il diritto all'informazione in materia ambientale

1. A partire dagli anni '70 sono stati adottati sempre più numerosi strumenti giuridici internazionali volti a perseguire l'obiettivo della riduzione degli effetti negativi delle attività umane sull'ambiente. Le prescrizioni dei vari accordi internazionali avevano essenzialmente come obiettivo quello della limitazione della sovranità statale con riferimento allo sfruttamento delle risorse ambientali e, di conseguenza, quello del ricorso allo strumento della cooperazione tra Stati. Tuttavia, a seguito dell'utilizzo di tali strumenti e di fronte ai risultati non sempre incoraggianti, si è fatta strada l'idea in base alla quale la tutela dell'ambiente potesse essere realizzata in maniera più efficace mediante la previsione di c.d. diritti funzionali1, vale a dire diritti che avrebbero rafforzato le previsioni dispositive contenute nelle varie convenzioni. Più precisamente, è emerso all'interno della comunità internazionale il convincimento secondo cui una migliore tutela dell'ambiente possa essere realizzata attraverso la sensibilizzazione del pubblico e mediante un più intenso grado di "democratizzazione" degli interventi statali sull'ambiente, tale da rendere possibile il coinvolgimento nei processi decisionali dei vari gruppi sociali interessati. Quanto appena detto non implica una rinuncia ai tradizionali strumenti di tutela, cioè il ricorso giurisdizionale per il riconoscimento del diritto ad un ambiente salubre e la relativa possibilità di far valere eventuali pretese risarcitorie. Il riconoscimento di talune garanzie procedurali, prime fra tutte quelle inerenti al diritto di accesso, consente tuttavia un'estensione della tutela giuridica, che viene anticipata dalla fase risarcitoria alla fase di formazione dei provvedimenti in materia di ambiente.

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Cambia dunque il modo di intendere la governance ambientale: si assiste ad un passaggio dal tradizionale modo di intendere la posizione degli individui rispetto ai danni ambientali -con possibilità di agire solo in fase risarcitoria, una volta che questi si siano già prodotti -ad un nuovo modo di concepire il ruolo del pubblico nella sua veste di attore nelle decisioni sull'ambiente. Perché tale ruolo attivo sia concretamente possibile, è necessario di conseguenza il riconoscimento dei citati diritti funzionali alla tutela dell'ambiente, tra cui spicca il diritto all'informazione.

È opportuno evidenziare come il diritto all'informazione nell'àmbito della tutela dell'ambiente possa essere inteso in due modi: si parla, infatti, di informazioni ambientali con riferimento da un lato allo scambio di notizie tra Stati; dall'altro, che in questa sede verrà più diffusamente trattato, alle notizie fornite dagli Stati al pubblico. Tale diritto inoltre, una volta riconosciuto, può essere esercitato concretamente secondo varie articolazioni: si tratta, a seconda dei casi, del solo diritto di accesso alle notizie sullo stato dell'ambiente, oppure del diritto di partecipazione ai procedimenti decisionali in materia ambientale o, ancora, del diritto di accesso agli strumenti giurisdizionali in caso di violazione delle regole a presidio dell'ambiente2. L'idea per cui la tutela dell'ambiente possa essere più efficacemente perseguita attraverso il coinvolgimento del pubblico consentirebbe pertanto di realizzare la c.d. "democrazia adulta", alla cui stregua i cittadini hanno non solo il diritto di sapere ma anche quello di influenzare le decisioni adottate in materia di ambiente3.

Da un punto vista storico, qualche cenno al diritto all'informazione nel diritto internazionale dell'ambiente si ritrova nelle importanti Conferenze svoltesi a partire dal 19724. Il riferimento è innanzitutto alla Conferenza delle

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Nazioni Unite di Stoccolma sull'ambiente umano del 19725, che affronta per la prima volta il problema della cooperazione internazionale in materia di ambiente: al suo interno vengono infatti dichiarati importanti principi successivamente ripresi in altri atti internazionali6.

In questa fase storica, in cui vengono mossi i primi passi verso il riconoscimento dell'ambiente come bene comune da tutelare, il diritto all'informazione -nella sua portata di strumento accessorio o persino di elemento strategico al fine di garantire un'adeguata tutela dell'ambiente -trova ancora scarso rilievo: solo i princìpi 19 e 20 dell'Atto finale della Conferenza di Stoccolma contengono cenni in proposito. Si deve sottolineare, tuttavia, come si faccia genericamente riferimento all'esigenza di sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi dell'ambiente, attraverso la divulgazione delle informazioni. In particolare, nella prima delle due previsioni si esalta il ruolo della divulgazione delle informazioni al fine di responsabilizzare gli individui e le imprese nonché di consentire il progresso in materia ambientale; nel principio 20 viene invece incoraggiata la divulgazione delle notizie scientifiche per poter mettere a disposizione dei Paesi in via di sviluppo le moderne tecnologie. Non si riscontra alcun cenno al diritto all'informazione che, come si vedrà nella sua versione più "matura", si traduce in un vero e proprio diritto di accesso alle notizie concernenti l'ambiente7.

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Malgrado l'assenza nella Dichiarazione di Stoccolma di adeguate previsioni con specifico riguardo al tema in oggetto, non si può fare a meno di riconoscere l'importanza di tale Conferenza almeno nel suo ruolo di impulso all'adozione degli strumenti internazionali intervenuti negli anni successivi, al cui interno verrà espressamente affermato il diritto all'informazione.

La Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo del 19928 rappresenta una tappa fondamentale per l'emersione nella comunità internazionale dell'importanza della tutela dell'ambiente, attraverso la dichiarazione di princìpi ritenuti fondamentali, tra cui spicca il ruolo dell'informazione9. In particolare, si fa strada l'idea che l'informazione e la partecipazione pubblica siano strumenti utili per la realizzazione di un "controllo democratico" sul patrimonio ambientale, secondo le indicazioni del principio 10. Vi si sottolinea come il modo migliore per affrontare le emergenze dell'ambiente sia quello di assicurare la partecipazione di tutti i soggetti interessati -privati e organizzazioni non governative (ONG) -ai processi decisionali maturati in seno ai vari Stati10: perché ciò sia realizzabile è necessario infatti garantire l'accesso alle informazioni sull'ambiente. La partecipazione dei cittadini, si afferma, deve essere garantita su diversi livelli: a livello nazionale, deve essere assicurato l'accesso alle informazioni in possesso delle pubbliche autorità e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali. A rendere ancor più effettivo il controllo democratico sull'ambiente contribuirà la previsione di un diritto di accesso ai procedimenti giudiziari e amministrativi: in tale direzione gli Stati membri dovranno predisporre adeguati mezzi di ricorso e di indennizzo.

Attraverso la Dichiarazione di Rio, come è stato opportunamente evidenziato, muta la relazione uomo-ambiente11: in precedenza veniva preclusa ai privati (cittadini, imprese, ONG) la partecipazione alla fase di selezione degli interessi che gli Stati -e le relative autorità amministrative -devono tutelare; con la Dichiarazione di Rio viene invece inaugurato un nuovo modo di intendere

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la governance ambientale, che vede il ruolo attivo del pubblico. A quest'ultimo viene riconosciuto non solo il diritto di accesso alle informazioni, ma anche quello di partecipazione alle consultazioni nella fase di adozione, da parte delle autorità statali, di atti che possono entrare in conflitto con l'obiettivo di un ambiente salubre. Quanto previsto dal principio 10 viene poi più diffusamente ripreso nell'Agenda 2112, la cui Sezione III è dedicata al ruolo degli individui nello sviluppo dell'ambiente e al suo interno viene ribadita la centralità della partecipazione pubblica al fine di porre in atto l'obiettivo dello sviluppo sostenibile. Il par. 23.2 prevede espressamente il diritto di accesso alle informazioni che siano in possesso delle autorità nazionali concernenti i prodotti e le attività eventualmente dannose per l'ambiente. La sensibilizzazione del pubblico ai temi dell'ambiente, attraverso la formazione e i programmi d'istruzione secondo quanto prescritto al capitolo 36, consente di rendere effettiva la partecipazione pubblica ai processi decisionali in materia di ambiente. La capacità del pubblico di incidere sulle scelte di politica ambientale è resa possibile attraverso la previa procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui al principio 17, poi ripreso nei paragrafi 7.4 e 8.4. Come si può notare, pertanto, nell'Agenda 21 viene esaltato il ruolo dell'informazione e dell'accesso del pubblico alle fasi decisionali come nuovi strumenti per la gestione dell'ambiente.

La partecipazione diffusa ai processi decisionali interni ai vari Stati, realizzabile a seguito di un'adeguata informazione, è stata riaffermata all'interno del Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 200213. Il diritto di informazione così come enunciato nelle Conferenze citate, tuttavia, rischia di rimanere privo di un reale contenuto precettivo, in quanto in assenza di indicazioni precise circa la legittimazione all'accesso alle informazione e circa le modalità e i tempi per il suo esercizio, il diritto di informazione resta un diritto concretamente non esercitabile. Per tali argomentazioni, il diritto all'informazione ha formato oggetto di disciplina in varie convenzioni internazionali, ed in particolare in quella di Åarhus del 1998 "sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale"14.

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Alla luce di tali considerazioni l'Unione europea, già all'indomani della Conferenza di Rio...

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