Le istituzioni politiche dell'Unione europea dopo il Trattato di Lisbona: verso un nuovo equilibrio?

AuthorLuigi Daniele
PositionOrdinario di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli studi di Roma "Tor Vergata"
Pages43-54

Il presente lavoro è destinato anche agli Studi in onore di Pierfrancesco Grossi.

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1. La questione che mi propongo di affrontare nel presente scritto è la seguente: le riforme che il Trattato di Lisbona1 introduce per quanto riguarda le istituzioni politiche dell'Unione europea sono tali da delineare un nuovo equilibrio tra di esse ovvero si limitano ad apportare piccole modifiche ad un quadro istituzionale che, in linea di massima, resta lo stesso dell'attuale? Page 44

Cercare di risolvere una questione del genere è, in verità, assai arduo. Le riforme da prendere in esame sono numerosissime. Esse sono sparse nei due Trattati su cui, dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'Unione si fonderà: il Trattato sull'Unione europea come modificato (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Occorre inoltre tenere conto anche di molti degli infiniti protocolli allegati ai due Trattati, senza dimenticare alcune delle numerosissime dichiarazioni allegate all'Atto finale.

In alcuni casi, si tratta della pura e semplice riproposizione di modifiche o innovazioni che già figuravano del Trattato costituzionale2. Gli studiosi, me compreso, avevano pertanto già avuto modo di esaminarle e di soppesarne l'importanza. Più spesso, invece, si tratta, se non di vere e proprie novità, tirate fuori dal cappello della breve Conferenza intergovernativa, costretta dal mandato impartitole dal Consiglio europeo di Bruxelles del 21 e 22 giugno 2007, di aggiustamenti, di integrazioni, di precisazioni, di piccole modifiche innestate sulle riforme contenute nel Trattato costituzionale che nondimeno ne causano, talvolta, un notevole cambiamento di portata o di significato.

Peraltro domandarsi se le riforme istituzionali del Trattato di Lisbona siano in grado o meno di delineare un nuovo equilibrio istituzionale all'interno dell'Unione richiede che ci si ponga in una duplice prospettiva.

Si deve anzitutto esaminare il problema da un angolo visuale puramente interno all'Unione e domandarsi se il Trattato di Lisbona, con le sue riforme, abbia inciso sui rapporti di forza tra le varie istituzioni, portando ad un assetto che, almeno tendenzialmente, sia diverso dall'attuale.

Si deve inoltre affrontare il medesimo problema dal punto di vista dei rapporti tra l'Unione e i suoi Stati membri. Sebbene il tema possa sembrare estraneo a quello delle riforme istituzionali occorre ricordare che uno dei tratti caratteristici del Trattato di Lisbona è di aver creato o rafforzato una serie di strumenti che consentono agli Stati membri o ad alcuni loro organi, in particolare i parlamenti nazionali, di inserirsi nel dialogo tra le istituzioni politiche dell'Unione e di condizionarne l'azione. Seppure non riguardino le istituzioni in quanto tali né i loro rapporti reciproci, gli strumenti di cui abbiamo detto hanno grande rilevanza ai fini della nostra indagine perché rischiano di determinare un ridimensionamento delle caratteristiche di sovranazionalità dei processi decisionali all'interno dell'Unione e di rafforzare, indirettamente, la posizione delle istituzioni che rappresentano le istanze nazionali, cioè il Consiglio europeo e il Consiglio.

2. Cominciando dalle modifiche che riguardano le istituzioni in quanto tali e influiscono sul reciproco rapporto di forza, due sembrano i tratti più meritevoli di attenzione. Da un lato, in seguito al Trattato di Lisbona, il sistema istituzionale va sempre più orientandosi verso una sorta di bicameralismo, in cui il Page 45 Consiglio e il Parlamento europeo condividono alcune delle funzioni di maggiore importanza a livello di Unione: la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Dall'altro, la formalizzazione del ruolo del Consiglio europeo, attraverso la sua trasformazione in istituzione vera e propria, la creazione di una presidenza permanente, nonché il suo inserimento a pieno titolo nel gioco dei rapporti tra istituzioni, mostra che le tendenze verso il ritorno al metodo intergovernativo, lungi dall'essersi attenutate, si stanno inesorabilmente rafforzando.

Come si è detto, il progressivo riequilibrio di poteri tra il Parlamento europeo e il Consiglio compie un ulteriore passo in avanti con il Trattato di Lisbona.

Si vedano in proposito l'art. 14, par. 1, TUE, per quanto riguarda i compiti del Parlamento europeo, e l'art. 16, par. 1, stesso Trattato, per quanto riguarda le funzioni del Consiglio. Entrambe le disposizioni, esprimono in maniera chiarissima l'idea di un esercizio congiunto di funzioni, in un sistema ove non vi è possibilità che l'una o l'altra istituzione sia in grado di imporre all'altra il proprio volere3.

L'idea di un potere condiviso si realizza, in particolare, per quanto riguarda l'adozione di atti di natura legislativa. Il campo d'applicazione della procedura di co-decisione, leggermente modificata e ridenominata "procedura legislativa ordinaria" (articoli 289 e 294 TFUE) è notevolmente ampliato. Attualmente soltanto circa il 60% delle basi giuridiche che consentono alle istituzioni di adottare atti di tipo legislativo prevedono la procedura di co-decisione. Dopo il Trattato di Lisbona, la procedura legislativa ordinaria sarà prescritta per circa il 90% delle basi giuridiche4.

Ciò è dovuto soprattutto all'abolizione del terzo pilastro e alla sua assimilazione alla disciplina che, in precedenza, era riservata al solo pilastro comunitario. Si veda, ad esempio, l'art. 82, par 1, 2º comma, TFUE, ai sensi del quale il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano misure nel campo della cooperazione giudiziaria in materia penale5.

Anche alcune basi giuridiche previste dall'attuale TCE sono state modificate nel TFUE, nel senso di sostituire la procedura legislativa ordinaria a quella di consultazione. Questo accade, ad esempio, nel settore dell'agricoltura (art. 43, par. 2), del diritto di stabilimento (art. 51, 2º comma), dei servizi (articoli 53, par. 2, e 59, par. 1), dei capitali (art. 64, par. 2), dei controlli alle frontiere, dell'asilo e dell'immigrazione (articoli 77, par. 2, 78, par. 2, e 79, par. 4). Perfino la costituzione dei tribunali speciali (nuova denominazione delle camere giurisdizionali previste dall'attuale art. 225 A) è decisa in base alla procedura legislativa ordinaria (art. 257). Caso a sé costituisce la sostituzione della procedura Page 46 legislativa ordinaria per quanto riguarda la materia dei fondi a finalità strutturale. L'art. 161, 1º comma, attualmente in vigore, infatti già prevede un ampio potere per il Parlamento, richiedendosi il suo parere conforme. Tuttavia il passaggio anche in questo caso alla procedura legislativa ordinaria prevista dal nuovo art. 177, 1º comma, costituisce senz'altro un progresso come meglio si chiarirà più avanti, quando parleremo della partecipazione del Parlamento europeo alla conclusioni degli accordi internazionali dell'Unione.

Certo, permane un certo numero di basi giuridiche che, al posto della procedura legislativa ordinaria, prescrivono l'applicazione di una procedura legislativa speciale, il che, in generale, significa che è necessaria una deliberazione all'unanimità da parte del Consiglio, con semplice consultazione del Parlamento europeo. Si veda, per esempio, l'art. 87, par. 3, che in deroga al par. 2, prevede una siffatta procedura per l'adozione di misure riguardanti la cooperazione operativa tra le autorità di polizia. Tuttavia anche in questi casi non si tratta di atti legislativi approvati dal solo Consiglio, ma, come precisa l'art. 289, par. 2, di atti adottati dal Consiglio "con la partecipazione del Parlamento europeo".

Il riequilibrio di poteri tra Parlamento europeo e Consiglio in merito alla funzione legislativa si avverte anche per quanto riguarda la delega alla Commissione del potere di adottare "atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano elementi non essenziali dell'atto legislativo" (art. 290, par. 1, TFUE). L'istituto della delega di poteri normativi alla Commissione, benché già noto nella prassi e avallato dalla giurisprudenza6, non era finora previsto a livello di Trattato. Esso costituisce pertanto un'importante novità introdotta dal Trattato di Lisbona. A sottolineare che la delega alla Commissione trova la sua origine in un potere condiviso del Parlamento europeo e del Consiglio, il par. 2 dell'art. 290 prevede che...

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