K and L v Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid.
Jurisdiction | European Union |
Date | 11 June 2024 |
Court | Court of Justice (European Union) |
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
11 giugno 2024 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Politica comune in materia di asilo – Direttiva 2011/95/UE – Condizioni per la concessione dello status di rifugiato – Articolo 2, lettere d) e e) – Motivi di persecuzione – Articolo 10, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 2 – “Appartenenza a un determinato gruppo sociale” – Articolo 4 – Esame individuale dei fatti e delle circostanze – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 10, paragrafo 3 – Criteri applicabili all’esame delle domande di protezione internazionale – Articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Interesse superiore del minore – Determinazione – Cittadine di un paese terzo minori che si identificano nel valore fondamentale della parità tra uomini e donne in ragione del loro soggiorno in uno Stato membro»
Nella causa C‑646/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats ’s-Hertogenbosch (Tribunale dell’Aia, sede di ’s-Hertogenbosch, Paesi Bassi), con decisione del 22 ottobre 2021, pervenuta in cancelleria il 25 ottobre 2021, nel procedimento
K,
L
contro
Staatssecretaris van Justitie an Veiligheid,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, C. Lycourgos, E. Regan, F. Biltgen e N. Piçarra (relatore), presidenti di sezione, P.G. Xuereb, L.S. Rossi, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl, I. Ziemele e J. Passer, giudici,
avvocato generale: A.M. Collins
cancelliere: A. Lamote, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 aprile 2023,
considerate le osservazioni presentate:
– per K e L, da B.W.M. Toemen e Y.E. Verkouter, advocaten, assistiti da S. Rafi, esperta;
– per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, A. Hanje e A.M. de Ree, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, da L. Halajová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki e T. Papadopoulou, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis e A. Pérez-Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti;
– per il governo francese, da A.-L. Desjonquères e J. Illouz, in qualità di agenti;
– per il governo ungherese, da Zs. Biró-Tóth e M.Z. Fehér, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da A. Azéma e F. Wilman, in qualità di agenti;
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 luglio 2023,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera d) e paragrafo 2, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra K e L, da un lato, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi), dall’altro, in merito al rigetto da parte di quest’ultimo delle loro domande reiterate di protezione internazionale.
Contesto normativo
Diritto internazionale
Convenzione di Ginevra
3 Ai sensi dell’articolo 1, sezione A, punto 2, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], entrata in vigore il 22 aprile 1954, come integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»), «[a]i fini della presente Convenzione, il termine “rifugiato” è applicabile: a chiunque, (...) nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; (...)».
La CEDAW
4 Ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (in prosieguo: la «CEDAW»), adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, entrata in vigore il 3 settembre 1981 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1249, n. I-20378, pag. 13) e di cui tutti gli Stati membri sono parti, «[a]i fini [della presente convenzione], l’espressione “discriminazione nei confronti della donna” concerne ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, da parte delle donne quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti [umani] e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, su una base di parità tra l’uomo e la donna».
5 L’articolo 3 di tale convenzione prevede che gli Stati parte prendono in ogni campo, ed in particolare nei campi politico, sociale, economico e culturale, ogni misura adeguata, incluse le disposizioni legislative, al fine di assicurare il pieno sviluppo ed il progresso delle donne e garantire loro, su una base di piena parità con gli uomini, l’esercizio e il godimento dei diritti [umani] e delle libertà fondamentali.
6 Ai sensi dell’articolo 5 di detta convenzione, gli Stati parte prendono ogni misura adeguata al fine di modificare gli schemi e i modelli di comportamento socio-culturale degli uomini e delle donne e di giungere ad una eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di altro genere, che siano basate sulla convinzione dell’inferiorità o della superiorità dell’uno o dell’altro sesso o sull’idea di ruoli stereotipati degli uomini e delle donne.
7 Ai sensi degli articoli 7, 10 e 16 della medesima convenzione, gli Stati parte prendono ogni misura adeguata ad eliminare la discriminazione nei confronti delle donne nella vita politica e pubblica del paese, per quanto concerne l’educazione nonché in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari.
Convenzione di Istanbul
8 Conformemente al suo articolo 1, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conclusa a Istanbul l’11 maggio 2011, firmata dall’Unione europea il 13 giugno 2017, approvata a nome di quest’ultima con decisione (UE) 2023/1076 del Consiglio, del 1º giugno 2023 (GU 2023, L 143 I. pag. 4) (in prosieguo: la «convenzione di Istanbul»), ed entrata in vigore, per quanto riguarda l’Unione, il 1º ottobre 2023 ha in particolare l’obiettivo di proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica, nonché di contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne.
9 L’articolo 3 di tale convenzione precisa che, ai fini della sua applicazione, con l’espressione «violenza nei confronti delle donne» si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.
10 L’articolo 4, paragrafo 2, della convenzione suddetta così dispone:
«Le Parti condannano ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e adottano senza indugio le misure legislative e di altro tipo necessarie per prevenirla, in particolare:
– inserendo nelle loro costituzioni nazionali o in qualsiasi altra disposizione legislativa appropriata il principio della parità tra i sessi e garantendo l’effettiva applicazione di tale principio;
– vietando la discriminazione nei confronti delle donne, ivi compreso procedendo, se del caso, all’applicazione di sanzioni;
– abrogando le leggi e le pratiche che discriminano le donne».
11 L’articolo 60 della convenzione di Istanbul è del seguente tenore:
«1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che la violenza contro le donne basata sul genere possa essere riconosciuta come una forma di persecuzione ai sensi dell’articolo 1, [sezione] A, [punto 2,] della [Convenzione di Ginevra] e come una forma di grave pregiudizio che dia luogo a una protezione complementare/sussidiaria.
2 Le Parti si accertano che un’interpretazione sensibile al genere sia applicata a ciascuno dei motivi della [convenzione di Ginevra], e che nei casi in cui sia stabilito che il timore di persecuzione è basato su uno o più di tali motivi, sia concesso ai richiedenti asilo lo status di rifugiato, in funzione degli strumenti pertinenti applicabili.
(...)».
Diritto dell’Unione
12 Ai sensi dei considerando 4, 16, 18 e 30 della direttiva 2011/95:
«(4) La convenzione di Ginevra e il relativo protocollo costituiscono la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.
(...)
(16) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella...
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