L'impresa europea: un pilastro del modello economico dell'Unione Europea

AuthorDaniela Felisini - Franco Mosconi
ProfessionUniversità degli Studi di Roma Tor Vergata - Università degli Studi di Parma
Pages21-49
Impresa europea e modello economico europeo
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L’impresa europea:
un pilastro del modello economico dell’Unione Europea
Daniela Felisini* e Franco Mosconi**
Abstract. The paper examines, in the light of the global economic crisis, the issue of the
renewal of the European economic structure, devoting particular attention to the European
industrial policy, analyzed in its historical roots and its future developments.
Keywords: European Enterprise; European Industrial Policy; European Manufacturing
1. Il modello europeo
La grave crisi economico-finanziaria esplosa nel 2008 ha messo in
evidenza – ed in taluni casi acuito – le fragilità strutturali di alcuni pa-
esi europei, portando ad una crescente divaricazione tra i membri
dell’Unione. È apparsa chiara la difficoltà di trovare soluzioni condi-
vise. E a più livelli sono emersi dissensi e critiche, anche radicali, alla
costruzione europea. È tempo dunque di una riflessione sui punti di
forza del processo di integrazione. Tra questi vi è sicuramente il mo-
dello europeo, un modello economico e sociale fondamento e, al tem-
po stesso, risultato di oltre cinquant’anni di crescita e di convergenza
tra le regioni dell’Europa, pur con squilibri e divari.
Esso ha una sua forza reale, tanto da essere oggetto di rinnovato ap-
prezzamento da parte di studiosi ed istituzioni ispirati da culture econo-
miche diverse. È del 2012, ad esempio, il rapporto della Banca Mondiale,
dal titolo significativo Restoring the lustre of the European economic
model, che ne documenta le rilevanti realizzazioni (Gill, Raiser 2012).
E anche la Harvard Business School negli ultimi tempi ha riaperto il di-
battito sul capitalismo industriale di matrice europea, considerato un
fondamento per l’elaborazione di possibili strategie contro la crisi,
orientate ad «un nuovo umanesimo economico e imprenditoriale»1.
* Università degli Studi di Roma Tor Vergata
** Università degli Studi di Parma
In questo saggio, frutto di una riflessione comune dei due Autori, i paragrafi 1, 2, 3
vanno attribuiti a Daniela Felisini, i paragrafi 4, 5, 6 e 7 a Franco Mosconi.
1 Così Enrico Sassoon nelle sue considerazioni di apertura al supplemento Looking forward
di Harvard Business Review Italia, n. 7/8, 2011. Interessanti, in tal se nso, anche l’articolo di T.A.
Daniela Felisini e Franco Mosconi
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È una “riscoperta” importante, considerato che, nella prima metà
degli anni 2000, il declino relativo dell’Europa veniva attribuito pro-
prio “all’ostinazione con la quale l’Europa difende[va] il progetto, da
molti considerato bizzarro, di accoppiare l’aggettivo «sociale» al-
l’«economia di mercato» (Franzini, Supino, 2005, p. 1). Il modello ha,
infatti, un riferimento primario proprio nell’“economia sociale di mer-
cato”, e come tale è stato recepito nel testo della Costituzione euro-
pea2. Se è stato inserito nella Costituzione è perché lo si considera un
elemento irrinunciabile della costruzione europea, ma, a costo di esse-
re impopolari, non si può non riconoscere che è un modello controver-
so e sfaccettato, di cui non è agevole individuare una definizione effet-
tivamente comune. Quella maggiormente condivisa delinea un insie-
me articolato di strumenti con i quali il regolatore pubblico e la società
traducono una certa cultura economica e dei diritti e una concezione
della solidarietà tra i gruppi sociali, le generazioni e i territori della
comunità cui si appartiene. Su una simile affermazione generale il
consenso è ampio, così come sugli elementi sociali costitutivi del mo-
dello: la presenza in tutti i paesi dell’Unione di livelli relativamente
elevati di protezione sociale; un’offerta di servizi di interesse generale,
erogati da attori pubblici, privati e misti, e oggetto di regolamentazio-
ne; il dialogo sociale, ossia l’importanza delle parti sociali nella for-
mazione delle decisioni politiche e di impresa, che si manifesta con
l’alto grado di organizzazione degli interessi e con la presenza di ca-
nali istituzionalizzati di negoziazione. Accanto a questi tre elementi
“classici”, ne è stato inserito un altro, ossia una struttura dei redditi e
delle retribuzioni in genere più egualitaria nell’Unione rispetto ad altri
paesi; un’aggiunta significativa, che deriva dal confronto con realtà di
recente impetuoso sviluppo, come la Russia del “capitalismo oligar-
chico” (Baumol, Litan, Schramm, 2007, pp. 76 e segg.), ma anche con
grandi paesi democratici come gli Stati Uniti, in cui si assiste in questi
ultimi anni ad una stratificazione verso l’alto della società, con effetti
di crescente ineguaglianza (World Bank, 2012; Stiglitz, 2012). E che
assume una valenza particolarmente importante oggi, che la crisi ha
Kochan (2012), in cui l’autore (docente di Management alla Sloan School of Management del Mit)
propone di passare a pratiche di impresa miranti ad ottenere lavoratori ad alta capacità colla-
borativa con forti investimenti nella formazione, l’impegno a costruire la fiducia in azienda
per risolvere i problemi e stimolare l’innovazione, sistemi di compensazione che allineino
l’interesse della società con quelli dei dipendenti, partnership tra management e lavoratori.
2 Si fa riferimento al testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa quale è
stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione
europea del 16 dicembre 2004 (serie C, n. 310). Su questo tema si veda G. Bronzini (2003,
pp. 90-107); G. Borgna (2004).

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