L'integrazione dei mercati europei e Latinoamericani alla prova della concorrenza fiscale

AuthorAdriano Di Pietro
Pages1-20
Studi Tributari Europei 1/2017
© Copyright Seast Tutti i diritti riservati
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L'integrazione dei mercati europei e
Latinoamericani alla prova della concorrenza fiscale*
Adriano Di Pietro1
I presidi fiscali nazionali e l’integrazione dei mercati
Integrazione dei mercati e libertà economiche rappresenta nell’Unione
europea un’endiadi coerente e irrinunciabile.
Integrare i mercati significa, dal punto di vista fiscale, superare i limiti
territoriali degli scambi: quelli posti dagli ordinamenti giuridici nazionali con
controlli sia sulle merci alle frontiere, sia sugli investimenti finanziari e su
quelli industriali o commerciali, sia sulla localizzazione e sulla
delocalizzazione territoriale delle attività economiche.
La fiscalità nazionale aveva certo contribuito a presidiare i propri mercati. Lo
aveva fatto e continua a farlo. Le scelte fiscali sono molteplici a seconda dei
settori economici cui si riferiscono gl’interventi. Gli Stati possono imporre
dazi per aumentare il costo fiscale alle merci importate a protezione di
quelle prodotte e scambiate nel territorio. Gli Stati possono penalizzare gli
investimenti finanziari all’estero con regimi fiscali differenziati e più onerosi
rispetto a quelli nel proprio territorio. Gli Stati possono incentivare
gl’investimenti industriali o commerciali che comportino insediamenti nel
territorio nazionale così come possono penalizzare i disinvestimenti
nazionali a seguito della delocalizzazione delle attività fuori del territorio
nazionale.
Questi presidi fiscali nazionali hanno perso ora il loro primato. Il loro ruolo è
stato progressivamente ridimensionato a mano a mano che in Europa i
mercati nazionali si sono integrati per dare origine a quello che è stato
* Come citare questo articolo: A. DI PIETRO, L’integrazione dei mercati europei e
latinoamericani alla prova della co ncorrenza fiscale, in Studi Tributari Europei, n. 1/2017
(ste.unibo.it) pp. 1-20, DOI: 10.6092/issn.2036-3583/8845
1 Direttore Responsabile della Rivista “Studi Tributari Europei”. Già Professore Ordinario di
Diritto Tributario presso l’Università degli Studi di Bologna.
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definito, fin dal Trattato di Roma, uno spazio di libero scambio con pari
condizioni di concorrenza. Questa, nel 1957, era, per gli Stati che dettero
origine alla Comunità Economica Europea, una scelta di convenienza e di
utilità economica: entrambe tutte nazionali, per conquistare uno spazio
economico in cui far operare liberamente gli scambi. Questi, infatti, sottratti
alle competizioni nazionali, avrebbero certo contribuito a rafforzare le
economie nazionali, grazie anche alle libertà di circolazione che avrebbero
costituito un corollario importante delle scelte nazionali di politica
economica. Nello stesso tempo un mercato comune, come quello allora
immaginato, avrebbe consentito agli Stati di meglio reagire a quelle
politiche protezionistiche che enfatizzavano ed enfatizzano il ruolo egemone
delle economie più forti.
L’Europa insegna che l’efficacia o meno dei presidi fiscali a tutela dei
mercati nazionali dipende dal loro grado d’integrazione. Questa ha richiesto
agli Stati un impegno politico ultradecennale che è cresciuto a mano a mano
che gli Stati acquisivano consapevolezza del vantaggio che le economie
nazionali avrebbero tratto da un mercato unico. Con la sua creazione e con
il suo consolidamento avrebbero dovuto venire meno le ragioni delle
protezioni fiscali nazionali; anzi, proprio il loro permanere avrebbe potuto
costituire ostacolo al pieno sviluppo del mercato europeo nel momento in
cui i regimi nazionali avrebbero potuto restringere le relative libertà
economiche.
La difficile integrazione dei mercati nel Continente Latino Americano tra aree
di libero scambio e unioni doganali
Abbandonare i presidi fiscali nazionali per la creazione di un mercato unico
che sarebbe stato presidiato dal primato di un ordinamento come quello
europeo, avrebbe richiesto una responsabilità politica troppo elevata per i
Paesi del Latino America dei quali erano note le differenze politiche,
economiche e culturali. Tutti però, grandi e piccoli Stati del Continente
americano, non avrebbero potuto da soli affrontare con successo
un’economia che trovava fuori dei confini nazionali le ragioni del proprio
sviluppo e della propria affermazione. Quelle stesse ragioni che hanno
indotto tanti Stati del Continente a ricercare forme d’integrazione dei loro

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