La strategia commerciale dell'Unione europea tra regionalismo economico e multilateralismo: quale ruolo per gli accordi di libero scambio di nuova generazione?

AuthorClaudio Di Turi
PositionAssociato di Diritto internazionale nell'Università della Calabria
Pages81-101
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Studi sull’integrazione europea, IX (2014), pp. 81-101
Claudio Di Turi*
La strategia commerciale
dell’Unione europea
tra “regionalismo economico
e multilateralismo: quale ruolo
per gli accordi di libero scambio
di nuova generazione?
S: 1. Introduzione. – 2. La politica commerciale dell’Unione europea dopo il Trattato
di Lisbona e la nuova strategia della Commissione circa la conclusione di accordi di libero
scambio. – 3. Il c.d. “regionalismo economico”. La disciplina degli accordi di libero scambio
nel sistema dell’Organizzazione mondiale del commercio, tra requisiti sostanziali e procedi-
menti di controllo. – 4. Costi e benefici associati agli accordi di libero scambio. Il problema
della loro compatibilità con il multilateralismo commerciale dell’OMC. – 5. Gli accordi con
la Corea e il Perù/Colombia: sviluppo sostenibile, diritti umani, soluzione delle controversie.
– 6. Conclusioni.
1. La crisi economico-finanziaria che coinvolge quasi tutte le principali aree
produttive del mondo sta avendo gravissime ripercussioni sui Paesi membri dell’U-
nione europea, e segnatamente sugli investimenti, interni ed esteri, la domanda
di beni e servizi, il mantenimento dei livelli occupazionali, la crescita e il tasso
di sviluppo, non solo economico ma anche sociale e civile1. Un ulteriore fattore
* Associato di Diritto internazionale nell’Università della Calabria.
1 Cfr. la recente risoluzione del Parlamento europeo, 18 aprile 2013, Impatto della crisi nanziaria
ed economica sui diritti umani, doc. P7_TA(2013)179 (‘considerando’ F del preambolo), e la comu-
nicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle Regioni, del 3 ottobre 2012, L’Atto per il Mercato Unico II. Insieme per
una nuova crescita, COM(2012)573 def., in cui viene ribadita l’importanza del mercato interno per
realizzare un’economia sociale di mercato competitiva, in cui la coerenza e la complementarità delle
politiche interne ed esterne favoriscano gli scambi e la crescita. Sul ruolo del diritto rispetto alla crisi,
cfr. C. T, M. L, The Role and Prospects of International Law in Financial Regulation and
Supervision, in European Journal of International Law, 2010, p. 663 ss.; J. T, The Interna-
tional Law of Financial Crisis: Spillovers, Subsidiarity, Fragmentation and Cooperation, ivi, p. 719
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d’instabilità è costituito dal progressivo deterioramento delle finanze pubbliche in
molti importanti Paesi dell’Unione, con elevati livelli di deficit e indebitamento
rispetto al PIL, che ha costretto molti Stati membri a destinare consistenti quote del
proprio bilancio nazionale al finanziamento del debito pubblico. Allarmano pure
il crescente divario di produttività dei fattori di produzione dell’industria europea
rispetto ad alcuni tra i principali competitori sui mercati internazionali, tra i quali i
Paesi c.d. BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica)2, la progressiva perdita
di competitività aggravata dall’emergere o dal consolidarsi di rigidità in taluni mer-
cati (es.: il mercato del lavoro), nonché il perdurante protezionismo in taluni settori
quali, ad es., il commercio di beni agricoli3. La contrazione dei flussi commerciali,
e l’alterazione di consolidati equilibri produttivi e di scambio tra i diversi Paesi,
hanno contribuito a provocare lo stallo dei negoziati del c.d. Doha Round4, con
negative ripercussioni sulla credibilità istituzionale dell’Organizzazione mondiale
del commercio (OMC)5, e sugli impegni in materia di sviluppo assunti dai Paesi più
ss. e, in una prospettiva storico-politica, A. P, Le conseguenze della crisi economico-nanziaria sul
sistema delle relazioni internazionali, in La Comunità internazionale, 2010, p. 383 ss.
2 L’opportunità d’instaurare o rafforzare relazioni con ciascuno di tali Paesi, quale conseguenza
della progressiva “multipolarizzazione” delle relazioni economiche internazionali e della necessità
per l’UE di evitare fenomeni di frammentazione politico-economica e perdita della propria inuen-
za politico-economica, è sottolineata nella risoluzione del Parlamento europeo, 2 dicembre 2012,
La politica estera dell’UE nei confronti dei Paesi BRICS e di altre potenze emergenti, doc. P7_TA
(2012)17.
3 Nel rapporto dell’Organizzazione e lo sviluppo economico (OCSE) Perspectives on Global De-
velopment 2010: Shifting Wealth, www.oecdbookshop.org, entro il 2015 il 90% della crescita mondiale
sarà generato fuori dall’Europa, mentre i Paesi in via di sviluppo e le economie emergenti rappresente-
ranno probabilmente il 60% del PIL mondiale nel 2030. Secondo dati Eurostat, citati nella risoluzione
del Parlamento europeo, 27 settembre 2011, Nuova politica commerciale per l’Europa nel quadro della
strategia Europa 2020, doc. P7_TA (2011)412, l’UE rappresentava nel 2000 il 25% del PIL mondiale,
ma la percentuale scenderà al 18% nel 2020; le due principali economie emergenti (Cina e India) che
totalizzavano nel 2000 il 10 % del PIL mondiale raggiungeranno il 25% nel 2020.
4 Com’è noto, il c.d. Doha Round è stato avviato nel 2001 per rafforzare il sistema multilaterale
degli scambi attraverso la creazione di nuove opportunità di accesso ai mercati, la rimozione degli squi-
libri e l’accentuazione dell’importanza dello sviluppo sostenibile (anche) mediante l’integrazione dei
PVS nei circuiti commerciali al ne di contribuire ad un commercio più equo grazie alla partecipazione
ad esso di tutti gli attori economici. Sulle cause dell’attuale stallo nei negoziati, che non è possibile
approfondire in questa sede, mi limito a rinviare alla spiegazione avanzata nella risoluzione del Parla-
mento europeo, 14 settembre 2011, Andamento dei negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo, doc.
P7_TA (2011)380, che sorprendentemente imputa ai Paesi c.d. BRICS la responsabilità del mancato
conseguimento degli obiettivi del ciclo negoziale (par. 13), e alla diversa prospettiva dell’OMC, con-
tenuta nel Chairman Concluding Statement dell’ottava Conferenza ministeriale (Ginevra, 15-17 di-
cembre 2011), WT/MIN(11)11, ove l’impasse viene spiegata con l’esistenza di “signicantly different
perspectives on the possible results that Members can achieve in certain areas of the single undertaking
(…)”, tanto che “(…) it is unlikely that all elements of the Doha Development Round could be conclu-
ded simultaneously in the near future” (p. 3). In argomento, v. pure il rapporto redatto dall’High Level
Trade Experts Group, J. B, P. S (eds.), The Doha Round: Setting a Deadline,
Dening a Final Deal, 2011, www.number10.gov.uk.
5 Sul rapporto tra crisi economica e OMC, cfr. B. M, Reections on the World Trade Orga-
nization and the Prospects for its Future, in Melbourne Journal of International Law, 2009, p. 49 ss.;
B. R, The Critical Success of the WTO: Trade Policies of the Current Economic Crisis, in Journal
of International Economic Law, 2010, p. 475 ss.

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