Opinion of Advocate General Kokott delivered on 21 November 2024.
Jurisdiction | European Union |
Celex Number | 62022CC0777 |
ECLI | ECLI:EU:C:2024:973 |
Date | 21 November 2024 |
Court | Court of Justice (European Union) |
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATA GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 21 novembre 2024 (1)
Cause riunite C‑777/22 P e C‑789/22 P
Banca centrale europea (BCE)
contro
Francesca Corneli (C‑777/22 P)
e
Commissione europea
contro
Francesca Corneli (C‑789/22 P)
« Impugnazione – Politica economica e monetaria – Meccanismo di vigilanza unico – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Articolo 4, paragrafo 3, primo comma – Applicazione da parte della BCE del diritto nazionale di recepimento di direttive – Direttiva 2014/59/UE – Articolo 29, paragrafo 1, prima frase – Applicabilità diretta – Obbligo a carico dei singoli – Interpretazione conforme – Controllo in sede giurisdizionale dell’applicazione del diritto nazionale da parte della BCE – Decisione della BCE di assoggettare Banca Carige SpA ad amministrazione straordinaria – Ricorso di annullamento proposto da un’azionista di minoranza – Ricevibilità – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Incidenza diretta e individuale – Persistenza dell’interesse ad agire »
Indice
I. Introduzione
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
B. Diritto nazionale
III. Fatti all’origine della controversia
A. Fatti
B. Sentenza impugnata
IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti
V. Analisi
A. Sintesi dei motivi di impugnazione e ordine di esame
B. Motivi di impugnazione relativi alla ricevibilità del ricorso
1. Legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE
a) Incidenza diretta
b) Incidenza individuale
2. Persistenza dell’interesse ad agire
3. Conclusione intermedia
C. Motivi di impugnazione relativi alla fondatezza del ricorso: violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 29 della direttiva 2014/59 e con l’articolo 70, primo comma, del testo unico bancario
1. Ordine di esame
2. Applicabilità diretta e primato dell’articolo 29, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2014/59
a) Struttura normativa dell’articolo 29, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2014/59
b) Applicabilità diretta dell’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59 a sfavore della banca e dei suoi azionisti
3. In subordine: applicazione diretta dell’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59 da parte della BCE
a) La BCE quale destinataria di disposizioni di direttive direttamente applicabili
b) Conseguenze dell’applicabilità diretta dell’articolo 29, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2014/59 a sfavore della banca e dei suoi azionisti
4. Interpretazione conforme alla direttiva dell’articolo 69 octiesdecies, primo comma, lettera b), e dell’articolo 70, primo comma, del testo unico bancario
5. Diritto nazionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1024/2013 quale «diritto» o «fatto»
6. Ricevibilità della censura relativa all’interpretazione conforme dell’articolo 69 octiesdecies, primo comma, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 70, primo comma, del testo unico bancario
7. Conclusione intermedia
VI. Conclusione
I. Introduzione
1. Le impugnazioni riunite della Banca centrale europea (in prosieguo: la «BCE») e della Commissione europea (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti») di cui trattasi hanno ad oggetto una sentenza del Tribunale (in prosieguo: la «sentenza impugnata») (2), con cui quest’ultimo ha annullato le decisioni della BCE del 1º gennaio e del 29 marzo 2019 (in prosieguo: le «decisioni controverse»). Mediante dette decisioni, la BCE aveva assoggettato la Banca Carige SpA (in prosieguo: la «banca») ad amministrazione straordinaria (3) e l’aveva prorogata fino al 30 settembre 2019 (4).
2. La sig.ra Corneli, ricorrente in primo grado e resistente in sede di impugnazione, era uno dei numerosi azionisti di minoranza della banca.
3. In primo luogo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver erroneamente giudicato ricevibile il ricorso. Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che la sig.ra Corneli avesse un (persistente) interesse ad agire per ottenere l’annullamento delle decisioni controverse e che queste ultime la riguardassero direttamente e individualmente ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4, TFUE. A tal riguardo, il Tribunale ha distinto, in relazione all’amministrazione straordinaria della banca disposta dalla BCE, la situazione della sig.ra Corneli dalla situazione degli azionisti che ha dato luogo alla sentenza BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (5) (in prosieguo: la «sentenza Trasta Komercbanka»). Infatti, in quest’ultima causa, gli azionisti avevano impugnato una decisione con cui la BCE revocava l’autorizzazione della banca in questione. La Corte aveva ritenuto che detti azionisti non fossero direttamente interessati dalla decisione in parola, cosicché aveva respinto il loro ricorso di annullamento in quanto irricevibile. Infatti, esso aveva prodotto solo effetti economici negativi nei confronti degli stessi, ma non aveva inciso sulla loro situazione giuridica (6).
4. In secondo luogo, nell’ambito della fondatezza del ricorso, le ricorrenti lamentano, in sostanza, una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento (UE) n. 1024/2013 da parte del Tribunale (7). A tal riguardo, si pongono importanti questioni di diritto ancora non chiarite nella giurisprudenza della Corte. Esse riguardano la portata dell’obbligo della BCE, ivi previsto, di applicare, nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza sugli enti creditizi nel quadro del meccanismo di vigilanza unico, anche il diritto nazionale di recepimento del pertinente diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 2014/59/UE (8), applicabile nel caso di specie:
– La BCE è tenuta ad applicare il diritto nazionale quale è adottato dal legislatore per recepire una direttiva nonché interpretato e applicato dai giudici nazionali, anche se esso è in contrasto con le disposizioni della stessa direttiva?
– In caso di diretta applicabilità delle disposizioni di una direttiva, non solo le autorità e i giudici degli Stati membri, ma anche la BCE devono applicare esclusivamente le disposizioni di cui trattasi, disapplicando il diritto nazionale ad esse contrario in virtù del principio del primato del diritto dell’Unione?
– Nell’ipotesi in cui non sia ipotizzabile un’applicazione diretta delle disposizioni di una direttiva, ad esempio perché esse creano obblighi per i singoli, la BCE è tenuta a rispettare i principi applicabili ai fini di un’interpretazione conforme del diritto nazionale?
– A tal riguardo, la BCE deve ricorrere ai metodi di interpretazione riconosciuti nell’ordinamento nazionale e alla pertinente giurisprudenza dei giudici degli Stati membri?
5. A mio avviso, la BCE, in quanto istituzione dell’Unione, non può, in considerazione dei fondamentali postulati della salvaguardia dell’uniformità e dello Stato di diritto nell’ordinamento dell’Unione, in ultima analisi essere tenuta, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1024/2013, a violare deliberatamente il diritto dell’Unione applicando il diritto nazionale in contrasto con esso. Tuttavia, se dovesse agire in tal senso, i giudici dell’Unione dovrebbero correggere detto approccio. Nondimeno, tali questioni e la motivazione di un siffatto esito sono molto controverse anche in dottrina (9). A tal riguardo, occorre precisare la questione, altrettanto controversa, relativa ai criteri di controllo applicabili nel procedimento di annullamento in primo grado e nel successivo giudizio di impugnazione per quanto riguarda gli atti della BCE volti all’applicazione di disposizioni nazionali (10).
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
6. Il contesto normativo dell’Unione applicabile nella presente causa è costituito essenzialmente dal regolamento n. 1024/2013 e dalla direttiva 2014/59.
1. Regolamento n. 1024/2013
7. Il considerando 34 del regolamento n. 1024/2013 così recita:
«Nell’assolvimento dei suoi compiti e nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza, la BCE dovrebbe applicare le norme sostanziali concernenti la vigilanza prudenziale degli enti creditizi. Queste norme sono costituite dal pertinente diritto dell’Unione, in particolare i regolamenti direttamente applicabili o le direttive, ad esempio quelle sui requisiti patrimoniali degli enti creditizi e sui conglomerati finanziari. Laddove le norme sostanziali concernenti la vigilanza prudenziale degli enti creditizi siano stabilite in direttive, la BCE dovrebbe applicare la legislazione nazionale di recepimento. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e in settori in cui, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, i suddetti regolamenti concedono esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE dovrebbe applicare anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni. Tali opzioni dovrebbero essere intese nel senso di escludere le opzioni a disposizione esclusivamente delle autorità competenti o designate. Ciò non osta al principio del primato del diritto dell’Unione. Ne consegue che la BCE, allorché adotta orientamenti o raccomandazioni o prende decisioni, dovrebbe basarsi sul pertinente diritto vincolante dell’Unione e agire in conformità di quest’ultimo».
8. L’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1024/2013 prevede quanto segue:
«Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni».
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