Opinion of Advocate General Pikamäe delivered on 9 September 2020.

JurisdictionEuropean Union
Celex Number62019CC0225
ECLIECLI:EU:C:2020:679
Date09 September 2020
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 9 settembre 2020 (1)

Cause riunite C-225/19 e C-226/19

R.N.N.S. (C-225/19)

K.A. (C-226/19)

contro

Minister van Buitenlandse Zaken

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Regolamento (CE) n. 810/2009 – Articolo 32 – Codice comunitario dei visti – Decisione di rifiuto di visto – Diritto del richiedente di proporre ricorso contro tale decisione – Diritto a un ricorso giurisdizionale – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Buona amministrazione»






I. Introduzione

1. Entrambe le domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi) ai sensi dell’articolo 267TFUE hanno ad oggetto l’interpretazione dell’articolo 32 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (in prosieguo: il «codice dei visti») (2), letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2. Tali domande sorgono nell’ambito di due controversie tra i ricorrenti nei procedimenti principali e le autorità olandesi competenti in ordine al rigetto, da parte di queste ultime, delle domande di visto presentate dai rispettivi ricorrenti. L’oggetto delle questioni pregiudiziali proposte alla Corte è, sostanzialmente, quello di stabilire se uno Stato membro, che prende la decisione definitiva di respingere una domanda di visto in forza dell’articolo 32, paragrafo 1, del codice dei visti dopo che un altro Stato membro ha formulato obiezioni al rilascio di un visto a motivo di una minaccia imminente per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, o per le relazioni internazionali di uno Stato membro, sia tenuto a comunicare, nella sua decisione di rigetto o nel corso della successiva procedura di ricorso, l’identità dello Stato membro che ha formulato le obiezioni e quale motivazione nel merito tale Stato membro abbia fatto valere al riguardo. Un’altra questione sottostante alle controversie nei procedimenti principali riguarda i rimedi giuridici disponibili per contestare le suddette obiezioni al rilascio di un visto.

3. Le presenti cause offrono alla Corte una nuova occasione per pronunciarsi sul diritto ad un ricorso effettivo, quale discende dall’articolo 47 della Carta, nel settore della politica comune dei visti, caratterizzato da un’armonizzazione legislativa parziale (3), in cui l’autonomia procedurale degli Stati membri svolge ancora un ruolo non trascurabile, e ciò malgrado il fatto che il codice dei visti, in quanto strumento che disciplina le condizioni di rilascio, di annullamento o di abrogazione dei visti uniformi, richieda, in linea di massima, un’applicazione uniforme (4) da parte di tutte le autorità degli Stati membri – rientrino esse nel potere esecutivo o nel potere giudiziario – per garantire un’attuazione coerente di tale politica.

4. Il legislatore dell’Unione ha lasciato agli Stati membri il compito di garantire l’applicazione delle disposizioni del codice dei visti conformemente alle loro norme di procedura rispettive, imponendo tuttavia l’obbligo di rispettare talune garanzie procedurali riconosciute nell’ordinamento giuridico dell’Unione e che costituiscono un’espressione dello Stato di diritto, e cioè l’obbligo di motivazione e il diritto di ricorso. Spetterà alla Corte il compito di chiarire la portata di tali garanzie procedurali e di spiegare come esse debbano essere attuate nell’ambito dell’applicazione delle norme di procedura nazionali quando un ricorso è proposto contro un rifiuto di visto, prendendo nel contempo in considerazione le specificità del settore della politica comune dei visti. Così facendo, la Corte non soltanto difenderà lo Stato di diritto, ma contribuirà altresì a conseguire gli obiettivi di tale politica.

II. Contesto normativo

A. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

5. L’articolo 41 della Carta è redatto come segue:

«1. Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

2. Tale diritto comprende in particolare:

a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio;

b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale;

c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

(…)».

6. L’articolo 47, primo comma, della Carta recita:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo».

7. L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta è così formulato:

«Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze».

8. L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta recita:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

B. Il codice dei visti

9. I considerando 28 e 29 del codice dei visti sono del seguente tenore:

«(28) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’istituzione delle procedure e delle condizioni per il rilascio del visto di transito o per soggiorni previsti di non più di tre mesi su un periodo di sei mesi nel territorio degli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(29) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla convenzione del Consiglio d’Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

10. L’articolo 1, paragrafo 1, del codice dei visti recita:

«Il presente regolamento fissa le procedure e le condizioni per il rilascio del visto di transito o per soggiorni previsti di non più di tre mesi su un periodo di sei mesi, nel territorio degli Stati membri».

11. L’articolo 2 del codice dei visti è così formulato:

«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

2) “visto”, autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, necessaria ai fini:

a) del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso nel territorio degli Stati membri;

(...)

3) “visto uniforme”: visto valido per l’intero territorio degli Stati membri».

12. L’articolo 22 del codice dei visti dispone:

«1. Uno Stato membro può chiedere che le autorità centrali degli altri Stati membri consultino le sue autorità centrali nel corso dell’esame di domande presentate da cittadini di determinati paesi terzi o da specifiche categorie di tali cittadini. Tale consultazione non si applica alle domande di visto di transito aeroportuale.

2. Le autorità centrali consultate danno una risposta definitiva entro sette giorni di calendario dalla consultazione. La mancanza di risposta entro tale termine implica che esse non hanno motivo di opporsi al rilascio del visto.

3. Gli Stati membri notificano alla Commissione l’introduzione o il ritiro della richiesta di consultazione preliminare prima che detta misura diventi applicabile. Tale informazione è comunicata anche nell’ambito della cooperazione locale Schengen all’interno della giurisdizione interessata.

4. La Commissione informa gli Stati membri di tali notifiche.

5. A decorrere dalla data di sostituzione della rete di consultazione Schengen di cui all’articolo 46 del regolamento VIS, la consultazione preliminare è effettuata conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, di tale regolamento».

13. L’articolo 32, paragrafi 1 e 3, del codice dei visti dispone:

«1. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 25, paragrafo 1, il visto è rifiutato:

a) quando il richiedente:

(...)

vi) sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, paragrafo 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, sia segnalato nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi (...).

2. La decisione di rifiuto e i motivi su cui si basa sono notificati al richiedente mediante il modulo uniforme di cui all’allegato VI.

3. I richiedenti cui sia stato rifiutato il visto hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono proposti nei confronti dello Stato membro che ha adottato la...

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