Pacta sunt servanda? La sentenza della Corte di giustizia nell'affare Intertanko (caso C-308/06) e l'adattamento dell'ordinamento comunitario al diritto internazionale pattizio

AuthorSimone Vezzani
PositionDottore di ricerca in Diritto internazionale e in Diritto dell'Unione europea dell'Università degli studi di Firenze
Pages233-253

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1. Con la sentenza del 3 giugno 2008, resa nel caso C-308/06, la Corte di giustizia (Grande sezione) torna a prendere posizione in punto di adattamento del diritto comunitario alle norme contenute nei trattati vincolanti la Comunità europea sul piano internazionale. Si tratta, come è noto, di uno fra temi più controversi del diritto comunitario, che ha dato luogo, a partire dagli anni '70 del secolo scorso, ad una giurisprudenza di cui la più diffusa dottrina non ha mancato di porre in luce aporie ed elementi di ambiguità.

Il procedimento innanzi alla Corte era stato promosso con ricorso pregiudiziale dalla High Court of Justice di Inghilterra e Galles nel corso di una vertenza instaurata contro il Ministero dei trasporti britannico da alcuni dei principali operatori del trasporto marittimo, fra i quali Intertanko e Intercargo. Il giudice comunitario era chiamato a pronunciarsi, fra le altre cose, in merito alla validità degli articoli 4 e 5 della direttiva 2005/35/CE, relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni1, sulla base, da un lato, della Convenzione Page 234 di Montego Bay sul diritto del mare e, dall'altro lato, della Convenzione di Londra del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi con relativo Protocollo del 1978 (da qui innanzi, secondo l'uso corrente, Convenzione Marpol 73/78). Nel corso del procedimento nazionale, i ricorrenti avevano sostenuto l'invalidità della direttiva 2005/35/CE, nella parte in cui quest'ultima impegna gli Stati membri ad introdurre severi criteri di responsabilità penale, a loro avviso incompatibili con quelli previsti dalle due Convenzioni internazionali in discorso. La decisione del ricorso implicava, in via preliminare, la soluzione del problema se i due strumenti internazionali potessero costituire dei parametri di legittimità del diritto comunitario derivato. Per le ragioni che saranno chiarite più innanzi, la Corte si è pronunciata sul punto in senso negativo, escludendo nettamente che la direttiva controversa potesse essere invalidata per il fatto di non risultare conforme alle due Convenzioni sopra rammentate. Prima di esaminare più approfonditamente le argomentazioni che hanno spinto la Corte a raggiungere tale conclusione, pare indispensabile ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza del giudice comunitario nella subiecta materia, anche al fine di meglio apprezzare gli elementi di novità desumibili dalla pronuncia in esame. Page 235

2. A norma dell'art. 300, par. 7, del Trattato CE, gli accordi di cui la Comunità è parte contraente sono "vincolanti per le istituzioni della Comunità e per gli Stati membri". A partire dalla sentenza emanata il 30 aprile 1974 nel caso Haegeman, l'articolo de quo è stato interpretato dalla Corte di Lussemburgo in modo tale da consentire alle convenzioni internazionali validamente stipulate dalla Comunità (da qui in avanti indicate anche come convenzioni "esterne") di spiegare direttamente efficacia nell'ambito dell'ordinamento comunitario dal momento della loro entrata in vigore2.

Una volta stabilito che il citato art. 300, par. 7, predispone un meccanismo di adattamento automatico permanente ai trattati, la Corte è stata chiamata a più riprese a pronunciarsi su quale rapporto sistematico le norme in essi contenute intrattengano con gli atti emanati delle istituzioni comunitarie dopo essere state immesse nel diritto interno della CE. Alcuni elementi appaiono ormai incontroversi, tanto nella prassi giurisprudenziale, quanto nelle elaborazioni dottrinarie. Da essi conviene prendere le mosse. Page 236

Ê pacifico che le norme contenute nei trattati internazionali conclusi dalla Comunità non possono mai derogare al diritto comunitario di rango primario3. Al contempo, in ipotesi di contrasto insanabile in via interpretativa, esse possono invalidare gli atti di diritto comunitario derivato4. Che le norme derivanti dai trattati esterni si collochino, nella gerarchia delle fonti, in una posizione sovraordinata rispetto al diritto comunitario secondario si ricava dal dato testuale del citato art. 300, par. 7, il quale dispone che tali norme vincolino le istituzioni comunitarie. La Corte si è mostrata, peraltro, molto prudente nel sancire la nullità o invalidità di atti comunitari per contrasto con trattati esterni. Come accade sovente nell'ambito degli ordinamenti statali che operano un adattamento auto- matico alle convenzioni internazionali5, infatti, anche in quello comunitario l'apertura ai valori internazionali è stata molto contenuta dall'elaborazione, in via giurisprudenziale, di teorie limitative dell'operare delle norme internazionali di origine convenzionale quale parametro di legalità degli atti normativi interni. Tale giurisprudenza, che gradua la tutela offerta dall'ordinamento comunitario alle norme pattizie di origine internazionale sulla base della natura sostanziale di queste ultime, è stata inaugurata dalla sentenza-guida resa il 12 dicembre 1972 nell'affare International Fruit Company6. Come è noto, la Corte escluse che i Page 237 regolamenti comunitari sottoposti al suo esame potessero essere invalidati dalle norme del GATT del 1947, abbozzando un test destinato ad essere ripreso, e meglio articolato, nelle sue due fasi costitutive in molte pronunce successive7.

La prima fase del test consiste in un esame del trattato complessivamente considerato. Secondo l'indirizzo enucleato dalla Corte, affinché un accordo internazionale possa costituire un limite di legittimità nei confronti degli atti comunitari, occorre che esso abbia attitudine a produrre effetti diretti8. Con una giurisprudenza costante, la Corte ha sempre escluso che l'Accordo GATT del 1947 godesse di tale requisito9. A suo avviso, la regolamentazione degli scambi commerciali prevista da detto Accordo era "flessibile", o meglio sprovvista di carattere incondizionato, poiché difettava in molte sue parti di chiarezza e precisione e ammetteva, al contempo, numerose possibilità di deroga10. Un'ulteriore argomentazione, basata su considerazioni di reciprocità, era svolta per asserire l'inidoneità del GATT del 1947 a produrre effetti diretti. Secondo la Corte, inter- pretare la normativa GATT in ambito comunitario in modo tale da condurre all'annullamento degli atti con essa contrastanti avrebbe prodotto conseguenze inaccettabili: avrebbe privato, infatti, gli organi politici del necessario margine di manovra nella negoziazione di soluzioni condivise delle vertenze, ponendo la Comunità in una condizione di svantaggio rispetto ai suoi principali partners commerciali, molti dei quali non attribuivano al GATT del 1947 effetti diretti11. Page 238

Preme sottolineare che il giudice comunitario, impermeabile ai suggerimenti della dottrina prevalente, non ha mutato posizione con riguardo al GATT del 1994 e agli altri accordi amministrati dall'Organizzazione mondiale del commercio, quantunque la creazione di quest'ultima Organizzazione si sia accompagnata ad un significativo "irrobustimento" tanto della disciplina normativa pertinente, quanto dell'apparato istituzionale e del meccanismo di soluzione delle controversie12. D'altra parte, prima della sentenza nel caso C-308/06, la Corte e il Tribunale di primo grado avevano circoscritto la giurisprudenza International Fruit Company ai trattati ricompresi nel sistema OMC, evitando di affermare che altri accordi "complessivamente considerati" non avessero attitudine a creare situazioni giuridiche soggettive in capo agli individui. La prima parte del test, in particolare, è stata ritenuta superata da accordi di libero scambio, di associazione e di cooperazione con Paesi terzi, quali fra gli altri l'Accordo di Yaoundé, l'Accordo di associazione con il Portogallo, gli accordi di cooperazione con Marocco e Algeria13, ecc. In sede di esame della natura di questi strumenti, la Corte e gli Page 239 avvocati generali hanno messo in particolare rilievo come essi contengano norme di natura asimmetrica a favore di Paesi in via di sviluppo14, o mirino ad instaurare una relazione particolarmente stretta, in vista dell'adesione alla Comunità o dell'istituzione di un'area di libero scambio, che passa attraverso la creazione di un ordinamento giuridico di cui sono soggetti anche i privati15. Da queste considerazioni si arguisce che, secondo il giudice di Lussemburgo, l'attribuzione di effetti diretti ai trattati esterni nell'ordinamento comunitario, anche quando non sia espressamente prevista dai trattati stessi, è ammissibile in relazione ad accordi non esclusivamente fondati su principi di natura sinallagmatica, a condizione che il loro contenuto sia sufficientemente preciso e incondizionato. Per quanto concerne, invece, gli strumenti che si limitano a stabilire una rete di diritti ed obblighi reciproci, la Corte ritiene di dover procedere ad un esame ulteriore, volto a valutare che l'attribuzione di effetti diretti sul piano dell'ordinamento comunitario non ponga i terzi contraenti in una posizione di vantaggio che risulti incompati- bile col principio di reciprocità e di mutui vantaggi16.

La seconda fase del test viene svolta dalla Corte dopo aver appurato l'idoneità del trattato, considerato nel suo complesso, a spiegare effetti diretti, ed è volta a stabilire se produttive di effetti diretti siano le disposizioni del trattato specificatamente chiamate in causa. La Corte di Lussemburgo ha stabilito che le singole disposizioni di un accordo internazionale vincolante la Comunità possono essere assunte quale parametro di legittimità degli atti comunitari soltanto a condizione che esse siano chiare, precise e incondizionate, tali cioè da attribuire ai privati diritti soggettivi invocabili in giudizio senza bisogno di ulteriori atti normativi17. Page 240

Numerosi commentatori avevano auspicato che il giudice comunitario circoscrivesse l'applicazione del test anzidetto alle ipotesi di rinvio pregiudiziale o di ricorsi in annullamento promossi da privati18. Nella pronuncia del...

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