Il ruolo della prestazione caratteristica dalla Convenzione di Roma al regolamento 'Roma I' sulla legge applicabile ai contratti

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Il ruolo della prestazione caratteristica dalla Convenzione di Roma al regolamento “Roma I” sulla legge applicabile ai contratti

Sommario: 1. La prestazione caratteristica nella Convenzione del Roma del 1980. – 2. Origini e nozione del la prestazione caratteristica. – 3. Ragioni di politica legislativa volte a giustificare la dottrina del la prestazione caratteristica. – 4. Difficoltà nella individuazione della prestazione caratteristica. – 5. Il rapporto tra la presunzione fondata sulla prestazione caratteristica e l’esistenza di un col le gamento più stretto con un altro Paese. – 6. La proposta di regolamento della Commissione del 2005. – 7. Il regolamento “Roma I” del 2008. – 8. Il riferimento alla prestazione caratteristica per i con tratti non rientranti nelle categorie previste dall’art. 4, par. 1. – 9. Segue: per i contratti i cui elementi rientrino in più di una di tali categorie.

. La prestazione caratteristica, com’è noto, fa il suo ingresso nel diritto inter na zionale privato europeo in virtù della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali1. Più precisamente tale nozione viene in rilievo ai fini della determinazione della legge applicabile

* Il presente studio è dedicato a Paolo Picone in occasione della conclusione del suo insegnamento come professore di ruolo nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma.

1 Sul ruolo della prestazione caratteristica nella Convenzione di Roma (e nei relativi lavori preparatori) esiste una vasta bibliografia; ricordiamo, tra gli altri, H. U. Jessurun d’Oliveira, “Characteristic Obligation” in the Draft EEC Obligation Convention, in AJCL, 1977, p. 303 ss.; F. Vischer, The Principle of the Typical Performance in Interna tional Contracts and the Draft Convention, in K. Lipstein (ed.), Harmonization of Private International Law by the E.E.C., London, 1978, p. 25 ss.; K. Lipstein, Characteristic Performance – A New Concept in the Conflict of Laws in Matters of Contract for the EEC, in Northwestern JILB, 1981, p. 402 ss.; A. Giardina, Volontà delle parti, prestazione caratteristica e collegamento più significativo, in T. Treves (a cura di), Verso una disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti, Padova, 1983, p. 3 ss.; M. Magagni, La prestazione caratteristica nella Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, Milano, 1989; U. Villani, Aspetti problematici della prestazione caratteristica, in RDIPP, 1993, p. 514 ss., pubblicato anche in T. Ballarino (a cura di), La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, II, Limiti di applicazione. Lectio notariorum, Milano, 1994, p. 17 ss.; Id., La Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, Bari, 2000, II ed., p. 89 ss.; M. Virgós Soriano, La ley aplicable a los contratos internacionales: la regla de los vinculos mas estrechos y la presunción basada en la prestación caracteristica del contrato, in

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alla sostanza del contratto nell’ipotesi in cui le parti non abbiano scelto una legge regolatrice del contratto (o di una parte dello stesso).

Ai sensi dell’art. 4 della citata Convenzione, “nella misura in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta (…), il contratto è regolato dalla legge del Paese col quale presenta il collegamento più stretto” (par. 1). Questa regola è ispirata ad un principio di “prossimità”2 e tende a sottoporre il contratto in questione alla legge del Paese con il quale esso presenti i contatti più intensi e significativi. Essa risulta profondamente innovativa rispetto ai metodi di individuazione della legge applicabile in base a criteri di collegamento rigidamente predeterminati dal legislatore, criteri che l’interprete è tenuto ad applicare in maniera pressoché automatica, quali che siano le caratteristiche e gli elementi di “vicinanza” del contratto specifico che si tratta di regolare. La nozione, di per sé alquanto fluida, di collegamento più stretto, al contrario, implica un ruolo centrale e decisivo dell’interprete, anzitutto del giudice, chiamato a individuare, valutare e ponderare una pluralità di elementi di contatto, al fine di stabilire, in un’opera che esalta inevitabilmente i suoi poteri discrezionali, il collegamento più reale e significativo tra il contratto e un dato Stato.

Il metodo in parola ha il merito indubbio di collocare il contratto nell’ordinamento dello Stato con il quale ha i contatti più significativi e la cui legge, in virtù di tale rapporto di prossimità, appare la più appropriata ad applicarsi al contratto. Tale risultato, peraltro, è perseguito al prezzo di una scarsa certezza del diritto per quanto attiene alla prevedibilità della legge applicabile. L’individuazione dell’una o dell’altra legge, infatti, finisce per dipendere dal prudente apprezzamento del giudice, dalle circostanze da lui ritenute rilevanti, dal peso da lui attribuito a ciascuno dei diversi fattori concernenti il contratto. Ciò non giova, evidentemente, alla sicurezza dei rapporti giuridici e può pregiudicare l’attività degli operatori economici e giuridici; questi, infatti, devono impostare le condizioni di un contratto alla stregua di una data legge, applicabile, ai loro occhi, al contratto stesso, ma che al momento di un’eventuale azione giudiziaria potrebbe essere accantonata dal giudice adìto a favore di quella di un altro Stato, con il quale il contratto sia considerato più strettamente collegato.

Nella Convenzione di Roma del 1980, peraltro, i poteri di apprezzamento del giudice, e i conseguenti rischi di scarsa certezza in merito alla legge applicabile al contratto, trovano un correttivo in una serie di “presunzioni” poste dallo stesso art. 4 per individuare il Paese con il quale il contratto presenta il collegamento

Estudios juridicos en homenaje al profesor Aurelio Menéndez, IV, Madrid, 1996, p. 5289 ss.; M.-E. Ancel, La prestation caractéristique du contrat, Paris, 2002.

2 Cfr., per tutti, P. Lagarde, Le principe de proximité dans le droit international privé contemporain, in RCADI, 196, 1986-I, p. 25 ss.; R. Baratta, Il collegamento più stretto nel diritto internazionale privato dei contratti, Milano, 1991; come rileva P. Picone, Caratteri ed evoluzione del metodo tradizionale dei conflitti di leggi, in RDI, 1998, p. 5 ss., in specie p. 63 ss., l’elemento che caratterizza le ipotesi riconducibili al principio di prossimità “è dato dal fatto che in esse è il giudice ad essere sempre investito del potere di determinare la legge applicabile, facendo uso di valutazioni in larga parte discrezionali” (il citato studio può leggersi anche in P. Picone, La riforma italiana del diritto interna zionale privato, Padova, 1998, p. 243 ss.).

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più stretto. Prescindendo dai contratti aventi per oggetto un diritto reale o di utilizzazione su un immobile (par. 3) e dai contratti di trasporto di merci (par. 4), riguardo agli altri contratti l’art. 4, par. 2 dichiara che si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto con il Paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale.

Peraltro non è detto che una prestazione caratteristica possa sempre individuarsi: il par. 5 prevede espressamente l’ipotesi in cui la prestazione caratteristica non possa essere determinata, stabilendo che in questo caso è esclusa l’applicazione del par. 2. Inoltre la presunzione secondo la quale il contratto presenta il collegamento più stretto con il Paese in cui ha la sede il debitore della prestazione caratteristica (al pari delle altre presunzioni poste dai paragrafi 3 e 4) viene meno quando dal complesso delle circostanze risulta che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro Paese (par. 5).

La prestazione caratteristica non è in alcun modo definita dalla Convenzione di Roma; per chiarirne il significato occorre quindi anzitutto ricercare le sue origini3. A parte alcuni lontani riferimenti nei lavori dell’Institut de droit international4, è merito della dottrina svizzera, in particolare di Schnitzer5, avere dato compiuta sistemazione, verso la fine degli anni ’30, alla concezione della prestazione caratteristica, ben presto accolta ed applicata anche dalla giurisprudenza. Secondo l’impostazione di tale autore – ed i successivi sviluppi di Vischer6 e de Winter7 – ogni tipo di contratto sarebbe caratterizzato da una prestazione che, da un lato, lo distinguerebbe da ogni altro tipo di contratto, dall’altro, sarebbe immancabile in ogni singolo contratto rientrante in quel dato tipo. Tale prestazione caratteristica andrebbe individuata sulla base della funzione sociale ed economica del contratto; dato che nell’economia moderna, di norma, una presta-

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zione monetaria è sempre presente e quindi non può considerarsi caratteristica di alcun contratto, la prestazione caratteristica coinciderebbe con quella di carattere non monetario (NichtGeldleistung).

Ai fini dell’individuazione della legge applicabile la prestazione caratteristica va poi localizzata in un dato Paese. Ora, secondo la teoria in esame, la localizzazione della prestazione caratteristica avviene collegando quest’ultima al luogo dove essa è dovuta (Schuldort), che peraltro non coincide con il luogo di esecuzione della prestazione, ma con la sede del debitore della stessa prestazione.

Secondo i suoi sostenitori, la prestazione caratteristica non solo avrebbe il pregio di ancorare il contratto al Paese nel quale esso esplica la sua funzione economica e sociale, ma produrrebbe il vantaggio pratico di semplificare notevolmente l’operazione di collegamento con il Paese la cui legge dovrebbe applicarsi, eliminando ogni problema di ricerca...

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