Previdenza e vantaggi sociali per i familiari dei lavoratori comunitari migranti e frontalieri secondo la Corte di giustizia

AuthorMicaela Falcone
PositionRicercatore di Diritto dell'Unione europea nel Politecnico di Bari
Pages681-715

Il presente studio è stato condotto nell'ambito del progetto di ricerca nazionale PRIN 2007 "Cittadinanza europea e diritti fondamentali nell'attuale fase del processo di integrazione". Responsabile nazionale, prof. Ennio Triggiani (prot. 2007ETKBLF).

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1. La disciplina comunitaria nel settore della politica sociale1 si esplica attraverso una normativa di coordinamento fondata su una logica di "integrazione negativa" degli ordinamenti nazionali, che mira a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori comunitari2. Tali ostacoli, derivanti da sostanziali divergenze dei regimi di sicurezza e previdenza sociale attuati dagli Stati Page 682 membri nell'esercizio della competenza normativa in materia, costituiscono di fatto un freno alle scelte di mobilità dei lavoratori e limitano la piena affermazione di una delle quattro libertà economiche fondamentali su cui si erge la struttura comunitaria3. L'introduzione di disposizioni comuni sulla sicurezza sociale costituisce pertanto strumento e presupposto indispensabile per la crescita del mercato del lavoro europeo, funzionale a garantirne lo sviluppo.

In questa prospettiva, obiettivo della normativa europea di coordinamento è rendere convergenti le legislazioni degli Stati membri verso un sistema comune in grado di tutelare il lavoratore comunitario migrante sotto diversi aspetti: l'accesso all'occupazione in uno Stato diverso da quello di appartenenza, la conservazione delle posizioni previdenziali acquisite nei diversi Stati e la possibilità di fruire di vantaggi sociali e fiscali alla stregua dei lavoratori nazionali4.

La disciplina originaria di riferimento va individuata, come è noto, nei regolamenti 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori5, e 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità6. Entrambi gli atti normativi hanno subito numerose integrazioni e aggiornamenti per meglio conformarsi, in uno con l'evoluzione giuridica e sociale sul piano nazionale, agli obiettivi posti dagli articoli 39-42 TCE in mate- ria di libera circolazione. Page 683

Ai sensi dell'art. 7, paragrafi 1 e 2 del regolamento 1612/68 "il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato; egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali"7. Al riguardo rilevano da ultimo le modifiche introdotte dalla direttiva 2004/38/ CE, che riordina la disciplina preesistente sul diritto di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri, riorganizzando la stratificazione normativa che si era prodotta nel corso degli anni8.

Anche il regolamento 1408/71, sottoposto nel tempo ad innumerevoli inter- venti di modifica, è stato razionalizzato ad opera del regolamento 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di previdenza sociale degli Stati membri9, che ne ha disposto l'abrogazione a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo regolamento di attuazione, a sua volta sostitutivo del regolamento 574/7210.

Tutte queste norme operano in un campo di applicazione decisamente ampio non solo per la complessità della materia trattata, ma anche perché estendono i diritti riconosciuti al lavoratore ai suoi familiari che, indipendentemente dalla personale connotazione economica11 e sul presupposto della parità di trattamento, Page 684 diventano destinatari di diritti e vantaggi sociali in virtù del vincolo familiare che li lega al lavoratore12.

La crescente attenzione rivolta dal diritto derivato ai familiari del lavoratore riflette l'intento di valorizzare il vincolo familiare in una duplice prospettiva. La prima si esprime quale fattore ausiliario di integrazione, in quanto le scelte di mobilità dei lavoratori non sono dissuase dal rischio di compromettere la coesione ed il benessere del nucleo familiare. L'altra, in senso più ampio, risponde alle esigenze di protezione dei diritti fondamentali dell'individuo, con particolare riferimento al rispetto della vita familiare e alle tutele sociali che gravitano intorno ad essa.

La talora difficile convivenza delle norme nazionali con quelle comunitarie ha reso peraltro necessario l'intervento della Corte di giustizia che, attraverso un'interpretazione estensiva ma rigorosa delle disposizioni del Trattato e dei regolamenti indicati, ha contribuito a chiarire i numerosi profili di incertezza caratterizzanti la materia, influenzandone significativamente la successiva evoluzione.

Alla luce di tali premesse appare tuttavia evidente che, in assenza di un sistema armonizzato di sicurezza sociale a livello europeo, le disposizioni vigenti negli Stati membri conservano ancora differenze e peculiarità ereditate dalle diverse tradizioni storiche e politiche nazionali, solo in parte attenuate dall'intervento comunitario.

2. Se appare pacifico, in via di principio, il diritto dei familiari del lavoratore migrante a fruire dei vantaggi sociali e dei benefici previdenziali ad essi attribuiti dalla normativa comunitaria, meno agevole risulta l'effettivo riconoscimento di tale diritto da parte degli ordinamenti nazionali. Il frequente ricorso in via pregiudiziale alla Corte di giustizia ha infatti evidenziato numerose difficoltà nell'individuare ed attribuire questi diritti da parte dei giudici nazionali, chiamati ad applicare le leggi interne in senso conforme ai precetti comunitari13. Page 685

Vero è che, mentre la disciplina comunitaria in materia sociale appare più puntuale con riferimento al lavoratore migrante quale soggetto direttamente interessato, meno netti risultano i contorni della disciplina rispetto ai diritti rico- nosciuti ai familiari, nonostante le numerose modifiche che hanno interessato nel corso degli anni la normativa di riferimento.

La stessa individuazione dei soggetti da includere nella nozione di "familiari", e quindi delle prestazioni sociali ad essi riconosciute, ha costituito oggetto della giurisprudenza comunitaria, che si è più volte confrontata con i diversi modelli familiari accolti dagli ordinamenti nazionali. Non a caso il Trattato CE fa esclusivo riferimento agli "aventi diritto" dei lavoratori, accogliendo una nozione volutamente generica che delega al diritto derivato una più puntuale definizione dell'ambito di applicazione ratione personae delle specifiche discipline14.

In generale è possibile affermare che, rispetto al dettato originario, la definizione di familiare che emerge dalle disposizioni attualmente vigenti risulta ampliata ed ispirata ad una concezione più aperta alla pluralità dei modelli familiari, sullo sfondo delle diversità degli statuti familiari e sociali propri degli Stati membri15. Page 686 Secondo l'art. 1, lett. f) del regolamento 1408/71 la nozione di familiare include "qualsiasi persona definita o riconosciuta come tale o componente il nucleo familiare dalla legislazione secondo la quale sono erogate le prestazioni", ma anche le persone che, convivendo con il lavoratore e prevalentemente a suo carico, sono parimenti riconosciute quali familiari dagli ordinamenti degli Stati membri16.Riprendendo sostanzialmente la stessa nozione, qualche ulteriore precisazione è contenuta nella definizione di cui all'art. 1, lett. i) del regolamento 883/200417.

Come precisato dalla Corte, lo status di "familiare a carico" indica una condizione risultante da una situazione di fatto che non richiede giustificazione e prescinde dall'indagine dei motivi o dalla valutazione della capacità dell'interessato di svolgere un'attività retribuita per provvedere al proprio mantenimento18. Secondo un'interpretazione estensiva, inoltre, detta situazione non può essere subordinata a condizioni restrittive previste dagli ordinamenti nazionali, anche se motivate da ragioni di verifica dell'effettiva sussistenza dell'onere di sostentamento a carico del lavoratore (quale, ad esempio, la condizione di coabitazione prevista dal diritto belga19). Accogliendo le indicazioni della Corte, la nuova Page 687 formulazione della disciplina dispone chiaramente che l'eventuale condizione di coabitazione richiesta dall'ordinamento nazionale si considera soddisfatta se l'interessato è sostanzialmente a carico della persona assicurata20.

In merito alla natura giuridica dei diritti sociali riconosciuti in capo ai familiari è stata opportunamente evidenziata un'inversione di tendenza da parte della giurisprudenza comunitaria: essa inizialmente aveva riconosciuto ai familiari e ai superstiti dei lavoratori la possibilità di far valere esclusivamente diritti derivati acquisiti in ragione del vincolo di parentela con il lavoratore, considerato unico titolare di un diritto proprio alle prestazioni contemplate dal regolamento 1408/7121. Questa distinzione tra diritti propri e derivati, affermata a partire dalla sentenza Kermaschek del 1976 e ripresa a lungo dalla giurisprudenza22, ha prodotto notevoli ripercussioni negative23. Ciò ha indotto la Corte a limitare tale giurisprudenza alle sole ipotesi in cui vengono invocate dai familiari disposizioni applicabili esclusivamente ai lavoratori (come le prestazioni di disoccupazione di cui agli articoli 67-71 del regolamento 1408/71), consentendo di disapplicare, in via di principio, la distinzione tra diritti propri e derivati per altri settori, quali le prestazioni familiari24 o di assistenza25. Page 688

Questo diverso orientamento, scaturito essenzialmente dall'esigenza di garantire l'uniforme applicazione del diritto comunitario, ha contribuito al passaggio dall'originaria prospettiva individuale ad una più ampia prospettiva familiare nella valutazione dell'ambito di applicazione ratione personae delle disposizioni di carattere sociale...

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