Il Protocollo n. 14 bis alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

AuthorEmanuele Feola
Pages207-222

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@1. Introduzione

1. Negli ultimi anni, il notevole incremento dei ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo ha reso necessaria l'adozione di alcuni interventi normativi per introdurre procedure più adeguate alle nuove esigenze di lavoro. Questi interventi dovevano trovare attuazione con l'entrata in vigore del Protocollo n. 141, ma a causa della ritardata ratifica da parte della Russia, che c'è stata soltanto il 18 febbraio 2010, essi non sono ancora operativi. Per questa ragione, in attesa dell'entrata in vigore del Protocollo n. 14, che a seguito della summenzionata ratifica da parte della Russia, entra in vigore il 1° giugno 2010, gli organi del Consiglio d'Europa hanno auspicato l'adozione da parte degli Stati membri di un Protocollo n. 14 bis2 per attuare almeno gli interventi più urgenti ed evitare

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così la paralisi del sistema di controllo previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU)3.

Con il nuovo Protocollo ha trovato conclusione il dibattito iniziato alla riunione del 14 ottobre 2008 tra il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa e la Corte europea dei diritti dell'uomo intorno all'efficienza ed alla tenuta del sistema giudiziario istituito dalla Convenzione. In quella sede, il Presidente della Corte ha richiamato l'attenzione sulla difficile situazione in cui la Corte è costretta ad operare a causa dell'aumento significativo del numero di ricorsi ad essa presentati. A seguito di questa riunione, il Comitato dei Ministri ha quindi deciso di richiedere al Commissario per i diritti umani un parere preliminare sulle modalità per rendere immediatamente operative alcune misure procedurali in grado di migliorare l'efficienza della Corte.

In tale parere, il Commissario per i diritti umani, pur ritenendo che la migliore soluzione per risolvere i problemi della Corte rimanesse l'entrata in vigore del Protocollo n. 14, ha concluso che, in pendenza della sua entrata in vigore, si sarebbe potuto procedere all'adozione di un Protocollo n. 14 bis per rendere operative alcune misure procedurali già previste nel Protocollo n. 14 e necessarie per consentire al sistema di controllo previsto dalla CEDU di funzionare correttamente.

Sulla base del parere preliminare dato dal Commissario per i diritti umani, il gruppo di lavoro istituito in seno al Comitato dei Ministri ha redatto un progetto di protocollo, che è stato sottoposto all'esame dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 16 aprile 2009. A seguito dell'approvazione da parte dell'Assemblea parlamentare, il progetto di protocollo è stato trasmesso, insieme ad un rapporto esplicativo, alla Conferenza ministeriale europea sui diritti dell'uomo, tenutasi a Madrid il 12 maggio 2009, dove il suo testo è stato formalmente adottato dalle Alte Parti contraenti della Convenzione4.

Le misure previste da questo nuovo Protocollo sono sostanzialmente due: l'introduzione di una nuova formazione giudicante, quella del c.d. "giudice singolo", e l'ampliamento delle competenze attribuite ai comitati di tre giudici, che costituiscono, accanto alle Camere di sette giudici ed alla Grande camera di diciassette giudici, un'ulteriore tipologia di composizione della Corte.

@2. Le nuove misure procedurali previste dal Protocollo n. 14 bis: a) l'introduzione del c.d. "giudice singolo"

2. Alla nuova formazione giudicante, costituita dal giudice singolo, viene attribuita la competenza a dichiarare irricevibili i ricorsi individuali oppure a cancellarli dal ruolo, quando la decisione può essere presa senza bisogno di un esame ulteriore. Tale decisione è definitiva e l'alternativa ad essa è costituita

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dalla rimessione del caso ad un comitato di tre giudici oppure ad una Camera di sette (art. 4)5.

La ratio della norma è quella di introdurre un nuovo filtro rispetto ai ricorsi irricevibili ovvero tali da dover essere cancellati dal ruolo. Ma in quali casi il giudice singolo può adottare una siffatta decisione? Questo problema, come gli altri che esamineremo nel corso della presente trattazione, deve essere risolto tenendo conto che la ratio sottesa a tutte le disposizioni del Protocollo n. 14 bis è costituita dalla necessità di contemperare l'esigenza di snellimento delle procedure davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo con quella di non sacrificare eccessivamente le garanzie difensive delle parti in causa. Pertanto, è da ritenere che, nell'art. 4, l'inciso "senza bisogno di un esame ulteriore" debba essere riferito esclusivamente a quei casi in cui la decisione di irricevibilità o di cancellazione dal ruolo si imponga ictu oculi6.

La delicatezza del ruolo svolto dal giudice singolo ha indotto gli estensori del Protocollo n. 14 bis a salvaguardarne l'indipendenza ed imparzialità, prevedendo espressamente che tale ufficio non possa essere ricoperto dal giudice eletto su proposta dello Stato convenuto in giudizio (art. 3)7. Questa disposizione è senz'altro opportuna, ma pone un inconveniente di carattere pratico. Come può infatti, un giudice che non proviene dallo Stato convenuto in giudizio e non conosce perciò bene il relativo sistema giuridico, valutare compiutamente la irricevibilità del ricorso? Il Protocollo risolve il problema stabilendo che tale giudice debba essere assistito da un relatore (art. 2)8, il quale deve necessariamente conoscere la lingua ed il sistema giuridico dello Stato interessato9. L'indipendenza ed imparzialità del relatore è a sua volta assicurata dalla previ-

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sione secondo cui, pur appartenendo al personale della Cancelleria, egli esercita le sue funzioni direttamente sotto il controllo del Presidente della Corte (art. 2)10.

@3. Segue: b) l'ampliamento delle competenze attribuite ai comitati di tre giudici

3. Quanto alla formazione giudicante costituita dai comitati di tre giudici, nell'attuale sistema di controllo previsto dalla Convenzione, questi possono dichiarare con voto unanime irricevibile un ricorso individuale oppure cancel-larlo dal ruolo, quando la decisione -avente carattere definitivo -può essere adottata senza la necessità di un esame ulteriore (art. 28 CEDU)11. Il Protocollo n. 14 bis estende tale competenza dei comitati all'ipotesi opposta, nella quale la questione relativa all'interpretazione o all'applicazione della Convenzione posta dal caso di specie è oggetto di una giurisprudenza consolidata della Corte. In tale ipotesi, i comitati possono adottare, sempre con voto unanime, una decisione definitiva con cui dichiarano il ricorso ricevibile e congiuntamene rendono una sentenza nel merito (art. 4)12.

Lo scopo della nuova procedura è quello di trasferire gli affari ripetitivi dalla competenza delle Camere, composte da sette giudici, a quella dei comitati di tre, liberando così tempi, risorse ed attività della Corte per l'esame dei casi più impegnativi13. Quest'obiettivo, peraltro, viene raggiunto salvaguardando le garanzie dello Stato convenuto in giudizio, a tutela del quale sono previsti alcuni accorgimenti.

Anzitutto, come ha cura di precisare il Rapporto esplicativo, il procedimento inizia con la comunicazione allo Stato interessato di un caso, o anche di un gruppo di casi similari, per i quali la Corte ritiene che esista una propria giurisprudenza consolidata. Tale Stato, pur non potendo impedire lo svolgimento della procedura davanti al comitato, ha però la possibilità di contestare la scelta della Corte, sia negando l'esistenza di una giurisprudenza consolidata sulle questioni in esame, sia eccependo l'assenza delle condizioni di ricevibilità del ricorso14.

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Il diritto dello Stato interessato di contestare l'impiego della nuova procedura è riconosciuto espressamente dall'art. 4 del Protocollo. Questa disposizione non attribuisce allo Stato convenuto in giudizio il diritto di essere giudicato da un comitato di cui faccia parte anche il giudice eletto su proposta dello Stato medesimo. Tale diritto, invero, costituirebbe una garanzia superflua, dato che il comitato ha il potere di pronunciarsi nel merito soltanto quando la questione ad esso sottoposta è oggetto di una giurisprudenza consolidata della Corte. Tuttavia, se il giudice proveniente dallo Stato interessato non è membro del comitato, quest'ultimo, in ogni momento della procedura, può invitarlo a farne parte in sostituzione di uno dei suoi attuali componenti. Nell'adottare questa decisione il comitato prende in considerazione tutti i fattori pertinenti, ivi compresa la circostanza che detto Stato abbia contestato l'applicazione del procedimento in parola15. In mancanza di un tale giudice, o se egli non è in grado di svolgere le proprie funzioni, viene nominato dallo Stato interessato un giudice ad hoc16. Si tratta per detto Stato di una prerogativa di non poco conto. Infatti, la nuova procedura richiede in ogni sua fase l'unanimità dei membri del comitato ed in assenza di essa il caso viene rimesso all'esame di una Camera di sette giudici17.

Nel corso della nuova procedura non è prevista la possibilità per il ricorrente di presentare delle osservazioni, probabilmente perché la sua applicazione presuppone una giurisprudenza ben definita della Corte favorevole all'accoglimento del ricorso18. Peraltro, privare il ricorrente della possibilità di presentare delle osservazioni, soprattutto nel caso di contestazione da parte dello Stato convenuto in giudizio dei presupposti per l'applicazione della nuova procedura, costituisce un vulnus al suo diritto di difesa, al quale dovrebbe porre rimedio il regolamento della Corte oppure la sua giurisprudenza.

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Invece, è condivisibile la mancata previsione della possibilità dell'intervento di terzi, che resta quindi limitata ai soli procedimenti davanti alle Camere o alla Grande camera (art. 36 CEDU)19. In effetti, l'applicazione dell'istituto in questione si giustifica nei casi in cui vi sia l'interesse di soggetti terzi a favorire oppure ad impedire che un certo orientamento giurisprudenziale si affermi, mentre comporterebbe...

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