Risarcimento dei danni e aiuti di Stato alle imprese: recenti sviluppi

AuthorFabio Ferraro
Pages129-146

    Il presente studio riproduce e integra parzialmente la relazione presentata al convegno "Gli aiuti di Stato tra crisi dei mercati e modernizzazione delle regole di controllo", Università degli studi di Napoli "Parthenope", 15 maggio 2009.

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@1. Introduzione

1. In questo delicato momento storico, caratterizzato da una grave crisi finanziaria che si ripercuote in modo allarmante sull'economia reale, è particolarmente avvertita l'esigenza del rispetto delle "regole del gioco" in materia di aiuti di Stato alle imprese.

Una funzione rilevante per il rispetto di tali regole può essere esercitata, oltre che dagli strumenti tradizionalmente utilizzati o comunque maggiormente noti in questo campo -tra i quali, in primo luogo, il recupero degli aiuti illegittimamente concessi -anche dall'azione di responsabilità risarcitoria nei confronti degli Stati membri.

Se è vero che l'obbligo risarcitorio a carico degli Stati membri, riconosciuto più volte dalla giurisprudenza della Corte, a partire dalla nota sentenza Francovich1, rappresenta ormai un principio acquisito del diritto dell'Unione2,

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non sembra che esso sia stato adeguatamente considerato ed utilizzato nel settore degli aiuti di Stato alle imprese. Eppure, l'azione risarcitoria può essere considerata un mezzo idoneo sia a reintegrare la sfera patrimoniale del soggetto leso in modo più efficace rispetto ad altri rimedi, sia ad indurre gli Stati membri a conformarsi in modo puntuale e tempestivo alla normativa sugli aiuti di Stato alle imprese, riducendo le possibilità che infrazioni analoghe siano nuovamente commesse.

Tuttavia, non è ancora del tutto chiaro in che termini e a quali condizioni quest'azione possa essere promossa, poiché si tratta di un tema che, sebbene rivesta particolare interesse dal punto di vista sia teorico che pratico, non è stato finora affrontato con la necessaria attenzione in dottrina e in giurisprudenza, segnatamente, negli aspetti tecnico-operativi e procedurali3.

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La comunicazione concernente la cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione in materia di aiuti di Stato, adottata dalla Commissione nel 2005, si limitava ad affermare la competenza del giudice nazionale a disporre il risarcimento dei danni causati da una violazione dell'art. 108, par. 3 TFUE (già art. 88, par. 3 TCE), conformemente ai principi sviluppati nella giurisprudenza della Corte di giustizia4. Tale atto è stato sostituito nel 2009 da una nuova comunicazione della Commissione, relativa all'applicazione della legislazione in materia di aiuti di Stato da parte dei giudici nazionali, che ha ravvivato il dibattito, soffermandosi, inter alia, sui legittimati attivi e passivi e sulle condizioni necessarie per promuovere l'azione di responsabilità extracontrattuale in questo ambito5.

Alla luce di quest'ultima comunicazione, ci proponiamo pertanto di approfondire il tema in oggetto, senza tralasciare gli ostacoli che impediscono al rimedio risarcitorio di esprimere tutte le sue potenzialità a sostegno e rafforzamento dei principi in materia di aiuti di Stato alle imprese6.

@2. La ripartizione di competenze tra Commissione e giudici nazionali

2. Prima di soffermarci in dettaglio sull'esperibilità del rimedio risarcitorio nel settore degli aiuti di Stato alle imprese, occorre richiamare brevemente i tratti essenziali della ripartizione di competenze tra la Commissione e i giudici nazionali.

Come più volte ricordato dalla Corte di giustizia7, l'istituzione dell'Unione ed i giudici interni condividono la responsabilità di garantire la corretta attuazione della disciplina sugli aiuti di Stato alle imprese di cui agli articoli 107 e 108 TFUE (già articoli 87 e 88 TCE), nell'ambito però di ruoli complementari e distinti8. Difatti, sussiste una diversità ontologica, sia pure non netta, dei diffe-

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renti interessi (pubblici nel primo caso e privati nel secondo) che le due forme di intervento intendono tutelare.

È ben noto che sul piano sostanziale la normativa di riferimento è rappresentata dall'art. 107 FUE, che fissa la nozione di aiuto, la cui valutazione è affidata alla competenza esclusiva della Commissione, sotto il controllo dei giudici dell'Unione. L'istituzione ha la responsabilità di stabilire, attraverso il procedimento speciale di cui all'art. 108 TFUE, se ed in che limiti le misure statali siano compatibili con il mercato comune. Quanto evidenziato si completa con le competenze normative del Consiglio, ai sensi degli articoli 107, par. 3, lett. e), e 109 TFUE, che riguardano la possibilità attribuita a tale istituzione, rispettivamente, di individuare nuove categorie di aiuti compatibili, nonché le condizioni per l'applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE.

È altrettanto noto che sul piano procedurale l'art. 108, par. 3 TFUE impone agli Stati membri sia l'obbligo di notificare alla Commissione i progetti di aiuti sia quello correlativo di non dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedimento abbia condotto ad una decisione finale (c.d. obbligo di standstill). La violazione di queste previsioni di carattere procedurale è distinta da quella delle norme sostanziali e costituisce un motivo autonomo d'illegittimità che non può essere sanato a posteriori. Il diritto dei singoli, persone fisiche o giuridiche, al rispetto delle norme procedimentali potrebbe ridursi ad un mero flatus vocis qualora non fosse adeguatamente garantito sul piano giurisdizionale. Ed infatti, le previsioni contenute nell'art. 108, par. 3 TFUE, considerate centrali per il sistema di controllo degli aiuti9, sono provviste di efficacia diretta e attribuiscono diritti ai singoli che i giudici nazionali devono tutelare10. Ciò significa che gli organi giurisdizionali nazionali devono trarre tutte le conseguenze giuridiche derivanti da aiuti concessi illegittimamente, ivi compresi il loro recupero, la loro sospensione e il risarcimento dei danni11.

L'azione aquiliana in tema di aiuti di Stato alle imprese va pertanto promossa dinanzi ai giudici nazionali, i quali, in presenza di dubbi, possono o debbono, se di ultima istanza, rivolgere alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale di interpretazione ex art. 267 TFUE.

A ben vedere, però, la ripartizione di competenze tra Commissione e giudici nazionali non è sempre individuabile con precisione, considerato che la stessa Corte di giustizia ha espressamente affermato che i giudici nazionali possono

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trovarsi ad interpretare la nozione stessa di aiuto12. La situazione si presenta piuttosto complessa, in particolare nelle ipotesi di aiuti di Stato concessi alle imprese incaricate di un servizio di interesse economico generale, in quelle di aiuti rientranti nel regolamento di esenzione per categoria13 e nei regimi di aiuti esistenti ovvero approvati dalla Commissione. In tali casi il potere del giudice nazionale nel garantire le disposizioni procedurali di cui all'art. 108, par. 3 TFUE risulta difficilmente scindibile dall'applicazione dell'art. 107 TFUE.

Le difficoltà sono accentuate dal fatto che, in assenza di una disciplina comune dell'Unione europea, è l'ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme dell'Unione14. In altre parole, si può affermare che le azioni risarcitorie, ivi comprese quelle in materia di aiuti di Stato, passano attraverso i "canali" previsti dai vari ordinamenti giuridici interni.

Nondimeno, tale discrezionalità degli Stati membri -definita dalla Corte di giustizia "autonomia procedurale"15 -degli Stati membri deve esercitarsi entro i confini stabiliti dal diritto dell'Unione, e in via prioritaria occorre rispettare i noti principi di effettività e di equivalenza (o di non discriminazione)16. Difatti, le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di responsabilità extracontrattuale, al pari di qualsiasi altra azione nazionale fondata su diritti derivanti dall'Unione europea, non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna (c.d. principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (c.d. principio di effettività)17.

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Resta altresì da puntualizzare che la possibilità di chiedere un risarcimento danni è, in linea principio, indipendente da qualsiasi indagine parallela della Commissione concernente la stessa misura di aiuto. Un'indagine in corso non esime il giudice nazionale dall'obbligo di tutelare i diritti individuali in virtù dell'art. 108, par. 3 TFUE. Si noti che il ricorrente può dimostrare di aver subito un danno a causa dell'esecuzione prematura dell'aiuto illegittimo e, più specificamente, in conseguenza del vantaggio temporale goduto dal beneficiario, di guisa che non è esclusa la ricevibilità di domande di risarcimento danni qualora la Commissione abbia già approvato l'aiuto nel momento in cui il giudice nazionale adotta la sua decisione. Anzi, in tali casi l'azione risarcitoria può assumere una valenza fondamentale per la tutela dei diritti dei singoli, considerato che la più recente giurisprudenza della Corte, in presenza di violazioni degli obblighi di notifica e di standstill in relazione ad aiuti poi dichiarati compatibili dalla Commissione, impone ai giudici nazionali soltanto di condannare il beneficiario al pagamento degli interessi per il periodo di illegalità, attribuendo loro, invece, la discrezionalità nel disporre o meno il recupero18.

@3. Segue: la cooperazione tra Commissione e giudici nazionali

3. Per completare il quadro dei rapporti tra giudici nazionali e Commissione rilevanti per il tema in esame, occorre tener presenti ulteriori considerazioni che si desumono direttamente dall'ultima comunicazione della Commissione.

I giudici nazionali sono legittimati a presentare...

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