Risorse e politiche ambientali nell'Europa dei Quindici

AuthorOlga Marzovilla
Pages41-89
1. Premessa: sviluppo sostenibile e politica ambientale comunitaria – 2. L’e-
voluzione della politica ambientale comunitaria – 3. L’azione comunitaria a
difesa dell’ambiente – 4. Lo stato dell’ambiente nell’Europa dei Quindici –
5. La diversa “sensibilità ambientale” dei paesi membri – 6. Politica am-
bientale e libero scambio: un difficile binomio – 7. Considerazioni conclusi-
ve: l’impatto dell’allargamento – Bibliografia
1. Premessa: sviluppo sostenibile e politica ambientale
comunitaria
La crescente consapevolezza del peggioramento della qualità del-
l’ambiente che ha accompagnato il processo di sviluppo del mondo
industrializzato e del suo impatto negativo sulla salute umana, sulle
condizioni climatiche, sulla tutela della biodiversità e, più in genera-
le, per la sopravvivenza del pianeta, ha portato, nel corso degli anni
sessanta, la questione ambientale a far parte del dibattito economico,
dapprima con i contributi pionieristici di Coase (1960), Buchanan e
Stubblebine (1962), Mishan (1965), Leontief (1970), Georgescu-
Roegen (1976, 1979) e, successivamente, con l’esplosione di una va-
sta letteratura che ha spesso finito per riproporre la questione dei li-
miti della crescita, già posta dal pensiero maltusiano (T.R. Malthus,
1946).
2. Risorse e politiche ambientali nell’Europa
dei Quindici
di Olga Marzovilla
*
* Professore associato di Economia Politica nella Facoltà di Scienze Politiche della Libera Uni-
versità degli Studi “San Pio V” di Roma.
Alla base dell’animarsi del dibattito si colloca la pubblicazione di
un rapporto del Club di Roma, “I limiti dello sviluppo”, redatto da un
gruppo di lavoro del Massachusetts Institut for Technology, da cui
emergevano alcune previsioni estremamente pessimistiche: a) l’esau-
rimento della maggior parte delle risorse entro la fine del secolo (so-
prattutto mercurio, oro, argento e stagno); b) una brusca contrazione
della produzione alimentare pro-capite per effetto del progressivo
peggioramento del tenore delle risorse minerarie che, determinando
un rilevante aumento del fabbisogno di capitale per la loro estrazio-
ne, distrae le risorse dall’agricoltura; c) un aumento dell’inquinamen-
to per effetto della prosecuzione del processo di crescita, tale da de-
terminare un incremento della mortalità e la riduzione della popola-
zione (D.H. Meadows, D.L. Meadows e altri, 1972).
I risultati del rapporto dettero vita ad una serie di critiche: alcune
fondate sui limiti di struttura del modello utilizzato, che aveva igno-
rato l’influenza delle variabili politiche e sociali; altre, sulla natura
eterogenea dei dati impiegati e sull’utilizzazione di medie mondiali
che non consentivano di considerare la diversità delle specifiche si-
tuazioni. Ma le obiezioni maggiori si ponevano sul piano teorico, do-
ve una netta frattura si delineava tra coloro che vedevano l’umanità
già sulla soglia dei limiti dello sviluppo e coloro che ritenevano che
questa soglia potesse essere continuamente arretrata tramite l’evolu-
zione delle tecniche di produzione, in grado non solo di accrescere la
sostituibilità tra gli input, ma di ridurne anche la quantità per unità di
prodotto (N. Rosenberg, 1973)
1
, così riproponendo la nota disputa
originata dal pensiero maltusiano in seno alla scuola classica.
Le pessimistiche previsioni del rapporto non si sono verificate: la
disponibilità di risorse si è rivelata maggiore di quella stimata e il
progresso tecnologico e la scoperta di nuovi metodi produttivi ha
portato ad allontanare la frontiera dei limiti dello sviluppo. Rimango-
no tuttavia segnali preoccupanti: i cambiamenti climatici, la deserti-
ficazione di ampie zone, il buco nella fascia dell’ozono, le piogge
acide, la distruzione delle foreste, l’estinzione di molte specie anima-
li e vegetali, ricordano che la terra è finita e ugualmente finite sono
le sue risorse, imponendo un uso più oculato del patrimonio naturale.
L’esistenza di limiti, sia pure ancora lontani, allo sviluppo porta
alla consapevolezza che la compatibilità tra questo e la tutela del-
l’ambiente non è automatica, ma richiede l’adozione di adeguate mi-
1
A questa ottimistica visione non era estranea la convinzione che la migliore eredità per le ge-
nerazioni future sarebbe stata un maggior bagaglio di risorse scientifiche, più che un maggior
stock di risorse (O. Herfindahl, 1974).
42 UE e PECO: impatto ambientale dell’allargamento
Risorse e politiche ambientali nell’Europa dei Quindici 43
sure capaci di indirizzare i sistemi verso un certo tipo di crescita. Il
concetto di sviluppo sostenibile, inteso come sviluppo in grado di
soddisfare “i bisogni del presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (WCDE,
1987)
2
, entra così prepotentemente nel dibattito economico.
Questa concezione impone di differenziare la nozione di sviluppo
da quella di crescita economica, generalmente riferita all’aumento
del PIL reale pro-capite, comprendendo valori più generali, e dunque
non solo materiali o strettamente economici, da tutelare “per l’intero
pianeta in una prospettiva di un futuro lontano” (WCDE, 1987, p.
13). In tale contesto l’ambiente finisce con l’essere esplicitamente ri-
conosciuto come un patrimonio dell’intera umanità, inteso sia in sen-
so spaziale, ossia l’insieme di tutti gli essere viventi in un dato mo-
mento storico, sia in una prospettiva temporale di legami intergene-
razionali. Anche la scienza economica n’esce arricchita da nuovi va-
lori etico-sociali che si possono sintetizzare nella consapevolezza
dell’esigenza di un’equità sociale tra generazioni, oltre che all’inter-
no di ciascuna generazione e che creano una stretta connessione tra
economia e ambiente: l’economia non è separata dall’ambiente in cui
viviamo
3
.
La scarsità di risorse naturali pone, tuttavia, un delicato problema
di scelta tra l’ammontare di risorse da destinare al perseguimento del
benessere attuale e quello da risparmiare per la salvaguardia della vi-
ta futura. Si tratta di un problema che la prevalenza di solito accor-
data all’oggi sul domani porta generalmente a risolvere con un mas-
siccio uso di risorse a favore delle generazioni presenti. Ciò è vero
soprattutto per le economie in ritardo nel processo di crescita, nelle
quali l’esigenza di migliorare il tenore di vita attuale ha il soprav-
vento sui valori etici di tutela dell’umanità presente e futura. Si spie-
ga così, in parte, la diversa attitudine dei paesi ad affrontare le que-
stioni ambientali: il fronte dei paesi più virtuosi fa generalmente ca-
po ai paesi ad un più elevato stadio di sviluppo; il fronte di quelli me-
no virtuosi è invece solitamente costituito da quelli relativamente più
2
La nozione di sviluppo sostenibile si è diffusa nel dibattito economico e nel pensiero corren-
te dopo la pubblicazione, nel 1987, del rapporto della Commissione Brundland (World Commis-
sion on Environment and Development), creata nell’autunno del 1985 in seguito ad una risolu-
zione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Da allora numerose definizioni si sono suc-
cedute. Per il loro esame si rinvia a D. Pearce, A. Markandya, E. Barber (1989, pp. 205-214).
3
Al riguardo la Cellerino ricorda come l’esigenza di salvaguardare i principi di equità interge-
nerazionali nell’utilizzo delle risorse fosse ben presente già nel pensiero di Maffeo Pantaleoni, il
quale in una visione ottimistica del comportamento dei governi, sembra anticipare il concetto di
sviluppo sostenibile (R. Cellerino, 1991, p. 92).

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