Protezione sussidiaria ed esigenze di protezione in situazioni di violenza indiscriminata. La Corte di giustizia si pronuncia sulla c.d. direttiva qualifiche

AuthorFlavia Zorzi Giustiniani
PositionDottore di ricerca in Istituzioni e politiche comparate, internazionali ed europee dell'Università degli studi di Teramo
Pages779-803

Page 779

1. Il 17 febbraio 2009 la Corte di giustizia si è espressa in via pregiudiziale nel caso Elgafaji al fine di chiarire la portata della protezione sussidiaria in situazioni di violenza indiscriminata, questione tra le più spinose poste dalla direttiva 2004/83 (c.d. direttiva qualifiche)1. Questo caso costituisce la prima occasione per la Corte di giustizia, che peraltro ha una competenza assai limitata con riguardo alle materie del titolo IV TCE2, di esprimersi sulla nozione comunitaria di protezione sussidiaria.

2. La direttiva qualifiche costituisce il primo strumento sovranazionale che delinea uno status di protezione complementare rispetto a quello predisposto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato. La necessità di Page 780 prevedere forme di protezione c.d. complementari al fine di sopperire alle lacune del sistema di Ginevra non è certo nuova e può farsi risalire alla stessa epoca in cui gli Stati, decisi a regolare per via pattizia i flussi migratori dei richiedenti asilo, negoziavano la Convenzione sullo status di rifugiato. Questa, come è noto, garantisce una certa protezione a "chi a causa del fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale od opinione politica, si trova al di fuori del suo Stato di nazionalità e non può - ovvero alla luce di questo timore, non vuole - avvalersi della protezione di questo Stato; oppure chi, essendo apolide, si trovi al di fuori dello Stato di propria abituale residenza per i suddetti motivi e non possa - ovvero non voglia - farvi ritorno"3. L'accesso alla protezione ivi contemplato viene dunque subordinato al fondato timore di persecuzione basata sui motivi tassativamente elencati.

Consapevoli che, pur applicando scrupolosamente la definizione convenzionale di rifugiato, residuano alcune categorie di persone che non rientrano nel ristretto ambito di operatività del sistema di Ginevra, le Parti contraenti all'atto della firma avevano espresso "the hope that the Convention (...) will have value as an example exceeding its contractual scope and that all nations will be guided by it in granting so far as possible to persons in their territory as refugees, and who would not be covered by the terms of the Convention, the treatment for which it provides"4. Una realizzazione concreta di quanto allora soltanto auspicato si è avuta, a livello regionale, con la Convenzione dell'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA), che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa5, e, in America Latina, con la Dichiarazione di Cartagena sui rifugiati6. Questi due strumenti ampliano la definizione di rifugiato estendendola a coloro i quali sono stati costretti ad abbandonare il proprio Paese vuoi "a causa di aggressione esterna, occupazione, dominio straniero o gravi turbamenti dell'ordine pubblico in tutto o in una parte del Paese di origine o di cittadinanza"7, vuoi "perché la loro vita, la loro sicurezza o la loro libertà [erano] minacciate da una violenza generalizzata, un'aggressione straniera, conflitti interni, una violazione massiccia dei diritti dell'uomo o altre circostanze che abbiano gravemente turbato l'ordine pubblico"8.

Per converso, negli altri continenti l'annoso problema della protezione degli asilanti che risultano esclusi dagli stretti parametri della Convenzione di Ginevra Page 781 e del relativo Protocollo addizionale del 19679 è rimasto sostanzialmente insoluto a livello internazionale10. In assenza della volontà politica necessaria per accordarsi su soluzioni condivise, gli Stati hanno proceduto uti singuli a predisporre forme di protezione complementare11. La prassi statale, per quanto variegata, pare in gran parte condizionata dal carattere temporaneo e discrezionale12dei meccanismi adottati. La situazione prevalente nell'Unione europea prima dell'adozione della direttiva qualifiche non si discostava dal quadro testé delineato. In particolare, alcuni Paesi (quali Belgio, Irlanda e Regno Unito) prediligevano il ricorso a meccanismi ad hoc, mentre altri Stati membri della UE avevano codificato diverse forme di protezione complementare, la cui gestione tuttavia era regolata secondo criteri improntati alla massima discrezionalità delle autorità statali13. Il contenuto sostanziale della protezione spaziava dunque dalla garanzia del non refoulement, al rilascio di un titolo di soggiorno più o meno temporaneo fino al riconoscimento esplicito di una serie di diritti.

3. Lo sviluppo nel processo di integrazione europea, unitamente alla crescente pressione dei flussi migratori sul vecchio continente, hanno reso indifferibile l'armonizzazione normativa del settore. Ciò è avvenuto secondo modalità inedite. Alla strada già tracciata e consistente nell'applicare la Convenzione di Ginevra a una sfera più ampia di persone rispetto ai suoi destinatari designati, gli Stati membri dell'Unione europea hanno preferito la creazione di un percorso parallelo, incentrato su un secondo status di protezione, denominato protezione sussidiaria. Page 782

La necessità di predisporre norme comuni in materia è stata affermata per la prima volta al Consiglio europeo di Tampere, e poi codificata ad Amsterdam nell'art. 63 TCE. Per la realizzazione concreta della comunitarizzazione della protezione sussidiaria si è tuttavia dovuto attendere fino al 2001, anno a cui risale la primigenia formulazione della direttiva 2004/8314. Peraltro, sulla base di una proposta formulata dal Governo danese già nel marzo 1997, gli Stati membri erano stati invitati a fornire informazioni sulle prassi seguite in tema di protezione complementare. Il quadro che risultava da questi dati15 mostrava una prassi generalizzata, ma non necessariamente formalizzata, di concedere forme di protezione per motivi latamente umanitari. Prassi che peraltro, come si è detto, era alquanto diversificata da uno Stato all'altro.

L'intento della direttiva, nella proposta iniziale della Commissione16, avrebbe dovuto essere inter alia17 quello di approntare una disciplina comune della protezione sussidiaria che prendesse spunto dai "best elements" delle prassi degli Stati membri18. Un'osservazione attenta del contenuto dello strumento in questione induce tuttavia, come si vedrà, a dubitare che i buoni propositi avanzati dalla Commissione abbiano trovato un riscontro effettivo nello strumento19. Nel testo finale, infatti, il contenuto della protezione, come l'ambito dei suoi beneficiari, risultano assai circoscritti rispetto a quanto inizialmente proposto.

4. Che il regime di protezione internazionale - intendendosi con questa espressione, come concepita dalla direttiva stessa, i due status di rifugiato e di protezione Page 783 sussidiaria ivi definiti20 - delineato nella direttiva sia ben lungi dal riflettere le pratiche più avanzate esistenti al riguardo in alcuni Stati membri è evidente anzitutto nella definizione assai restrittiva di alcuni elementi essenziali della nozione di rifugiato, quali ad esempio il concetto di "persecuzione" e di "determinato gruppo sociale"21. Alquanto arbitrario appare inoltre l'aver escluso dal novero dei virtuali beneficiari della protezione internazionale i cittadini dei Paesi membri; esclusione che, pur avendo un impatto assai limitato, equivale a una ridefinizione in senso restrittivo del concetto di rifugiato - in quanto tale vietata dalla Convenzione di Ginevra22 - e a una discriminazione sulla base del Paese di origine, anch'essa vietata dalla suddetta Convenzione23. La decisione di considerarsi reciprocamente Paesi di origine "sicuri" non è nuova, bensì fu adottata per la prima volta al momento della firma del Trattato di Amsterdam, e poi codificata in un apposito Protocollo24. Tale riconoscimento ai sensi del Protocollo subisce delle Page 784 eccezioni nel caso in cui uno Stato si sia avvalso della facoltà di deroga prevista dall'art. 15 CEDU, o allorché il Consiglio abbia avviato o concluso il procedimento previsto dall'art. 7 TUE25. Se la presunzione che gli Stati membri siano Paesi d'origine sicuri per tutte le questioni concernenti l'asilo già all'epoca aveva suscitato forti perplessità in dottrina26, ancora più grave appare l'aver riproposto la riferita presunzione depurata delle seppur minime eccezioni previste ad Amsterdam.

Secondo la direttiva è ammissibile alla protezione sussidiaria il "cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all'articolo 15, e al quale non si applica l'articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese"27. La protezione sussidiaria può essere accordata soltanto a coloro che non possiedono i requisiti per accedere allo status di rifugiato. Tuttavia, la sussistenza delle diverse cause di esclusione, cessazione e revoca enunciate all'art. 17, che tra l'altro sono ben più numerose di quelle relative allo status di rifugiato, fa sì che la protezione sussidiaria non possa essere considerata una forma di protezione residuale, "di chiusura" rispetto a quella derivante dalla Convenzione di Ginevra28.

La richiesta di protezione internazionale è indifferenziata, spettando poi alle autorità competenti verificare se sussistano le condizioni per riconoscere lo status Page 785 di rifugiato ovvero di protezione sussidiaria. La differenza tra i due status non è di scarso rilievo, e può apprezzarsi sotto diversi profili. Anzitutto, il contenuto della protezione non è il medesimo, giacché lo standard di tutela connesso alla protezione sussidiaria è inferiore rispetto a quello previsto per i rifugiati e per molta parte la sua...

To continue reading

Request your trial

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT