Nuovi sviluppi in tema di rapporti tra Corte EFTA e Corte CE: la sentenza Pedicel A/S and Sosialog helsedirektoratet
Author | Daniele Gallo |
Position | Dottorando nell’Università di Roma "La Sapienza" |
Pages | 367-394 |
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@1. La rilevanza della giurisprudenza comunitaria e l’autonomia dalla Corte CE nella giurisprudenza della Corte EFTA alla luce della sentenza Pedicel
1. La sentenza Pedicel, emessa dalla Corte EFTA il 25 febbraio 20051, riveste particolare interesse al fine di mostrare gli sviluppi più recenti occorsi nei rapporti tra questa Corte e la Corte CE, con riguardo specifico, da un parte, alla rilevanza della giurisprudenza comunitaria nella giurisprudenza della Corte EFTA e, dall’altra, all’autonomia che caratterizza quest’ultima nella sua relazione con la Corte CE.
La rilevanza non si esaurisce nella formulazione di frequenti rinvii alla giurisprudenza comunitaria, presenti in questa come in tutte le altre sentenze emesse fino ad oggi dalla Corte EFTA. Essa si esprime anche e soprattutto nel costante recepimento del ragionamento svolto dai giudici comunitari da parte della Corte EFTA, la quale, ponendo sullo stesso piano la propria giurisprudenza e quella comunitaria, attribuisce ad entrambe la medesima efficacia in termini di precedente2.
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Le basi della relazione giuridica tra le due Corti sono, infatti, da individuare nel sistema di tutela giurisdizionale “a due pilastri”3 istituito dall’Accordo sullo Spazio economico europeo (Accordo SEE)4 e, in particolare, dall’obiettivo diPage 369 “omogeneità giuridica” prefigurato ai paragrafi 4 e 15 del Preambolo, all’art. 3 dell’ESA/Court Agreement5 e agli articoli 1, 6, 105, 106, 107 e 111 dell’Accordo SEE6. A tale proposito, il diritto SEE distingue tra sentenze della Corte CE pronunciate prima o dopo la data della firma dell’Accordo SEE del 2 maggio 1992. Per quanto riguarda la giurisprudenza precedente a tale data, l’art. 6 dispone che le norme dell’Accordo, nella misura in cui siano sostanzialmente identiche allePage 370 corrispondenti norme dei trattati comunitari e degli atti adottati in loro applicazione, devono essere interpretate in conformità alle pertinenti sentenze della Corte CE7. Per quanto concerne, invece, la giurisprudenza comunitaria successiva al 2 maggio 1992, ed estranea quindi all’acquis communautaire recepito dalla Corte EFTA, l’art. 3, par. 2 dell’ESA/Court Agreement stabilisce che la Corte EFTA, nell’interpretazione e nell’applicazione del suo stesso accordo istitutivo e dell’Accordo SEE, debba tenere nella dovuta considerazione i principi formulati nelle sentenze pronunciate dalla Corte CE dopo la data della firma dell’Accordo SEE attinenti all’interpretazione di quell’Accordo e/o delle disposizioni dei Trattati comunitari. Ora, la norma, nell’utilizzare un’espressione meno incisiva con riguardo alla giurisprudenza successiva alla firma dell’Accordo SEE rispetto a quella adottata in relazione alla giurisprudenza precedente a tale data, sembra attribuire un minore grado di vincolatività alla prima rispetto alla seconda, prevedendo, appunto, non già un obbligo di interpretazione conforme alla giurisprudenza comunitaria quanto piuttosto l’obbligo di tenere in considerazione quest’ultima nell’interpretazione del diritto SEE. Se ciò è vero sotto un profilo esclusivamente formale, dal punto di vista dell’applicazione materiale del diritto SEE da parte dei giudici EFTA, risulta che tali giudici, fino ad oggi, hanno attribuito alle sentenze rese dopo il 2 maggio 1992 la medesima rilevanza riconosciuta a quelle rese in epoca precedente a tale data8. Tale atteggiamento, del resto, è confermato anche nella sentenza in esame ove, ad esempio, la Corte EFTA, come si vedrà, richiama indifferentemente la sentenza Dassonville del 1974 e la sentenza De Agostini del 1997.
Da quanto esposto emerge che, a differenza della giurisprudenza di altri tribunali internazionali istituiti nell’ambito di sistemi di integrazione economica regionale9, in cui vengono formulati rinvii alla giurisprudenza comunitaria inPage 371 ragione di simili competenze ratione materiae e sulla base di una scelta discrezionale dei diversi giudici investiti della causa, la relazione esistente tra Corte EFTA e Corte CE, proprio perché “istituzionalizzata” a livello normativo dallo stesso Accordo SEE, è naturalmente predisposta a produrre un rapporto di interdipendenza tra i due fenomeni di mirror jurisdiction e mirror legislation10, rendendo così del tutto originale la dinamica con cui si sviluppa l’interconnessione tra le due Corti europee11. Infatti, la configurazione della propria giurisprudenza,Page 372 effettuata sulla base di quella comunitaria, così come previsto dall’Accordo SEE12, ha consentito alla Corte EFTA di riconoscere, sin dalla prima pronuncia pregiudiziale del 16 dicembre 199413, efficacia diretta alle norme dell’Accordo, in conformità ad un principio-cardine del diritto comunitario. Tale riconoscimento, formulato attraverso un tipo di interpretazione dinamica, teleologica e funzionale14, le ha così permesso di affermare, in un primo tempo, la responsabilità dello Stato EFTA per violazione del diritto SEE15. Successivamente, la Corte EFTA ha riconosciuto, nel caso di conflitto con norme nazionali, la prevalenza delle norme dell’Accordo SEE, già recepite negli ordinamenti degli StatiPage 373 EFTA e purché siano precise e non condizionate ad alcun provvedimento formale dell’autorità nazionale16.
In merito all’autonomia della Corte EFTA rispetto alla Corte CE, la sentenza Pedicel è di grande interesse per comprendere un ulteriore elemento di originalità che distingue tale Corte dagli altri organi giurisdizionali regionali. Mentre il rapporto tra questi e la Corte CE si caratterizza per la costante, pervasiva ed unilaterale penetrazione della giurisprudenza comunitaria nella loro giurisprudenza, la relazione tra Corte EFTA e Corte CE non segue un andamento per così dire unidirezionale, tale per cui mentre la prima recepisce la giurisprudenza della Corte CE, quest’ultima rimane impermeabile all’influsso della giurisprudenza della Corte EFTA. Infatti, da un’originaria posizione ancillare rispetto alla Corte comunitaria, la Corte EFTA ha iniziato a porsi nei confronti di quest’ultima in termini dialogici17, non più quindi semplicemente passivi o recettivi e, in quelle pronunce in cui sono emerse divergenze interpretative tra i due tribunali, perfino dialettici18.
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Così facendo, i giudici EFTA hanno utilizzato nella maniera più efficace i “margini di manovra” previsti dalla normativa SEE, la quale, pur affermando una sorta di “dipendenza istituzionale” della giurisprudenza EFTA dalla quella comunitaria, enuncia il fondamentale principio per cui l’interpretazione e l’applicazione del diritto SEE e del diritto comunitario deve avvenire “in full deference to the independence of courts”19.
Tale caratteristica pone quindi la Corte EFTA in un rapporto non solo di recepimento ma anche di autonomia rispetto al sistema comunitario20. Ed è proprio il binomio “omogeneità/autonomia”21, la cui manifestazione più evidente è nel rapporto bilaterale e di influenza reciproca tra le due Corti europee, a costituire l’aspetto più interessante del sistema di tutela giurisdizionale EFTA22.
La sentenza Pedicel, quindi, ha carattere paradigmatico perché, oltre a recepire la giurisprudenza comunitaria, presenta un forte carattere di autonomia – nella duplice natura di dialogo e di dialettica – nei confronti della giurisprudenza della Corte CE.
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@2. I fatti della causa e l’iter procedurale
2. La sentenza Pedicel23 trae origine dal ricorso pregiudiziale24 proposto con decisione del 7 luglio 2004 dal Consiglio del Mercato norvegese (Markedsrådet), ai sensi dell’art. 34 dell’Accordo SEE.
Il Consiglio chiese alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione delle norme dell’Accordo disciplinanti la libera circolazione dei beni e dei servizi per la risoluzione di una controversia sorta tra la società Pedicel A/S ed il Direttorato norvegese per la salute e gli affari sociali. Tale controversia ha per oggetto l’imposizione di una sanzione amministrativa nei confronti della Pedicel per viola-Page 376zione del divieto di pubblicità sulle sostanze alcoliche stabilito dalla Sezione 9-2 della Legge norvegese sulla vendita dei prodotti alcolici del 2 giugno 1989. Motivo della sanzione è la pubblicazione da parte di Pedicel della rivista “Vinforum”, specializzata nel settore enologico e rivolta “ad intenditori ed amanti del vino”25, il cui numero del dicembre 2003 conteneva inserzioni pubblicitarie di diverse “etichette” di vino26.
Pedicel non contesta né l’applicazione della Sezione 9-2 del regolamento n. 1292 dell’11 dicembre 1997 sulla vendita dei prodotti alcolici alla rivista né l’inapplicabilità alla presente fattispecie della Sezione 9-3 del richiamato regolamento, in base alla quale sono escluse dal divieto determinate forme di pubblicità. Al contrario, pur riconoscendo che il commercio di prodotti alcolici è ricompreso nel paragrafo 1 della Sezione 9-2 della Legge, Pedicel ritiene che un divieto di pubblicità a carattere generale del tipo di quello vigente nell’ordinamento norvegese è da ritenersi incompatibile con gli articoli 11 e 36 dell’Accordo SEE.
I quesiti sollevati dal giudice norvegese sono tre: con il primo viene domandato alla Corte se gli articoli 1827 e 2328 debbano essere interpretati nel senso di ritenere applicabile l’Accordo, in maniera specifica gli articoli 1129 e 3630, anchePage 377 al vino, tenuto conto del fatto che esso non è incluso nella lista di prodotti cui è fatto rinvio ai sensi dell’art. 8, par. 331; con il secondo si chiede se a giudizio della Corte i medesimi articoli 11 e/o 36 possano ricomprendere nel loro ambito di applicazione anche una normativa nazionale recante il divieto di pubblicità di sostanze alcoliche come quella contenuta nella Sezione 9-2 della Legge norvegese del 1989; con il terzo, infine, nel caso di risposta affermativa al secondo quesito, si pone il problema circa la possibilità che tale divieto sia mantenuto per ragioni di tutela della salute e, se del caso, sia ritenuto conforme al principio di proporzionalità...
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