Tra consenso, crisi e conflitto. L’11 settembre 2001 e gli effetti sui rapporti tra Germania e USA

AuthorGünther Heydemann
PositionLehrstuhl für Neuere und Zeitgeschichte an der Universität di Lipsia
Pages255-268

    Traduzione dal tedesco di Ursula Ollendorf.

Page 255

@1. Introduzione

1. Senza dubbio l’11 settembre 2001 rappresenta la data più incisiva della storia recente. Gli attacchi terroristici sul World Trade Center a New York e sul Pentagono a Washington hanno segnato una nuova situazione politica nel mondo, con delle conseguenze per la politica internazionale tuttora decisive. Per tutto il mondo l’attacco dei terroristi islamici ai luoghi di potere politico ed economico è stato uno shock, in particolar modo per gli USA stessi. Il trauma psicologico che ne nasceva, almeno all’inizio, sembrava una cesura epocale, paragonabile alla caduta del muro di Berlino, che simbolizzava la fine della guerra fredda. Ma l’attacco, del tutto inaspettato, è stato percepito come un evento traumatizzante, anche perché gli Stati Uniti, al contrario dei Paesi europei o del Giappone, fino ad allora non avevano mai subito un attacco sul proprio territorio. Inoltre, l’11 settembre ha svelato in maniera spietata che l’America, come proiezione del potere globale1, era inefficiente in confronto a piccoli gruppi terroristici, non legati ad uno Stato. La precisione degli attacchi, la pianificazione sulla quale si erano basati, così come la loro organizzazione sincronica e, non da ultimo, il loro effetto disastroso, hanno reso improvvisamente molto evidente la potenziale vulnerabilità dei sistemi di potere, economici e sociali dello sviluppatissimo mondo occidentale. In un mondo globalizzato il terrorismo stesso si rivelò “un fenomeno della globalizzazione”, in quanto “i gruppi islamici-terroristici si servirono di pratiche di globalizzazione già esistenti”2.

Inoltre, l’attacco terroristico colpì gli Stati Uniti in una situazione di assoluta superiorità in confronto a tutti gli altri Stati del mondo – anche per questo loPage 256 shock fu così profondo. Dalla guerra fredda, che era durata quattro decenni e aveva caratterizzato la seconda metà del XX secolo, gli USA, usciti come indiscussi vincitori, “da potere dell’occidente” erano diventati “potere del mondo”3. Essi rappresentavano, infatti, l’unico potere egemonico rimasto dopo il crollo e la dissoluzione della Unione Sovietica. Nessun altro Stato raggiungeva una tale potenza economica ed un tale arsenale militare. Eppure, di fronte alla violenza e alla precisione di quell’attacco, progettato con scaltrezza e eseguito senza pietà, questo gigante, apparentemente inattaccabile, si è dimostrato gravemente colpito.

Comunque, non si è trattato solo di un attacco al superpotere mondiale, ma di un attacco consapevolmente calcolato al più grande potere “occidentale”, anzi, contro l’occidente in genere. E come tale è stato inteso dagli altri Stati occidentali, Germania inclusa. Essi hanno visto in tale attacco (e continuano a vedervi) una dichiarazione di guerra da parte del terrorismo contro i valori e le conquiste “occidentali”, cioè contro la democrazia, la salvaguardia dei diritti umani e civili, lo Stato di diritto, la libertà di religione, l’economia di mercato, la libertà di stampa e, non da ultimo, contro il pluralismo culturale. Di conseguenza era inerente all’attacco dell’11 settembre 2001 il rifiuto consapevole di tali valori. Non c’è quindi da meravigliarsi che la lotta al terrorismo internazionale sia divenuta uno dei compiti al quale i Ministeri degli esteri e della sicurezza interna di quasi tutti gli Stati danno maggiore precedenza.

Dopo l’attacco è stato ripetutamente proclamato, in particolar modo da parte degli Stati dell’occidente, il comune impegno a combattere uniti il terrorismo internazionale, per salvaguardare i valori fondamentali della democrazia, dello Stato di diritto, dell’economia di mercato e del pluralismo. Nei fatti, però, alcuni avvenimenti non hanno contribuito per niente a rafforzare l’unione dell’occidente, come invece tutti si aspettavano. La guerra contro l’Iraq, infatti, condotta a seguito dell’attacco dell’11 settembre, ha provocato indubbiamente le maggiori tensioni tra gli USA e l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. I rapporti tradizionalmente buoni tra la Germania e l’America ne hanno risentito in una maniera che ha sorpreso il mondo della politica, della stampa e della scienza politica su entrambi i lati dell’Atlantico. A parte gli errori diplomatici, le posizioni politiche differenti furono la conseguenza di percezioni, norme e valori differenti. Convinzioni fondamentali comuni e un’alleanza durata decenni non riuscirono più a prevalere sulle importanti differenze tra americani e europei, riguardanti per esempio il diritto internazionale, le politiche di sicurezza e le misure militari come mezzo politico, così come il rispetto dei diritti umani e civili. Il rapporto transatlantico tuttora ne risente. Anche se il cambio di governo in Germania, avvenuto nell’autunno 2005, ha portato ad un miglioramento del rapporto con gli USA, continua a persistere un dissenso “sottotraccia”, anche perché l’intervento militare deciso dal Presidente George W. Bush in Iraq nonPage 257 solo non ha portato ad alcun successo, ma ha prodotto una maggiore destabilizzazione della situazione nel vicino e medio oriente.

Di seguito saranno prima ricostruite alcune delle tappe più importanti del rapporto tra Germania e l’America nell’arco di tempo tra l’attacco dell’11 settembre 2001 e l’inizio della guerra in Iraq del 20 marzo 2003, che emersero nel contesto di cresenti punti di vista differenti tra gli USA e la Germania sulla politica da perseguire nel vicino e medio oriente e in cui si sono avvicendate fasi di consenso, crisi e conflitto. Dopo di che saranno evidenziati i problemi bilaterali attuali, che emergono da tale situazione.

@2. I rapporti tra Germania e USA dopo l’11 settembre: dalla piena collaborazione al contrasto sull’attacco all’Iraq

2. Il mostruoso attacco terroristico dell’11 settembre 2001 suscitò shock e terrore. Come in tutto il mondo, anche in Germania la televisione trasmise e ritrasmise come i due aerei dirottati colpirono le due torri del World Trade Center e come queste, dopo poco tempo, crollarono. Solo a New York l’attacco costò la vita a 2823 persone; una cifra che solo parecchio tempo dopo poté essere verificata4.Tra le vittime c’erano anche 80 tedeschi. Si trattò del numero più alto di tedeschi mai uccisi in un attacco terroristico.

Nello stesso giorno il Governo tedesco – all’epoca composto dalla coalizione rosso-verde – dichiarò la propria illimitata solidarietà con gli USA, confermata dal Cancelliere Gerhard Schröder il giorno dopo in una seduta straordinaria del Bundestag tedesco: “Ho espresso al Presidente americano le condoglianze più sentite da parte di tutto il popolo tedesco. Inoltre, gli ho assicurato la illimitata – ripeto: la illimitata solidarietà della Germania”. In un comunicato stampa dell’ufficio del Cancelliere, del 21 settembre 2001, ciò venne riaffermato, aggiungendo: “Questo include anche un eventuale sostegno militare”. Gli altri partiti tedeschi, esclusa la PDS, aderirono a questa dichiarazione. Tre settimane dopo, il 2 ottobre 2001, gli Stati membri della NATO dichiararono, per la prima volta nella storia dell’Alleanza atlantica, l’esistenza di un attacco armato contro uno di essi, che ai sensi dell’art. 5 del Trattato NATO fa scattare l’obbligo di assistenza per gli altri Stati membri dell’Alleanza.

Pochi giorni dopo l’attacco e la dichiarazione di solidarietà del Cancelliere, la stampa espresse i primi dubbi sull’applicabilità di questa dichiarazione: “Fino a dove arriva la solidarietà illimitata, quando i tedeschi stessi rischiano di diventare il bersaglio dei terroristi? (...) Come si deve comportare il governo tedesco nei confronti degli USA? (...) George Bush sarebbe da sostenere anche nel caso di una spietata campagna militare di vendetta?”5. Con attenzione si registrò che l’assicurazione della solidarietà avrebbe comportato anche il pericolo di un incondizionato aiuto militare, che sarebbe andato contro gli interessi fondamentali della Germania e che non sarebbe stato sostenuto da tutti i componenti della coalizione rosso-verde, anche perché nella maggioranza dei Verdi e in parti della corrente di sinistra della SPD predominava un rigoroso pacifismo. Tali problemiPage 258 si evidenziarono il 16 novembre 2001, quando il Cancelliere Schröder si vide costretto a porre la questione di fiducia a favore di un intervento militare antiterroristico della Bundeswehr (l’esercito tedesco) in Afghanistan, contro la base operativa dell’organizzazione terroristica Al Qaida, responsabile degli attacchi negli USA. Il risultato, con una maggioranza di soli due voti per il Cancelliere Schröder, fu molto scarso. Nonostante ciò, la votazione portò all’invio di 3.900 soldati tedeschi in Afghanistan, nell’ambito dell’operazione antiterroristica Enduring Freedom6.

La coalizione governativa Schröder-Fischer aveva serie intenzioni non solo di riconfermare il sostegno agli USA sotto l’aspetto militare, ma anche di giocare un ruolo attivo a livello multilaterale ed internazionale, e lo dimostrò organizzando la conferenza di pace per l’Afghanistan. Gli accordi di pace firmati a Bonn il 5 dicembre 2001 crearono i fondamenti politico-giuridici per un governo di transizione di una durata massima di sei mesi dopo la caduta del regime talibano. Nello stesso momento il governo tedesco approvava la partecipazione della Bundeswehr alla forza internazionale di sicurezza per l’Afghanistan (ISAF), a partire da gennaio 2002. Inoltre la Bundesmarine cominciò nello stesso periodo, nell’ambito di Enduring Freedom, delle missioni di controllo intorno al corno d’Africa, così come il collocamento di idrovolanti di ricognizione a Mombasa (in Kenya). Inoltre, furono mandati dei carri armati in ricognizione in Kuwait. Nel suo insieme, si trattò della più grande operazione all’estero nella storia della Bundeswehr. A fine 2001-inizio 2002 tra la Germania e gli USA c’era quindi, tutto sommato, un consenso sia politico che militare.

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