La tutela della concorrenza tra poteri regolativi delle Autorità indipendenti e controlli giurisdizionali

AuthorAngela Del Vecchio/Corrado Calabrò/Lamberto Cardia/Antonio Catricalà/Pasquale de Lise/Enzo Moavero Milanesi
PositionOrdinario di Diritto internazionale nella LUISS "Guido Carli" di Roma/Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni/Presidente della CONSOB/Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato/Presidente del TAR Lazio/Giudice del Tribunale di primo grado delle Comunità europee
Pages689-725

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(Università LUISS “Guido Carli”, Roma, 19 gennaio 2007)

@Introduzione

Occorre, come è noto, attendere il 2001 perché nell’ordinamento italiano la “tutela della concorrenza” divenga un principio espressamente garantito a livello costituzionale nell’art. 117, 2° comma, lett. e).

Fino a quel momento, tale garanzia costituzionale poteva essere ricavata, sia pure in via interpretativa e giurisprudenziale, dai limiti imposti dall’art. 41 all’iniziativa economica privata ed in particolare dal limite della “utilità sociale”, anche se non risulta chiaramente che i Costituenti abbiano avuto piena consapevolezza della necessità di tutelare specificamente con quella norma la libertà di concorrenza, così come non risulta sostanzialmente emanata fino al 1990 alcuna normativa d’attuazione. Ed infatti è soltanto con la legge 10 ottobre 1990 n. 287 che si dettano disposizioni espressamente attuative “dell’art. 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica”, anche se con la stessa legge, che come è noto disciplina la tutela della concorrenza e del mercato, istituendo la relativa Autorità, si stabilisce che l’interpretazione dei concetti-chiave della normativa debba essere effettuata “in base ai principi dell’ordinamento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza”. Quindi nella stessa legge esiste un duplice riferimento a due distinte fonti di legittimazione: la Costituzione e l’ordinamento comunitario.

In realtà, l’ambiguità di questo richiamo, il lungo decorso del tempo tra il 1948 ed il 1990 e soprattutto la creazione, a parte l’istituzione nel 1974 della CONSOB, specialmente negli anni Novanta di numerose Autorità indipendenti di garanzia inducono piuttosto a condividere quelle opinioni, secondo cui molte di esse ed anche il modello di libera concorrenza previsto in particolare dalla legge n. 287 trovino una “copertura” normativa non tanto nell’art. 41 della Costituzione, quanto piuttosto nel principio, introdotto nel nostro ordinamento con il Trattato CEE del 1957, di tutela della concorrenza e degli altri valori connessi, quali la trasparenza, la completezza dell’informazione societaria e così via. È dunque “l’incidenza comunitaria” a giustificare, se non ad imporre, l’affidamento di certi settori delicati, quali, in particolare, quelli della concorrenza, dei mercati finanziari, della privacy, delle comunicazioni e dell’energia, a soggetti non politicamente responsabili.

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L’“irrompere”, come è stato detto in dottrina, negli anni Novanta sempre più incalzante e disordinato, di nuove figure di Autorità indipendenti nel nostro ordinamento non è tanto la conseguenza di precedenti esperienze americane ed europee, quanto della crisi del sistema politico-partitico di quegli anni e soprattutto del passaggio dal modello dello Stato “gestore” a quello dello Stato “regolatore”, indotto anche dai processi comunitari di liberalizzazione e di creazione di mercati concorrenziali in diversi settori.

Ma tutto questo ormai è “storia”. La “cronaca” ci dice invece come, in tempi recenti, anche per l’emergere di alcuni scandali economici, si sia in una fase di ripensamento dell’attuale assetto e funzionamento delle Autorità e siano pertanto allo studio diversi progetti di una legge di sistema, che introduca forme di riordino e di razionalizzazione nel sistema delle Authority. Forme di razionalizzazione, peraltro, indotte, e in molti casi imposte, dalla necessità di adeguarsi in modo più efficiente ai vincoli comunitari, giacché tali soggetti agiscono, spesso collegati in apposite “reti” europee per il coordinamento e lo scambio di informazioni reciproche, in un quadro normativo europeo, precipuamente dando attuazione ad atti e regole comunitari per immetterli poi, con le forme e modalità previste, nei rispettivi ordinamenti nazionali.

Valga per tutti l’esempio del regolamento (CE) n. 1/2003, che ha configurato le Autorità nazionali preposte alla tutela della concorrenza come strumenti operativi della Commissione nell’attuazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE. Si realizzano così forme di integrazione comunitaria delle autorità nazionali della concorrenza – ma anche di altre Autorità – sempre crescenti, perché spesso il diritto comunitario non solo definisce il quadro normativo, ma detta perfino regole organizzative e funzionali delle Autorità, così da delineare una sorta di sistema “misto” in cui organi comunitari e nazionali cooperano in base ad apposite procedure.

Si possono così individuare i tratti di un nuovo diritto europeo “ancora allo stato nascente”, ma la sottolineatura europea forse non basta, poiché le Autorità costituiscono espressione, come è stato detto, di un’economia sempre più globalizzata, che postula organizzazioni amministrative ad alta competenza tecnica, autonome ed indipendenti dai rispettivi sistemi statali e collegate in reti, che operano a livello transnazionale. In realtà, il modello organizzativo di questi soggetti non è predeterminato nel diritto comunitario, che ne indica solo gli obiettivi da perseguire, cosicché la scelta degli assetti organizzativi delle Autorità deriva essenzialmente dalla discrezionalità del legislatore nazionale, oltre che, naturalmente, dall’influenza di altre legislazioni.

Ma questa pluridimensionalità delle principali Autorità indipendenti e di garanzia pone il problema dell’incidenza dei loro provvedimenti e soprattutto dei rimedi giurisdizionali rispetto ad essi. In proposito è già da rilevare una certa eterogeneità, tra le varie Authority, in ordine al rispettivo regime dei ricorsi giurisdizionali, ma le cose divengono ancor più complesse in riferimento al delicato riparto tra giurisdizione comunitaria e giurisdizione nazionale – nel cui ambito, con riferimento all’applicabilità delle regole antitrust, basta ricordare per tutte la sentenza della Corte di giustizia del 9 settembre 2003, causa C-198-01, Consorzio italiano fiammiferi (ma queste cose le spiegheranno Moavero e de Lise) –.

Quello però che è essenziale è che gli interessi, spesso colossali, connessi a queste nuove forme di economia trovino una sede adeguata di tutela giurisdizionale. Vero è che la giurisprudenza comunitaria, basandosi su canoni interpretativi molto più sostanzialistici che formalistici, ha notevolmente ampliato l’ambito dei legittimati a ricorrere contro atti delle Authority, così come ha ampliato sensibilmente la tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici, attraverso un’interpretazione estensiva della figura di “organismo pubblico”.

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Ed è altresì vero che la giurisprudenza italiana si è mossa prontamente su queste impostazioni, adattandole al proprio ordinamento interno. Si è aperta quindi una collaborazione feconda tra giudici comunitari e giudici nazionali, nell’intento di offrire una tutela più adeguata al cittadino italiano ed europeo.

@Il ruolo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

1. L’argomento di questo Convegno è sempre di attualità e interesse: la libera concorrenza. Libero mercato e democrazia sono, in certo senso, dogmi della religione laica del moderno Stato anglosassone.

Oggi, dire più concorrenza appare quindi quasi scontato, anche se non del tutto inutile, considerate le resistenze ancora presenti nel nostro Paese.

Come affermava Luigi Einaudi, la concorrenza è una pianta delicata che va curata contro il rischio rappresentato dai Governi e dalla loro “tendenza ad imbrigliare la naturale e spontanea creatività umana”.

Ma c’è anche un rischio di eccesso di regolamentazione da parte dei Regolatori? In Europa, siamo giunti ad uno stadio del processo di liberalizzazione in cui ci si domanda se sia ancora il caso di dettare regole ex ante o se non sia preferibile affidare il mercato al solo intervento ex post della disciplina antitrust.

Un’azione di tutela della concorrenza si esplica sia in un’attività di regolamentazione del mercato sia in una di controllo antitrust.

La prima, che definisce ex-ante alcune norme che regolano il funzionamento del mercato (ora va di moda il termine level playing field), è specialistica perché si applica ad alcuni settori da poco liberalizzati (energia, gas, acqua, trasporti, telecomunicazioni), dove esistono segmenti in cui sono presenti colli di bottiglia e monopoli naturali; la seconda che valuta ex post i comportamenti delle imprese (anche se esiste l’eccezione della valutazione, ex-ante, delle concentrazioni), è più generale, perché si applica a tutti i settori economici, ma risulta sufficiente solo nei mercati competitivi, cioè dove la concorrenza si è ormai affermata.

Tutela ex ante e tutela ex post si integrano quindi utilmente, e a volte necessariamente, nell’ambito oramai di un medesimo consolidato bagaglio di strumenti, economici e giuridici, concorrenziali.

Circa la competenza a esercitare gli interventi in base ai principi a tutela della concorrenza può notarsi che nel mondo esistono le più svariate esperienze con, di norma, una separazione tra l’Autorità di regolamentazione, che detiene specifiche competenze tecnicosettoriali (economiche ed ingegneristiche), e l’Autorità antitrust, che applica una medesima metodologia, economico-giuridica, a tutti i mercati.

In altri casi, come nel Regno Unito – informato da sempre alla cultura generale antitrust e più di recente focalizzato anche sulla cultura della regolazione preventiva – nell’ambito del settore regolato, la vigilanza, ex ante ed ex-post, spetta integralmente all’Autorità regolatrice.

In Italia, si è scelto il primo assetto istituzionale, con un rapporto di interazione e di collaborazione tra le due Autorità – l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato – che in concreto funziona egregiamente graziePage 692 all’ottimo rapporto di interazione istituzionale intercorrente tra le relative strutture e all’eccellente relazione personale che c’è tra i rispettivi vertici.

Ma qual è propriamente il compito della...

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