La tutela del legal privilege nel diritto comunitario della concorrenza

AuthorGiuseppe Morgese
PositionAssegnista di ricerca in Diritto internazionale nell’Università degli studi di Bari
Pages311-359

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@1. Introduzione

1. La recente pronuncia del Tribunale di primo grado delle Comunità europee nella causa Akzo Nobel1 offre l’occasione per compiere alcune riflessioni in merito al riconoscimento e all’àmbito di applicazione del principio della riservatezza delle comunicazioni tra l’impresa sottoposta a procedimento antitrust e il proprio avvocato (c.d. legal privilege) quale concreto limite ai poteri di cui dispone la Commissione europea2 per l’individuazione e la repressione delle violazioni del diritto comunitario della concorrenza tra imprese di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato CE. Simili riflessioni paiono utili sia alla luce dei profili di novità che la pronuncia appena ricordata presenta rispetto alla precedente giurisprudenza AM & S3, sia con riferimento alla necessità di valutare la compatibilità del principio in esame, così come attualmente delimitato nel diritto comunitario, con il catalogo di diritti fondamentali contenuti nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)4.

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In considerazione della disciplina giuridica sulla quale va a incidere il limite in esame, appare necessario premettere alcuni sintetici cenni alla procedura antitrust comunitaria che, com’è noto, si compone di una fase preliminare e di una procedimentale vera e propria5. Nella fase preliminare, che va dall’apertura di un fascicolo a carico di una o più imprese per sospetta violazione delle norme sulla concorrenza6 fino alla notifica della comunicazione degli addebiti di cui all’art. 10 regolamento n. 773/047, la Commissione dispone attualmente di una serie di poteri di indagine più penetranti rispetto alla normativa previgente8. Infatti, oltre alla possibilità di svolgere indagini per settore economico o per tipo di accordo (art. 17 regolamento n. 1/03), l’autorità antitrust comunitaria può richiedere alle imprese sotto indagine tutte le informazioni necessarie per l’accertamento della sospetta violazione (art. 18 regolamento n. 1/03), può raccogliere dichiarazioni da parte di persone fisiche e giuridiche ma solo previa accettazione da parte di queste ultime (art. 19 regolamento n. 1/03) e soprattutto ha il potere di svolgere ispezioni presso la sede delle imprese indagate (art. 20 regolamento n. 1/03)9 così come presso altri locali, compresi i domicilî privati dei membri della compagine aziendale (art. 21 regolamento n. 1/03). Qualora la Commissione sia convinta che si ricada in un’ipotesi di violazione delle regole a tutela della concorrenza si apre la fase formalmente procedurale, il cui primo atto consistePage 313 nell’invio di una comunicazione degli addebiti alle imprese indagate allo scopo di fissare il thema decidendum e permettere a quelle di predisporre le loro difese prima della decisione finale10. Durante questa fase l’autorità antitrust comunitaria ha in particolare l’obbligo di consentire alle parti l’accesso al fascicolo11 e la possibilità di essere ascoltate oralmente nel corso di un’audizione12. La fase procedimentale termina con la richiesta del parere al Comitato consultivo in materia di intese e abusi di posizione dominante, composto dai rappresentanti degli Stati membri, e l’adozione collegiale della decisione finale da parte della Commissione.

All’interno del procedimento appena descritto è dato rilevare un àmbito di applicazione del generale principio del rispetto dei diritti della difesa. Giova sottolineare come tale principio, non previsto nel regolamento n. 17/62, sia stato ricavato dalla giurisprudenza sulla base di alcuni principî generali desumibili dagli ordinamenti degli Stati membri e dalla CEDU13 ma circoscritto in funzione del procedimento su cui andava a incidere, procedimento a sua volta finalizzato al raggiungimento del superiore obiettivo della tutela dell’assetto concorrenziale del mercato comunitario.

Per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, oltre alle previsioni relative ai diritti e doveri sia delle imprese che della Commissione in caso di richiesta di informazioni o di ispezioni aziendali e domiciliari, sono stati individuati alcuni limiti all’obbligo di fornire informazioni o documenti. Innanzitutto è stato riconosciuto il diritto delle imprese indagate a non contribuire alla propria incriminazione14. Simile diritto è stato tuttavia inteso non tanto come principio generale ma come limite specifico ai poteri di indagine della Commissione e dunque costruito in termini alquanto ristretti in ragione degli opposti doveri gravanti sulle imprese di collaborare attivamente con questa e di fornire ai suoi agenti informazioni complete, esatte e non fuorvianti15.

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In secondo luogo, la giurisprudenza ha ricavato anche il limite della riservatezza della corrispondenza tra impresa e avvocato, limite oggetto della presente indagine, sottraendola in quanto tale all’àmbito materiale dei documenti soggetti al potere di controllo degli agenti comunitarî16. Salvo questi due limiti, costruiti come si diceva in termini restrittivi, né il regolamento n. 1/03 né la giurisprudenza comunitaria si sono preoccupati di stabilire il pieno diritto delle imprese di essere assistite da un avvocato durante le indagini preliminari a fronte delle richieste di spiegazioni durante le ispezioni aziendali (possibilità viceversa non prevista per le ispezioni negli altri locali) e, più in generale, nella fase della ricerca documentale nei locali dell’impresa come negli altri locali17.

Nella fase formalmente procedimentale, invece, i diritti della difesa sembrano essere meglio garantiti già dall’invio della comunicazione degli addebiti, nella misura in cui quest’ultima dev’essere redatta in termini sufficientemente chiari da permettere alle imprese di conoscere i rilievi mossi dalla Commissione nei loro confronti e di presentare le opportune controdeduzioni. Altri elementi che militano in questo senso sono rinvenibili nelle già ricordate disposizioni regolamentari che prevedono in termini inequivoci il diritto di accesso al fascicolo, pur con le sue limitazioni materiali, e quello di essere ascoltati nel corso di un’audizione. Una tale constatazione sembra infine avvalorata, come pure è stato notato18, dal più generale complesso normativo che sembrerebbe attribuire alle imprese altre facoltà quali il diritto dei destinatarî della comunicazione degli addebiti di essere assistiti da un consulente legale durante la fase formale, il diritto di presentare in base all’art. 10 regolamento n. 773/04 osservazioni scritte entro un termine prefissato dalla Commissione, e il diritto di assistere alle audizioni di terzi quando esse abbiano luogo dopo l’inizio del procedimento formale.

In presenza del quadro appena descritto, esigenze di tutela della riservatezza delle comunicazioni tra impresa e consulente legale sembrano suscettibili di venire in rilievo in diversi momenti. Durante la fase formale tale esigenza appare meglio garantita in ragione dell’attribuzione al consigliere-auditore del potere di organizzare le audizioni, di verificare il rispetto dei diritti della difesa e di adottare decisioni relative alle richieste di accesso al fascicolo. Ciò al contrario non può dirsi con riferimento alla fase delle indagini preliminari in cui la Commissione gode di poteri in massima parte non sottoposti a controllo da parte di soggettiPage 315 terzi e ove i diritti delle imprese si configurano come un’eccezione a detti poteri. Proprio in considerazione di tale ultimo rilievo, e dell’opposta impostazione garantista ricavabile dalle disposizioni normative e dalla giurisprudenza degli organi della CEDU, si ritiene di doverci muovere nell’individuazione del preciso àmbito di applicazione della tutela in esame all’interno del diritto della concorrenza, tenendo a mente che la ricostruzione proposta dalla giurisprudenza comunitaria non può dirsi ad oggi del tutto soddisfacente.

@2. Definizione del legal privilege e suo fondamento negli ordinamenti di common law, di civil law e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

2. Le espressioni “legal privilege” e “attorney-client privilege”, tra loro sostanzialmente equivalenti e di derivazione anglosassone19, vengono utilizzate in quegli ordinamenti per indicare l’ampio riconoscimento del carattere riservato di determinate comunicazioni tra il cliente e il consulente legale ai fini della formazione della prova nei procedimenti lato sensu legali20. È appena il caso di sottolineare come la tutela in esame sia suscettibile di coprire il contenuto delle rilevanti comunicazioni ma non si estenda ai fatti oggetto delle stesse, nella duplice misura in cui questi ultimi per un verso non risultano coperti da riservatezza per il solo fatto di essere stati comunicati a un consulente legale e per altro verso possono essere utilizzati come prova e opposti alla persona sottoposta al procedimento qualora divenuti noti in altra maniera21.

Il riconoscimento del legal privilege nei sistemi giuridici anglosassoni ha comportato il divieto per il professionista legale di rivelare tali comunicazioni e il contestuale obbligo per le autorità civili, amministrative o penali di non accedervi e utilizzarle salvo il consenso rispettivamente del cliente e del soggetto sottoposto a procedimento. Ne consegue sia la legittimità dell’opposizione del rifiuto in risposta ad un ordine di divulgazione da parte delle autorità sia la non ammissibilità delle stesse come prova nel caso in cui siano state acquisite al fascicolo contro la volontà del cliente22.

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Allo scopo di mettere in rilievo i diversi presupposti su cui si fonda il principio della tutela delle comunicazioni tra cliente e avvocato ai fini della formazione della prova nei distinti ordinamenti di common e di civil law, e di conseguenza valutare la sua estensione nel diritto comunitario della concorrenza, sembra non inutile ripercorrere brevemente l’evoluzione che l’istituto in oggetto ha avuto nei due grandi sistemi giuridici appena...

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