Verso nuovi filoni di analisi delle rimesse dei migranti Sud-Nord: la tematica migration and development nella UE

AuthorOscar Garavello
Pages145-175

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@1. Introduzione

Nell’ambito delle discussioni teoriche ed empiriche dei processi di crescita dei PVS un nodo centrale riguarda i differenti modi di finanziamento degli investimenti che nell’attuale strategia di sviluppo aperto e di spinta globalizzazione economica e finanziaria richiedono quantità crescenti di risorse estere. L’esperienza ci mostra la presenza di due principali categorie di acquisizione delle risorse ricordate che caratterizzano diversamente i singoli PVS (le diverse categorie di PVS). La prima modalità si basa sulle tradizionali transazioni di mercato in base a variabili strettamente economiche come ad esempio le esportazioni di beni e servizi, i movimenti internazionali di capitale e gli investimenti diretti esteri. La seconda modalità comprende poste più diverse ed eterogenee, basate volta a volta sulla solidarietà internazionale, motivazioni altruistiche, buona sorte, sfruttamento delle posizioni dominanti, ecc. che comunque sfuggono alla normale tassonomia degli scambi internazionali di beni, servizi e capitali. Senza graduatoria di importanza, si possono comprendere risorse cedute a titolo gratuito tramite l’assistenza allo sviluppo, trasferimenti unilaterali privati come le rimesse degli emigrati ed infine i ricavati valutari delle esportazioni di materie strategiche per effetto delle impennate dei corsi mondiali (international windfall gains).

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La differenza sostanziale fra le due categorie di operazioni consiste nel fatto che le prime attivano nei PVS meccanismi di crescita endogena nel mediolungo periodo tramite aumento della occupazione, investimenti, produttività e progresso tecnico, alimentano lo spirito concorrenziale, accrescono la interdipendenza orizzontale e verticale fra i vari settori, ecc. Le elevate entrate valutarie attivate dalle transazioni del secondo tipo sembrano giocare un ruolo meno attivo in quanto non derivano da alcun processo di produzione nel paese beneficiario, vengono trasferite a soggetti non propriamente strategici nei processi di crescita e sono utilizzate per larga parte per consumi pubblici e privati. Esse sono ampiamente differenziate per quanto riguarda il grado di instabilità, le cause determinanti, le destinazioni finali, la distribuzione fra autorità pubbliche ed operatori privati, ecc. con effetti non sempre facilmente analizzabili.

Limitandoci alle transazioni della seconda categoria, si può ben dire che sinora l’analisi di gran lunga più completa riguarda il modus operandi dell’aiuto estero risalendo addirittura all’inizio della “economia dello sviluppo”, cioè ai primi anni ‘50. La teoria economica è riuscita anche a selezionare le cause del relativo insuccesso delle risorse concesse a titolo gratuito separando i fallimenti a livello microeconomico da quelli di natura settoriale e macroeconomica senza trascurare ovviamente gli aspetti di political economy. Il rapido succedersi delle varie tappe dell’analisi economica ha favorito in modo diretto il passaggio alle modalità di aiuto estero più appropriate alle diverse situazioni (project aid, programme aid, structural adjustment aid, ecc.). Da ultimo il Millennium Development Goals ha introdotto per il periodo 2000-2015 profonde modifiche agli obiettivi dell’assistenza allo sviluppo ormai centrati sull’eradicamento della povertà, lasciando agli scambi commerciali e finanziari con l’estero il finanziamento dei processi di crescita.

Del tutto diverse sono invece le conclusioni per quanto riguarda gli international windfall gains, venuti alla luce solo alla metà-fine degli anni ‘70 in relazione ai due oilshocks che hanno interrotto “les glorieuses trente (1945-75)” delle economie occidentali. Per motivi del tutto ovvi, nei due episodi ricordati l’interesse si è concentrato soprattutto sui windfall losses di quei (non pochi)

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paesi importatori di petrolio (industriali ed in via di sviluppo) con le conseguenti tensioni inflazionistiche e deficit dei conti con l’estero. Tuttavia, problemi di non minore interesse ha fatto sorgere la posizione dei paesi esportatori di risorse energetiche caratterizzati da forte aumento della popolazione, elevata densità demografica, disoccupazione estesa, povertà dilagante ecc. per i quali gli anni di bonanza costituivano occasioni uniche di attivazione dei processi produtrtivi. Purtroppo assai spesso i risultati sono stati insoddisfacenti e qualche volta pessimi in quanto i windfall gains ben poco hanno contribuito agli obiettivi sperati per la loro variabilità ed imprevedibilità, le distorsioni strutturali del tessuto economico ed il sorgere di rentseeking societies.

Per molti motivi la novità più interessante si concentra ora sulle rimesse degli emigranti che dai PVS si indirizzano in modo sempre più massiccio verso i paesi industriali o ad elevato reddito. Il problema è sorto solo recentemente in quanto sino a pochi anni fa le rimesse costituivano solo una parte minima delle entrate valutarie e del reddito nazionale e venivano valutate solo in connessione ai miglioramenti delle situazioni di povertà estrema delle famiglie di origine. La situazione oggi è radicalmente cambiata per le diverse caratteristiche dei flussi migratori a più elevata qualifica professionale e maggiore razionalità economica e per la spinta a più vigorosi processi di crescita dei paesi di emigrazione. Aggiungasi che negli ultimi 30-40 anni l’analisi economica si è arricchita continuamente di nuovi filoni di analisi e la migliore documentazione statistica ha stimolato ricerche sofisticate sulle cause e sugli effetti dei flussi migratori. Il problema chiaramente non è solo quello di spiegare quanto accaduto nel più recente passato e neppure prevedere cosa succederà nel prossimo futuro (ci si può spingere sino al 2030 con una certa approssimazione) sulla base del business as usual ma anche di intervenire correttamente a livello bilaterale, regionale o addirittura mondiale.

Nella tematica ricordata si colloca il presente saggio che intende soffermarsi sul ruolo delle rimesse nel finanziamento degli investimenti nei PVS ed in modo più comprensivo nella incentivazione dei processi di crescita. Si esamina dapprima il modello più generale correntemente utilizzato che lega rimesse ed investimenticrescita sulla base di semplici relazioni che sembrano rispecchiare

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le condizioni dei PVS caratterizzate da uno squilibrio strutturale delle divise estere (par. 2). Poiché le ipotesi del modello presentato sembrano assai fragili, occorre sostituirle con altre più realistiche nelle condizioni tipiche dei PVS (par. 3) senza trascurare apporti più interessanti dei nuovi filoni di ricerca sulle rimesse che certamente aprono nuovi orizzonti sui rapporti migratori SudNord (par. 4). Le conclusioni alla quale si giunge aprono un nuovo interessante campo di indagine per le politiche immigratorie della Ue che da un lato si basa e dovrà basarsi ancora per lungo tempo sui flussi migratori e dall’altro lato svolge una funzione intensa a favore della crescita dei PVS con i più vari interventi commerciali e finanziari.

@2. Il ruolo delle rimesse nel finanziamento degli investimenti nei PVS: il modello di base

Si può senza tema di smentite affermare che l’efficacia delle rimesse ai fini della crescita dei paesi di provenienza si presenta quanto mai diversificata, dipendendo dalle caratteristiche dei flussi migratori per livello di qualificazione, durata del soggiorno estero, origine geografica, possibilità di ricongiungimenti familiari, ecc. per non parlare delle condizioni strutturali e congiunturali delle aree ospitanti, ecc. Questa caratteristica rende assai difficile e spesso blocca sul nascere qualsiasi tentativo di formalizzare con modelli complessi gli effetti (e le cause) delle rimesse per cui spesso ci si deve limitare a conoscenze aneddotiche e/o indagini empiriche limitate nel tempo e nello spazio. Senza passare in rassegna la modellistica più moderna che analizza i diversi aspetti delle rimesse nei PVS anche per lo stato ancora incerto dell’arte ed i continui progressi in corso può essere significativo porre in luce il modello di base che più o meno esplicitamente viene accettato per poi passare ad osservarlo in modo critico sino ad incorporarne i più recenti contributi.

Secondo il modello correntemente adottato, le rimesse attenuano o eliminano la strozzatura fondamentale dei PVS consistente nel divario fra entrate ed uscite di divise estere (foreign exchange gap) che limita la possibilità di finanziare in modo corretto gli in-

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vestimenti necessari per espandere ed approfondire la struttura di produzione. Le rimesse degli emigrati vengono quindi utilizzate produttivamente in una ottica di crescente apertura con l’estero per l’importazione di beni capitali indispensabili per gli investimenti nonché di beni intermedi destinati allo sfruttamento integrale della esistente capacità produttiva e di beni alimentari di base richiesti dall’aumento della occupazione1. In assenza di risorse estere, l’incentivazione degli investimenti provoca nei PVS tensioni inflazionistiche (nel caso di beni nontradeable) e deficit nei conti con l’estero (nel caso di beni tradeable) scontrandosi con la anelasticità della offerta nazionale. La ricordata situazione di squilibrio non è facilmente sanabile con gli usuali interventi di politica economica che comunque riducono la propensione all’investimento: l’adozione di interventi protezionistici peggiora la allocazione e la produttività delle risorse, il ricorso a prestiti esteri minaccia la solvibilità esterna del paese e quindi frena gli imprenditori esteri, lo spostamento delle risorse interne dal consumo (privato e pubblico) alla accumulazione di capitale si rivela socialmente pericoloso, ecc.

Il modello precedente può venire raffinato in diverse direzioni ma l’aspetto di maggiore interesse riguarda quell’insieme di meccanismi tramite i quali le rimesse influenzano l’offerta di moneta, il mercato monetario, il costo dei...

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