Pareri nº C-63/08 of Tribunale di Primo Grado delle Comunità Europee, January 01, 2010

Resolution DateJanuary 01, 2010
Issuing OrganizationTribunale di Primo Grado delle Comunità Europee
Decision NumberC-63/08

Nel procedimento C‑63/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal tribunal du travail d’Esch-sur-Alzette (Lussemburgo), con decisione 14 febbraio 2008, pervenuta in cancelleria il 18 febbraio 2008, nella causa

Virginie Pontin

contro

T‑Comalux SA,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 gennaio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

– per la sig.ra Pontin, dall’avv. L. Dupong, avocat;

– per la T‑Comalux SA, dagli avv.ti A. Kronshagen e V. Tutak, avocats;

– per il governo lussemburghese, dal sig. C. Schiltz, in qualità di agente;

– per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. M. van Beek, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 marzo 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 10 e 12 della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348, pag. 1), nonché dell’art. 2 della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 settembre 2002, 2002/73/CE (GU L 269, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva 76/207»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Pontin e il suo ex datore di lavoro, la società T‑Comalux SA (in prosieguo: la «T‑Comalux»), in seguito al suo licenziamento avvenuto nel corso del mese di gennaio dell’anno 2007.

Contesto normativo

Il diritto comunitario

La direttiva 92/85

3 Dal nono ‘considerando’ della direttiva 92/85 emerge che la protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non deve svantaggiare le donne sul mercato del lavoro né pregiudicare le direttive in materia di parità di trattamento tra uomini e donne.

4 Ai termini del suo art. 1, n. 1, detta direttiva ha per oggetto l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

5 Ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 92/85, si intende per lavoratrice gestante «ogni lavoratrice gestante che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

6 In virtù dell’art. 8, n. 1, di detta direttiva, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici di cui all’art. 2 fruiscano di un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.

7 L’art. 10 della direttiva 92/85, intitolato «Divieto di licenziamento», è formulato come segue:

Per garantire alle lavoratrici ai sensi dell’articolo 2 l’esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo:

1) gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare il licenziamento delle lavoratrici di cui all’articolo 2 nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità di cui all’articolo 8, paragrafo 1, tranne nei casi eccezionali non connessi al loro stato ammessi dalle legislazioni e/o prassi nazionali e, se del caso, a condizione che l’autorità competente abbia dato il suo accordo;

2) qualora una lavoratrice ai sensi dell’articolo 2 sia licenziata durante il periodo specificato nel punto 1), il datore di lavoro deve fornire per iscritto giustificati motivi per il licenziamento;

3) gli Stati membri adottano le misure necessarie per proteggere le lavoratrici di cui all’articolo 2 contro le conseguenze di un licenziamento che a norma del punto 1) è illegittimo

.

8 Ai sensi dell’art. 12 della direttiva 92/85:

Gli Stati membri introducono nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie per consentire a qualsiasi lavoratrice che si ritenga lesa dalla mancata osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva di difendere i propri diritti per via legale e/o, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, mediante ricorso ad altre istanze competenti

.

La direttiva 76/207

9 Come risulta dal suo art. 1, n. 1, della direttiva 76/207, essa mira all’attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, e l’accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro.

10 L’art. 2, n. 1, della medesima direttiva dispone che tale principio «implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia».

11 L’art. 2, n. 7, primo comma, di detta direttiva prevede che quest’ultima «non pregiudica le misure relative alla protezione della donna, in particolare per quanto riguarda la gravidanza e la maternità» e il terzo comma della medesima disposizione recita come segue: «[a]i sensi della presente direttiva un trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità ai sensi della direttiva [92/85] costituisce una discriminazione».

12 In virtù dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 76/207, l’applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne significa che non vi deve essere discriminazione diretta o indiretta in base al sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene, in particolare alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento. Gli Stati membri, in virtù del n. 2, lett. a), del medesimo articolo, sono tenuti a prendere le misure necessarie per assicurare che tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate.

Il diritto nazionale

13 L’art. L. 124‑11, nn. 1 e 2, del code du travail luxembourgeois (codice del lavoro; in prosieguo: il «code du travail») dispone quanto segue:

1. Un licenziamento contrario alla legge e/o che non sia fondato su motivi concreti e gravi, connessi con le attitudini o il comportamento del lavoratore o con esigenze organizzative dell’impresa, dello stabilimento o del servizio, è abusivo e costituisce un atto socialmente ed economicamente illegittimo.

Lo stesso vale quando il licenziamento sia contrario ai criteri generali di cui all’articolo L. 423‑1, punto 3.

2) L’azione giudiziaria contro la risoluzione abusiva del contratto di lavoro deve essere promossa dinanzi al giudice del lavoro, a pena di decadenza, entro tre mesi a decorrere dalla comunicazione del licenziamento o, se del caso, della sua motivazione. In mancanza di motivazione, il termine decorre dalla scadenza del termine di cui all’articolo L. 124‑5, n 2.

Tale termine è validamente interrotto nel caso in cui il lavoratore, il suo rappresentante o la sua organizzazione sindacale presentino un reclamo scritto al datore di lavoro. Detto reclamo fa decorrere un nuovo termine di decadenza di un anno

.

14 L’art. L. 124‑12, n. 4, di detto codice enuncia:

In caso di nullità di un licenziamento prevista per legge, il giudice del lavoro dispone, su istanza, la reintegrazione del lavoratore. (...).

Con riferimento al ricorso per nullità si applicano le disposizioni di cui all’art. L. 124‑11

.

15 Il code du travail, nel suo libro III, titolo III, contiene un capo VII, intitolato «Divieto di licenziamento», in cui figura l’art. L. 337‑1 che è formulato come segue:

(1) È fatto divieto al datore di lavoro di comunicare la risoluzione del rapporto di lavoro o, eventualmente, una convocazione al colloquio preliminare, a una lavoratrice in stato di gravidanza medicalmente accertato, e per il periodo di dodici settimane successivo al parto.

Qualora la risoluzione del contratto venga comunicata prima che sia stato medicalmente accertato lo stato di gravidanza, la lavoratrice può, entro otto giorni dalla comunicazione del licenziamento, dimostrare tale stato inviando un certificato tramite lettera raccomandata.

Il licenziamento comunicato in violazione del divieto di licenziamento previsto nei due commi precedenti e, se del caso, la convocazione al colloquio preliminare sono nulli e privi di effetti.

Entro quindici giorni dalla risoluzione del contratto la lavoratrice può chiedere con semplice istanza al presidente del tribunale del lavoro, che statuisce d’urgenza e con le modalità del procedimento sommario, sentite o debitamente convocate le parti, di dichiarare la nullità del licenziamento e di ordinare il mantenimento della lavoratrice nell’impresa nonché, se del caso, la sua reintegrazione conformemente alle disposizioni dell’art. L. 124‑12, n. 4

.

(...)».

16 Ai termini dell’art. L. 337‑6 del code du travail:

La lavoratrice che sia stata licenziata a causa del suo matrimonio può invocare la nullità del suo licenziamento e chiedere la continuazione del rapporto di lavoro con lettera raccomandata...

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