Sentenze nº T-903/16 of Tribunal General de la Unión Europea, February 14, 2019

Resolution DateFebruary 14, 2019
Issuing OrganizationTribunal General de la Unión Europea
Decision NumberT-903/16

Dati personali - Tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento di tali dati - Diritto di accesso a tali dati - Regolamento (CE) n. 45/2001 - Diniego di accesso - Ricorso di annullamento - Lettera che rinvia a un precedente diniego parziale di accesso senza effettuare un riesame - Nozione di atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE - Nozione di atto meramente confermativo - Applicabilità in materia di accesso ai dati personali - Fatti nuovi e sostanziali - Interesse ad agire - Ricevibilità - Obbligo di motivazione

Nella causa T-903/16,

RE, rappresentato da S. Pappas, avvocato,

ricorrente,

contro,

Commissione europea, rappresentata da H. Kranenborg e D. Nardi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda basata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento della nota del direttore della direzione Sicurezza della Direzione generale Risorse umane e sicurezza della Commissione, del 12 ottobre 2016, nella parte in cui respinge la domanda del ricorrente di accesso ad alcuni dei suoi dati personali,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, R. da Silva Passos, K. Kowalik-Bańczyk (relatore) e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: N. Schall, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 settembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1 Il ricorrente, RE, esercita le funzioni di [riservato] (1) nell’ambito della Direzione generale Cooperazione internazionale e sviluppo della Commissione europea.

2 Il ricorrente è stato oggetto di un’indagine amministrativa (in prosieguo: l’«indagine amministrativa») svolta dalla direzione Sicurezza della Direzione generale Risorse umane e sicurezza della Commissione (in prosieguo: la «direzione Sicurezza»). Tale inchiesta riguardava l’asserita partecipazione del ricorrente ad attività di servizi segreti e, in particolare, la sua condotta durante un conflitto tra due Stati terzi, essendo egli sospettato di essere stato, in quell’occasione, troppo vicino a uno di detti Stati e di aver ad esso divulgato, senza autorizzazione, alcune informazioni riservate.

3 Con messaggio di posta elettronica del 5 dicembre 2013, il ricorrente ha chiesto alla direzione Sicurezza, sulla base dell’articolo 13 del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1), che gli fossero fornite tutte le informazioni e tutti i dati personali e professionali che lo riguardavano e che erano detenuti dalla tale direzione.

4 Con nota del 25 febbraio 2014, il direttore della direzione Sicurezza, dopo aver riscontrato che alcuni documenti erano già stati trasmessi al ricorrente il 27 novembre 2013, gli ha negato l’accesso agli altri dati personali che lo riguardavano, affermando che tali dati rientravano nelle deroghe e nelle limitazioni previste all’articolo 20, paragrafo 1, lettere da a) a d), del regolamento n. 45/2001.

5 Ritenendo che tale diniego di accesso violasse l’articolo 13 e l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 45/2001, il ricorrente, con lettera del 18 aprile 2014, ha presentato un reclamo al garante europeo della protezione dei dati (GEPD) ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento n. 45/2001.

6 Con decisione del 26 febbraio 2016, il GEPD ha affermato che, visto il modo in cui la direzione Sicurezza aveva applicato le deroghe previste all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 45/2001, la suddetta Direzione non aveva correttamente trattato alcuni dei dati personali del ricorrente.

7 A seguito della decisione del GEPD, la direzione Sicurezza ha riesaminato la domanda del ricorrente volta all’accesso ai propri dati personali.

8 Al termine di tale riesame, il direttore della direzione Sicurezza, con decisione dell’8 marzo 2016 (in prosieguo: la «decisione dell’8 marzo 2016»), ha accolto in parte la domanda del ricorrente, accordandogli l’accesso ad alcuni dei suoi dati personali e trasmettendogli, inoltre, otto documenti (documenti nn. 44, da 59 a 62, 67, 69 e 71). Tale decisione includeva, in allegato, una tabella che riguardava 71 documenti detenuti dalla direzione Sicurezza e che indicava, per ciascuno di tali documenti, la data, l’oggetto, il tipo di dati personali ivi contenuti, una breve descrizione del contenuto di tali dati, la fonte di questi ultimi e, per quanto riguarda 35 dei 71 documenti (documenti 1, da 6 a 9, 11, 12, da 14 a 16, 18, 20, 21, 27, 28, 31, 32, 35, 36, 41, 42, 45, 46, da 48 a 52, da 54 a 57, 66, 68 e 70), il motivo o i motivi in base ai quali taluni di detti dati non potevano essere comunicati in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 1, lettere a) e c), del regolamento n. 45/2001. Tra i suddetti documenti rientrava, con il numero 57, una «nota relativa all’assunzione [del ricorrente] in qualità di [riservato] presso la [Direzione generale Cooperazione internazionale e sviluppo della Commissione]» del 23 gennaio 2012 (in prosieguo: il «documento n. 57»).

9 Con messaggio di posta elettronica del 29 aprile 2016 inviato alla direzione Sicurezza, il ricorrente ha preso atto delle risposte fornite dalla decisione dell’8 marzo 2016 e ha comunicato il desiderio di avere accesso a «un numero limitato di documenti [tra quelli elencati nella tabella allegata a tale decisione]». In tale occasione, il ricorrente ha altresì chiesto di essere informato della data in cui l’indagine amministrativa si sarebbe conclusa.

10 Al tempo stesso, il ricorrente ha presentato al GEPD un ulteriore reclamo in data 5 luglio 2016, sostenendo che nella decisione dell’8 marzo 2016 la direzione Sicurezza continuava a non rispettare la decisione del GEPD del 26 febbraio 2016 relativa al precedente reclamo del ricorrente.

11 Con decisione del 25 luglio 2016 (in prosieguo: la «decisione del GEPD del 25 luglio 2016»), il GEPD ha ritenuto che nella decisione dell’8 marzo 2016 la direzione Sicurezza avesse pienamente attuato le raccomandazioni da esso formulate nella sua decisione del 26 febbraio 2016 e, di conseguenza, ha affermato che la decisione dell’8 marzo 2016 non aveva violato l’articolo 13 e l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 45/2001.

12 Il 14 settembre 2016, la direzione Sicurezza ha risposto al messaggio di posta elettronica del ricorrente del 29 aprile 2016. Ritenendosi adita di una domanda di accesso ai documenti sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), la direzione Sicurezza ha chiesto al ricorrente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, di detto regolamento, di chiarire la sua domanda onde consentire a quest’ultima di individuare i documenti ai quali egli chiedeva di accedere. Inoltre, la direzione Sicurezza ha comunicato al ricorrente che l’indagine amministrativa si era conclusa il 31 agosto 2016.

13 Con lettera del 21 settembre 2016 indirizzata alla direzione Sicurezza (in prosieguo: la «domanda del 21 settembre 2016»), il ricorrente ha chiesto l’accesso a 42 dei 71 documenti individuati nella decisione dell’8 marzo 2016 (documenti nn. da 1 a 5, 8, 11, 13, 14, 19, da 21 a 30, 33, 34, da 37 a 43, da 47 a 53, da 56 a 58 e da 63 a 65) o, quanto meno, alle «informazioni» contenute in tali documenti facendo valere, da un lato, l’articolo 13 del regolamento n. 45/2001 e, dall’altro, l’articolo 6 del regolamento n. 1049/2001. In tale occasione, il ricorrente ha suddiviso i documenti e le informazioni ai quali chiedeva di accedere in quattro gruppi, designati dalle parti come gruppo A (documenti nn. da 2 a 5, 13, 19, da 22 a 26, 29, 30, 33, 34, da 37 a 40, 43, 47, 53, 56, 58 e 63), gruppo B (documenti nn. 8, 11, 41, 42, 48, 49 e 51), gruppo C (documenti nn. 48, 49 e 51, già inclusi nel gruppo B) e gruppo D (documenti nn. 1, 14, 21, 27, 28, 50, 52 e 57), ed ha precisato, per ciascuno di tali gruppi, i motivi che giustificavano, a suo avviso, l’accoglimento della sua domanda.

14 Il 12 ottobre 2016, il direttore della direzione Sicurezza ha risposto alla domanda del 21 settembre 2016 con una nota (in prosieguo: la «nota impugnata»), che era del seguente tenore:

1. Nella Sua [domanda] del 21 [settembre] 2016, Lei fa riferimento all’articolo 13 del regolamento n. 45/2001 al fine di chiedere l’accesso ad alcuni documenti. [A tal riguardo], [La] rinvio al[la] decisione [dell’8 marzo] 2016 […].

Inoltre, [La] rinvio alla decisione del [GEPD] del 25 luglio 2016, che enuncia chiaramente che il GEPD non dispone di alcun elemento tale da ritenere che la direzione Sicurezza abbia violato il Suo diritto di accesso ai Suoi dati personali. Pertanto, ritengo che la direzione Sicurezza abbia [correttamente] trattato la Sua domanda di accesso ai Suoi dati personali.

2. Nella Sua [domanda del 21 settembre 2016], Lei cita anche il regolamento n. 1049/2001 […] e chiede di accedere a specifici documenti del [Suo] fascicolo indicati nella [tabella allegata alla decisione dell’8 marzo 2016]. In proposito, desidero richiamare la Sua attenzione sul fatto che i documenti che Le [dovessero essere] trasmessi sulla base di tale regolamento diventerebbero accessibili a chiunque dovesse chiederli in futuro e, quindi, diventerebbero de facto pubblici, se del caso in una versione dalla quale siano stati semplicemente espunti i Suoi dati personali.

La preghiamo di...

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