Conclusiones del Abogado General Sr. G. Pitruzzella, presentadas el 20 de abril de 2023.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2023:318
Date20 April 2023
Celex Number62022CC0374
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 20 aprile 2023 (1)

Causa C374/22

XXX

contro

Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Rifugiati minorenni – Direttiva 2011/95/UE – Domanda di protezione internazionale a titolo derivato presentata dal padre – Rigetto – Articolo 23 – Condizioni di accesso ai benefici previsti per i familiari – Definizione – Requisito secondo cui il nucleo familiare del rifugiato deve essere stato costituito nel paese d’origine – Effetto diretto – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7, 18 e 24 – Parità di trattamento – Effettività della protezione internazionale – Mantenimento dell’unità del nucleo familiare»






1. «Per i rifugiati, e per coloro che cercano di proteggerli, il diritto all’unità del nucleo familiare implica il diritto al ricongiungimento familiare in un paese di asilo, in quanto i rifugiati non possono tornare in sicurezza nel loro paese d’origine per godere in esso del diritto alla vita familiare. L’integrità del nucleo familiare del rifugiato è allo stesso tempo un diritto e un principio umanitario; essa rappresenta inoltre un quadro di protezione essenziale e un importante presupposto della riuscita di soluzioni durevoli per i rifugiati, contribuendo così a restituire loro una parvenza di vita normale» (2). Una delle questioni fondamentali sollevate dalla presente causa è se si possa limitare il godimento di tale diritto ai soli nuclei familiari di rifugiati che sono stati costituiti nello Stato d’origine.

2. Si tratta di una questione delicata, sotto vari aspetti. Anzitutto, perché siffatta limitazione sembra derivare dalla scelta esplicita del legislatore dell’Unione. Inoltre, perché la normativa dell’Unione applicabile ai rifugiati oscilla continuamente tra la definizione di garanzie fondamentali che devono essere assicurate ai rifugiati, resi particolarmente vulnerabili dal loro percorso migratorio subito, e la volontà degli Stati membri di contenere i flussi migratori (3). Infine, perché le peculiarità della controversia principale potrebbero indurre a superare il nesso che si riteneva consustanziale tra l’idea di trasferimento e lo status di rifugiato in quanto i minori ai quali è stato riconosciuto detto status sono nati in Belgio da genitori che si sono incontrati in tale Stato membro.

I. Contesto normativo

A. Direttiva 2011/95/UE

3. I considerando 18 e 19 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (4), sono così formulati:

«(18) Nell’applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all’“interesse superiore del minore”, in linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. Nel valutare l’interesse superiore del minore gli Stati membri dovrebbero tenere debitamente presenti, in particolare, il principio dell’unità del nucleo familiare, il benessere e lo sviluppo sociale del minore, le considerazioni attinenti alla sua incolumità e sicurezza, nonché il parere del minore in funzione dell’età o della maturità del medesimo.

(19) È necessario ampliare la nozione di “familiari” tenendo conto delle diverse situazioni particolari di dipendenza e della speciale attenzione da prestare all’interesse superiore del minore».

4. Il considerando 38 della direttiva 2011/95 precisa che, «[n]el decidere se concedere i diritti ai benefici previsti nella presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero tenere in debito conto l’interesse superiore del minore nonché [le] situazioni particolari di dipendenza dal beneficiario di protezione internazionale di congiunti che si trovano già nello Stato membro e che non sono suoi familiari. In casi eccezionali, in cui il congiunto del beneficiario di protezione internazionale è un minore coniugato ma non accompagnato dal coniuge, è possibile ritenere che l’interesse superiore del minore sia presso la sua famiglia d’origine».

5. L’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

j) “familiari”: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito nel paese di origine, del beneficiario di protezione internazionale che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale:

– il coniuge del beneficiario di protezione internazionale, o il suo partner non sposato, avente con questi una relazione stabile, se la normativa o la prassi dello Stato membro interessato equipara le coppie non sposate a quelle sposate nel quadro della legge sui cittadini di paesi terzi,

– i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del beneficiario di protezione internazionale, a condizione che siano non sposati, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni della normativa nazionale,

– il padre, la madre o altro adulto che sia responsabile, in base alla normativa o alla prassi dello Stato membro interessato, del beneficiario di protezione internazionale, nei casi in cui tale beneficiario è minore e non coniugato».

6. L’articolo 3 della direttiva 2011/95, intitolato «Disposizioni più favorevoli», dispone che «[g]li Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva».

7. L’articolo 20 della direttiva 2011/95, che figura nel capo VII intitolato «Contenuto della protezione internazionale», precisa al suo paragrafo 5 che «[l]’interesse superiore del minore è la principale considerazione degli Stati membri quando attuano le disposizioni del presente capo che coinvolgono i minori».

8. L’articolo 23 di detta direttiva, che rientra parimenti nel suo capo VII, è intitolato «Mantenimento dell’unità del nucleo familiare». Esso è formulato come segue:

«1. Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l’unità del nucleo familiare.

2. Gli Stati membri provvedono a che i familiari del beneficiario di protezione internazionale, che individualmente non hanno diritto a tale protezione, siano ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35, in conformità delle procedure nazionali e nella misura in cui ciò sia compatibile con lo status giuridico personale del familiare.

3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano quando il familiare è o sarebbe escluso dalla protezione internazionale in base ai capi III e V.

4. Nonostante i paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono rifiutare, ridurre o revocare i benefici ivi menzionati, per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

5. Gli Stati membri possono decidere che il presente articolo si applica anche agli altri congiunti che vivevano nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese d’origine e che in quel momento erano completamente o principalmente a carico del beneficiario di protezione internazionale».

9. Gli articoli da 24 a 35 della direttiva 2011/95 elencano i benefici relativi al diritto di soggiorno, all’accesso all’occupazione, all’accesso all’istruzione e alle procedure di riconoscimento delle qualifiche, all’assistenza sociale, all’assistenza sanitaria, ai minori non accompagnati, all’accesso all’alloggio, alla libera circolazione nel territorio dello Stato membro, all’accesso agli strumenti di integrazione e, infine, al rimpatrio.

B. Diritto belga

10. L’articolo 9 bis, contenuto nel capo III («Soggiorno per un periodo superiore a tre mesi») del titolo I («Norme generali») della loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers (legge del 15 dicembre 1980 in materia di accesso al territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri) (5), come modificata, in particolare, dalla legge dell’8 luglio 2011 (in prosieguo: la «legge del 1980 come modificata»), dispone quanto segue:

«1. In casi eccezionali e a condizione che lo straniero disponga di un documento d’identità, il permesso di soggiorno può essere chiesto al sindaco della località in cui lo straniero soggiorna, il quale inoltrerà la domanda al Ministro o a un suo delegato. Se il Ministro o il suo delegato concede il permesso di soggiorno, esso sarà rilasciato in Belgio.

La condizione secondo cui lo straniero deve disporre di un documento d’identità non si applica:

– al richiedente asilo la cui domanda di asilo non sia stata oggetto di una decisione definitiva o che abbia proposto un ricorso per cassazione amministrativa dichiarato ammissibile (...);

– allo straniero che dimostri validamente la propria impossibilità di ottenere in Belgio il documento di identità richiesto.

2. Fatti salvi gli altri elementi della domanda, non possono essere considerati circostanze eccezionali e sono dichiarati inammissibili:

1° gli elementi che sono già stati dedotti a sostegno di una domanda di asilo ai sensi degli articoli 50, 50 bis, 50 ter e 51 e che sono stati respinti dalle autorità competenti in materia di asilo, ad eccezione degli elementi respinti in quanto estranei ai criteri della Convenzione di Ginevra di cui all’articolo 48/3 e ai criteri previsti dall’articolo 48/4 in materia di protezione sussidiaria, o in quanto non rientrano nella competenza di tali autorità;

2° gli elementi che...

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