Opinion of Advocate General Emiliou delivered on 9 November 2023.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2023:857
Date09 November 2023
Celex Number62022CC0516
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 9 novembre 2023 (1)

Causa C-516/22

Commissione europea

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

«Inadempimento di uno Stato membro – Sentenza contumaciale – Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica – Periodo di transizione – Competenza della Corte – Sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) – Esecuzione di un lodo arbitrale – Articolo 4, paragrafo 3, TEU – Obbligo di leale cooperazione – Sospensione del procedimento – Articolo 351, primo comma, TFUE – Convenzioni concluse tra Stati membri e paesi terzi prima della data della loro adesione all’Unione europea – Trattati multilaterali – Articolo 267 TFUE – Mancata adizione della Corte in via pregiudiziale – Organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado – Articolo 108, paragrafo 3, TFUE – Aiuti di Stato – Obbligo di sospensione»






I. Introduzione

1. In un articolo di cui è stato coautore nel 1970, scrivendo in via extragiudiziale, l’allora giudice Mertens de Wilmars – che in seguito sarebbe diventato il sesto presidente della (attuale) Corte di giustizia dell’Unione europea – osservava che, in base al diritto internazionale pubblico classico, gli Stati sono responsabili delle azioni dei propri giudici. Tuttavia, aggiungeva che l’allora Trattato CEE aveva stabilito un rapporto molto particolare tra le autorità giudiziarie nazionali e quelle comunitarie. Su tale base, il giudice Mertens de Wilmars sosteneva che «una decisione di un giudice nazionale sulla portata delle norme comunitarie (...) o, più in generale, una sentenza che applica il diritto comunitario, non può essere mai considerata come un inadempimento di uno Stato membro». A suo avviso, nell’ambito di una procedura di infrazione, uno Stato membro sarebbe responsabile del comportamento dei suoi giudici solo in caso di rifiuto sistematico da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado di avvalersi del procedimento pregiudiziale (2).

2. A distanza di circa 50 anni, il diritto dell’Unione si è notevolmente evoluto. È ormai pacifico che l’inadempimento di uno Stato membro può, in linea di principio, essere dichiarato ai sensi degli articoli da 258 a 260 TFUE indipendentemente dall’istituzione, dall’organo o dall’organismo di tale Stato la cui azione o inerzia abbia dato luogo all’inadempimento, anche se si tratti di un’istituzione costituzionalmente indipendente (3). Ne consegue che, nell’ambito di una procedura di infrazione, uno Stato membro può essere ritenuto responsabile delle violazioni del diritto dell’Unione derivanti da decisioni dei giudici nazionali (4).

3. Tuttavia, la peculiarità del caso di specie consiste nel fatto che le violazioni del diritto dell’Unione contestate dalla Commissione europea non sono state commesse da un organo giurisdizionale di uno Stato membro, bensì da un organo giurisdizionale che – nel momento in cui ha pronunciato la sentenza impugnata, considerato il recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea (in prosieguo: la «Brexit») – apparteneva a uno Stato terzo: la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito).

4. Nel caso di specie, ritengo che, nonostante la «Brexit» e la particolare cautela che si richiede nell’accertare una violazione giudiziaria (5), la sentenza impugnata della Supreme Court (Corte Suprema) abbia dato luogo a alcune violazioni del diritto dell’Unione che possono essere accertate nel presente procedimento.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

5. L’articolo 351, primo comma, TFUE così recita:

«Le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1º gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra» (6).

6. Ai sensi dell’articolo 2, lettera e), dell’accordo di recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (7), per «periodo di transizione» si intende il periodo di cui all’articolo 126 del medesimo accordo.

7. L’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo di recesso, relativo alle «Cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea», così prevede:

«La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione».

8. L’articolo 87, paragrafo 1 dell’accordo sul recesso, relativo alle «Nuove cause dinanzi alla Corte di giustizia», così recita:

«La Commissione europea, quando reputi che il Regno Unito abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati o della parte quarta del presente accordo prima della fine del periodo di transizione, può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea entro quattro anni dalla fine del periodo di transizione nelle modalità stabilite all’articolo 258 TFUE (...). Per tali cause è competente la Corte di giustizia dell’Unione europea».

9. L’articolo 126 dell’accordo di recesso, intitolato «Periodo di transizione», così recita:

«È previsto un periodo di transizione o esecuzione che decorre dalla data di entrata in vigore del presente accordo e termina il 31 dicembre 2020».

10. L’articolo 127 dell’accordo di recesso, intitolato «Ambito di applicazione della transizione», così recita:

«1. Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, il diritto dell’Unione si applica al Regno Unito e nel Regno Unito durante il periodo di transizione.

(...)

3. Durante il periodo di transizione il diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1 produce nei confronti del Regno Unito e nel Regno Unito gli stessi effetti giuridici che produce all’interno dell’Unione e degli Stati membri, ed è interpretato e applicato secondo gli stessi metodi e principi generali applicabili all’interno dell’Unione.

(...)

6. Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, durante il periodo di transizione i riferimenti agli Stati membri nel diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1, anche attuato e applicato dagli Stati membri, si intendono fatti anche al Regno Unito.

(...)».

B. Diritto internazionale

11. Il trattato bilaterale di investimento concluso il 29 maggio 2002 tra il governo del Regno di Svezia e il governo rumeno sulla promozione e la reciproca protezione degli investimenti (in prosieguo: il «TBI»), entrato in vigore il 1º luglio 2003, prevede, all’articolo 2, paragrafo 3, quanto segue:

«Ciascuna parte contraente garantisce in qualsiasi momento un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e non ostacola, l’amministrazione, la gestione, il mantenimento, l’utilizzazione, il godimento o la cessione di detti investimenti da parte di tali investitori nonché l’acquisto di beni e servizi o la vendita del loro prodotto, mediante misure arbitrarie o discriminatorie».

12. L’articolo 7 del TBI prevede che le controversie tra gli investitori e le parti contraenti firmatari siano regolate, in particolare, da un tribunale arbitrale che applica la Convenzione ICSID (in prosieguo: la «clausola compromissoria»).

13. Gli articoli 53 e 54 della Convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, conclusa a Washington il 18 marzo 1965 (in prosieguo: la «Convenzione ICSID»), si trovano nella sezione 6 («Riconoscimento ed esecuzione») del capitolo IV («Arbitrato») della stessa. L’articolo 53, paragrafo 1, così recita:

«Il lodo è vincolante per le parti e non può essere oggetto di ricorso o reclamo, salvo quelli previsti nella presente convenzione. Ciascuna parte deve dare effetto al lodo nei termini stabiliti, salvo che l’esecuzione sia stata sospesa in virtù di disposizioni della presente convenzione. (...)».

14. L’articolo 54, paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Ciascuno Stato contraente riconosce come vincolanti i lodi pronunciati secondo la presente Convenzione e assicura, sul proprio territorio, l’esecuzione degli obblighi pecuniari imposti nel lodo come se si trattasse d’un giudizio definitivo di un tribunale dello Stato in questione. (...)».

III. Antefatti della causa e procedimento precontenzioso

15. Il contesto fattuale rilevante della controversia, come risulta dal fascicolo, può essere riassunto come segue.

A. Lodo arbitrale, decisioni della Commissione e procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea

16. Il 26 agosto 2004 la Romania ha abrogato, con effetto dal 22 febbraio 2005, un regime di aiuti di Stato a finalità regionale, sotto forma di vari incentivi fiscali, che era stato istituito nel 1998. Il 28 luglio 2005 gli investitori svedesi Ioan e Viorel Micula e tre società da loro controllate stabilite in Romania (in prosieguo: gli «investitori») – che avevano beneficiato del regime prima della sua abrogazione – hanno chiesto l’istituzione di un tribunale arbitrale ai sensi dell’articolo 7 del TBI, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla revoca del regime di incentivi fiscali in questione.

17. Con il lodo dell’11 dicembre 2013 (in prosieguo: il «lodo»), il tribunale arbitrale ha considerato che, abrogando il regime di incentivi fiscali di cui trattasi anteriormente al 1º aprile 2009, la Romania aveva violato il legittimo affidamento degli investitori, non aveva agito in modo trasparente, non avendoli informati tempestivamente e non avendo garantito un trattamento giusto ed equo dei loro investimenti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI. Di conseguenza, il tribunale arbitrale ha condannato la Romania a versare agli investitori, a titolo di risarcimento danni, la somma di 791 882 452 lei rumeni (RON)...

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