La nuova exit tax svedese sui trasferimenti d’impresa

AuthorKatia Cejie
Pages1-15

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Ver Nota1

@1. Introduzione

La recente pronuncia della Corte di Giustizia nel caso National Grid Indus dimostra le difficoltà che gli Stati Membri hanno nell’adottare forme di exit taxation compatibili con le libertà fondamentali garantite dal Trattato sull’Unione Europea, nel caso di trasferimenti di sede che interessino persone giuridiche2. Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare le norme svedesi alla luce di quanto previsto dal diritto comunitario.

Negli ultimi cinque anni, e prima che la Corte di Giustizia decidesse del caso National Grid Indus, le disposizioni fiscali svedesi in materia di exit tax hanno subito numerose modifiche3, per renderle compatibili con il diritto comunitario. Le ultime disposizioni svedesi ad essere riformate sono state quelle relative alla tassazione in uscita delle società di capitali, due delle quali (entrate in vigore il 1° gennaio 2010) saranno oggetto di commento nella successiva sezione terza. In particolare, si tratta dell’imposizione withdrawal sul reddito d’impresa e del claw-back on tax allocation reserves (periodization reserves)4. Peraltro, anche le nuove disposizioni dovranno sempre rispettare le libertà garantite dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. La relativa compatibilità sarà oggetto di esame nella quarta sezione.

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Fermo quanto precede, è però essenziale, per esaminare l’exit tax svedese, partire da quanto affermato dal Prof. Leif Muten relativamene al c.d. Malta case, pubblicato in questa Rivista nel numero 1/20095 (sezioni 2.1 e 2.2), nel quale la Commissione invitava la Svezia a riformare le proprie disposizioni in materia.

Nella sezione quinta verranno svolte alcune considerazioni conclusive. Si avverte in ogni caso il lettore che i riferimenti alla legislazione ed agli altri materiali citati sono aggiornati al 1 dicembre 2011.

@2. Quadro generale

@@2.1 Il principio di incorporazione

In forza del c.d. incorporation principle adottato dalla legislazione societaria svedese, ed al contrario di quanto avverrebbe se fosse applicato il c.d. seat principle, una società continua ad essere considerata residente in Svezia finché vi rimane registrata6, a condizione che il consiglio di amministrazione della stessa società abbia la propria sede nel territorio svedese7. Al contrario, la medesima disposizione per considerare la società un soggetto giuridico svedese non richiede che essa eserciti in Svezia la propria attività effettiva, nonostante numerose convenzioni contro le doppie imposizioni considerino il luogo in cui viene esercitata l’attività caratteristica della società come tiebreaker rule per determinare lo Stato di residenza della società stessa8. Pertanto, se la direzione effettiva di una società svedese venisse trasferita in uno Stato nel quale trova applicazione il c.d. real seat principle, la società potrebbe essere considerata residente di entrambi gli Stati9 e quindi, quantunque il trasferimento all’estero, sarebbe ancora

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considerata residente in Svezia. Ciò, in forza dell’articolo 6:3-4 ITA10 del Codice delle imposte sui redditi svedese, determinerebbe il persistere di una sua responsabilità fiscale illimitata in Svezia nonostante abbia trasferita all’estero la propria residenza, in probabile violazione della libertà di stabilimento. Nel caso National Grid Indus la Corte ha stabilito che “In quanto società costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed avente la sede sociale nonché l’amministrazione centrale all’interno dell’Unione, essa beneficia, in forza dell’art. 54 TFUE, delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento e può pertanto avvalersi dei diritti che le derivano dall’art. 49 TFUE, in particolare al fine di mettere in discussione la legittimità di una tassazione impostale da tale Stato membro in occasione del trasferimento in un altro Stato membro della sua sede amministrativa effettiva”11.

@@2.2 Regole in materia di exit tax e il precedente Malta case: quadro di riferimento

Fin dal 1928 la Svezia ha adottato disposizioni fiscali finalizzate a tassare la fuoriuscita di beni dal circuito dell’impresa o la loro cessione ad un prezzo inferiore a quello normale, applicando in tal caso un corrispettivo pari al valore di mercato del bene ceduto (art. 22:07 Codice delle imposte dirette). Così si vuole salvaguardare la integrale tassazione del reddito d’impresa, impedendo la fuoriuscita dall’attività economica di cespiti non soggetti a tassazione. Tale ipotesi può verificarsi anche nel caso in cui cessi la soggettività passiva in Svezia (art. 22:05 p.4), ad esempio per il trasferimento della gestione effettiva di una società nel territorio di un altro Stato, che, secondo le previsioni contenute nelle Convenzioni contro le

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doppie imposizioni, determina l’acquisizione della residenza nello Stato di esercizio effettivo dell’attività. In tal caso, si tassano le aziende e i componenti aziendali delle imprese che si trasferiscono all’estero, oltre ad altri proventi realizzati in territorio svedese12.

Un obiettivo analogo a quello delle suddette disposizioni è perseguito anche con le disposizioni clawbacks in materia di riserve periodiche. Infatti, ai sensi del capo 30 del Codice delle imposte dirette, una società può decidere di rinviare la tassazione sul 25% dei profitti annuali destinati a riserva, che a sua volta può poi essere assoggettata a tassazione in ogni momento ma non oltre sei anni dalla sua costituzione. I contribuenti possono così uniformare il carico fiscale sulle attività d’impresa nei diversi periodi d’imposta, le riserve in questione sono però tassate immediatamente se il reddito d’impresa non è più imponibile in Svezia a causa del trasferimento all’estero ed in forza delle previsioni dei trattati contro le doppie imposizioni (art. 30:08).

Già nel 2006 il Board for Advanced Tax Ruling svedese rilevò l’incompatibilità delle suddette exit taxes con il principio comunitario della libertà di stabilimento13. Il caso (noto anche come caso Malta) fu poi presentato alla Corte Suprema Amministrativa che confermò la decisione del Board14. Entrambe le misure sono state ritenute incompatibili con la libertà di stabilimento e le giustificazioni addotte, concernenti la necessità di preservare la coerenza dei sistemi fiscali nazionali e di garantire il rispetto del principio di territorialità, non sono state ritenute proporzionate al raggiungimento dello scopo perseguito; è stato, infatti, ritenuto possibile ottenere lo stesso risultato con misure fiscali meno restrittive della libertà di stabilimento rispetto a quelle concretamente adottate15.

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Peraltro la Corte Suprema Amministrativa ha deciso il caso senza rinviarlo preventivamente alla Corte di Giustizia, comportamento criticabile considerato l’interesse che il caso avrebbe potuto generare negli Stati Membri che adottavano un regime analogo. D’altra parte è possibile ritenere che la Corte di Giustizia avrebbe adottato una decisione analoga, ritenendo incompatibili le disposizioni svedesi; tuttavia la Corte avrebbe potuto anche elaborare ulteriori principi di rilevante interesse.

A seguito della decisione della Suprema Corte Amministrativa, l’Amministrazione finanziaria ha smesso di applicare le disposizioni restrittive della libertà di stabilimento16 e, decorso un anno dalla decisione, la Svezia ha riformato le regole in materia di tassazione in uscita17. Nel frattempo, la Commissione aveva anche avanzato una richiesta formale di revisione delle regole in esame18, che tuttavia non sfociò in una vera e propria procedura di infrazione proprio perché la Svezia aveva già modificato la propria legislazione19. La nuova disciplina svedese è entrata in vigore il 1° gennaio 2010 e a sua volta potrebbe presentare degli aspetti problematici in riferimento al diritto comunitario, alla luce della giurisprudenza resa dalla Corte di Giustizia fino al novembre 2011. Tuttavia, la causa C-371/10 National Grid Indus, ha gettato nuova luce sulla questione20.

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@3. La nuova disciplina

Ai sensi della nuova disciplina svedese, resiste un exit tax sui redditi d’impresa, Tuttavia, è stata introdotta la possibilità di differire il pagamento dell’imposta dovuta finché i beni non siano stati venduti, rinnovabile di anno in anno. Nel rinnovare il diritto al differimento d’imposta, l’ammontare dell’imposta “differita” può restare uguale o può ridursi, a seconda che il contribuente abbia ceduto o meno i beni sui quali era stato originariamente determinato l’ammontare dovuto. Tuttavia, per alcuni beni materiali ed immateriali la riduzione del differimento è obbligatoria per periodi di cinque o dieci anni, decorsi i quali il diritto al differimento cessa del tutto. Secondo la disposizione principale, il differimento dal pagamento dell’imposta terminerà nel momento in cui i beni verranno ceduti. Pertanto, da quel momento l’imposta sarà dovuta.

Il differimento può essere concesso a condizione che: 1) dopo il trasferimento dei beni o della residenza il contribuente sia ancora illimitatamente assoggettato a tassazione in Svezia; 2) l’exit tax sia basata sulle disposizioni di cui agli articoli 22:05 par. 4 – 5,3 del Codice dell’imposizione diretta svedese, 3) il trasferimento avvenga nell’ambito dello Spazio Economico Europeo, 4) le attività siano relative ad un’impresa soggetta ad imposta all’interno dello Spazio Economico Europeo. Infine, nessuna minusvalenza che dovesse realizzarsi nel periodo intercorrente tra l’uscita dei beni dal territorio svedese e l’effettivo pagamento sarà tenuta in considerazione nella determinazione dell’imposta dovuta in Svezia.

Per quanto concerne la seconda exit tax, c.d. claw-back on periodization reserves21, essa è stata modificata avendo riguardo alle imprese che trasferiscono la propria residenza in uno Stato facente parte dello Spazio Economico Europeo con il quale la Svezia ha stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni. In questo caso, analogamente a quanto

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