Dalla CECA all’Unione europea. Il declino della sovranazionalità

AuthorPaolo Fois
Pages479-490

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@1. La sovranazionalità nel Trattato CECA

Il* dibattito dottrinale intorno alla nozione di sovranazionalità si sviluppa, come è noto, all’inizio degli anni ‘50, con l’elaborazione del Trattato CECA del 18 aprile 1951 e l’avvenuta consacrazione, nell’art. 9 dello stesso, del termine “sovranazionale”1. Tenuto conto segnatamente del numero e dell’ampiezza degli studi apparsi in quegli anni, è quindi dal dibattito avente per oggetto la sovranazionalità nel Trattato CECA che occorre prendere le mosse per una compiuta ricostruzione e valutazione della nozione in discorso.

Nella materia oggetto del presente studio, fondamentale importanza riveste la ben nota monografia pubblicata nel 1953 da Paul Reuter2: vuoi per l’autorevolezza dello studioso, che aveva anche collaborato alla stesura del testo di quel Trattato, vuoi per il fatto che la prefazione dell’opera, scritta dallo stesso Robert Schuman, permette di avere una sorta di “interpretazione autentica” da parte dell’autore della celebre Dichiarazione del 9 maggio 1950. Tre sono, secondo Reuter, gli elementi caratterizzanti la sovranazionalità: 1) l’indipendenza, rispetto ai governi nazionali, dell’autorità sovranazionale; 2) il trasferimento, sia pur parziale, di competenze (un trasferimento che andrebbe ben oltre le semplici limitazioni di competenze); 3) il rapporto diretto tra la Comunità e i singoli, specificamente i rapporti diretti “entre la Haute Autorité et les entreprises” ePage 480“l’accès de la Cour de Justice aux particuliers”3. Si tratta di elementi che, pur non essendo del tutto nuovi, se considerati isolatamente, visti nel loro complesso “dessinent suffisamment l’originalité de la Communauté européenne du charbon et de l’acier”4. Secondo Reuter, opportunamente il termine “sovranazionalità” è stato preferito ai vocaboli “federale” e “confederale”. Pur esprimendo la stessa realtà, infatti, questi ultimi darebbero luogo ad opposizioni e conflitti che il termine “sovranazionalità”, “plus neutre et plus neuf”, permetterebbe di evitare5.

Sugli elementi che contraddistinguono la sovranazionalità il pensiero espresso da Robert Schuman non si discosta, sostanzialmente, dalla posizione di Reuter che si è ora riportata. Differenze si colgono però su due questioni particolari, che verranno più oltre riprese: in primo luogo, il convincimento dell’uomo politico francese, per il quale con la nozione in discorso risulterebbe “définitivement consacré, par l’avenir, l’établissement d’un echelon nouveau dans la gradation du pouvoir”6, non risulta condiviso da Reuter, che più prudentemente si limita ad osservare che “il appartiendra à l’avenir de confirmer”7 le tendenze che hanno prevalso nell’elaborazione del Trattato CECA. In secondo luogo, è nella sola prefazione di Robert Schuman che ricorre la categorica affermazione secondo cui la Comunità europea del carbone e dell’acciaio vanta nei confronti dei governi nazionali un’indipendenza che “est irrévocable comme l’est le transfert de compétence qui en est la source”8.

Un’analoga fiducia nell’irrevocabilità delle scelte operate nel Trattato CECA con l’istituzione di un ente sovranazionale traspare dall’intervento svolto, qualche anno più tardi, da un membro dell’Alta Autorità, Enzo Giacchero. Prendendo la parola il 9 giugno 1957, in occasione di un importante Convegno di studi sulla CECA9, questi esprimeva l’auspicio che la creazione di un entePage 481“sovranazionale” e non meramente “internazionale” potesse concretarsi nella attribuzione di “poteri federali” alle istituzioni europee, dotate di “larga autonomia” “rispetto ai poteri nazionali”10.

Sul concetto di un rapporto diretto, al di fuori e al di sopra dei governi nazionali, tra l’Alta Autorità e le imprese si sofferma Dino Del Bo11, riprendendo quanto posto in luce, come in precedenza si è già notato, sia da Paul Reuter che da Robert Schuman. Ancora una volta si parla di “innovazioni permanenti”12, che si concretano in una “rinuncia alla sovranità” nel settore del carbone e dell’acciaio13, rinuncia cui corrisponde un “potere completo” attribuito alle autorità comunitarie, totalmente svincolato da qualsiasi subordinazione agli Stati membri14.

Anche secondo l’autorevole opinione espressa nel 1957 da Delvaux, all’epoca giudice alla Corte di giustizia della CECA, la sovranazionalità riposerebbe su “un certain abandon des droits absolus de souverainetés nationales”, cui corrisponderebbe “un certain transfert de compétences au profit d’organismes communs, autonomes et indépendants”15. Si tratterebbe di un trasferimento di sovranità senza precedenti nel diritto internazionale, in virtù del quale un organo sopranazionale avrebbe il potere “d’obliger et de contraindre les sujets nationaux des Etats sur le territoire national”16.

Mentre autori come Del Bo e Delvaux glissano, per così dire, sul fatto che la nascita e la permanenza di un ente sovranazionale sono anch’esse dipendenti dalla volontà degli Stati membri, che sul piano giuridico hanno il potere di modificare, e di estinguere, il trattato istitutivo dell’ente, Balladore Pallieri17 prende posizione su questo delicato punto, riconoscendo che “il n’ya aucun doute que la C.E.C.A. cesserait d’exister si telle était la volonté des Etats membres”18. Ciò non sarebbe tuttavia, a suo giudizio, una ragione sufficiente per negare l’“énorme nouveauté” del sistema facente capo alla Comunità carbosiderurgica: quella di essere basata su un trattato che non sarebbe più “composé de normes devant régler la conduite des Etats”19, ma che darebbe vita ad un organo investito del potere di rivolgersi “indifféremment aux Etats ou à des organisations subordon-Page 482nés aux Etats, les entreprises”20. Caratteristica della CECA sarebbe quindi quella di un organismo che penetrerebbe “dans ce qui était autrefois un domaine réservé à la souveraineté des Etats” quando lo Stato era “direct et unique souve- rain à l’égard de l’individu”21.

Dei tre elementi individuati da Reuter, uno soprattutto rivestirebbe, stando ad uno scritto apparso qualche anno più tardi, l’“essenza” della sovranazionalità: la titolarità del “power to take decisions that are directly binding on national enterprises without the intervention of the governments”22. Sarebbe questo un potere riconosciuto alla sola Alta Autorità, mentre altri organi di enti internazionali23 dispongono soltanto del potere di “take decisions that are binding on governments without necessarily receiving their prior consent”24.

Contestualmente all’evidenziazione di questo aspetto della sovranazionalità, si tende a richiamare l’attenzione sul fatto che l’Alta Autorità “does not itself have the means of enforcement”25. Il potere di imporre obblighi finanziari alle imprese richiede infatti, in definitiva, il concorso dei governi nazionali, come espressamente stabilisce l’art. 92 del Trattato, secondo cui “le decisioni dell’Alta Autorità importanti obblighi pecuniari costituiscono titolo esecutivo. L’esecuzione forzata nel territorio degli Stati membri è effettuata secondo le vie legali in vigore in ciascuno di questi Stati…”.

Questo sarebbe, in ultima analisi, il limite della sovranazionalità della CECA, un limite che renderebbe evidente come il potere della Comunità, se da un lato deve essere posto “somewhere above the national level”, dall’altro “has not yet attained the status of a federal authority”26.

@2. La critica alla sovranazionalità della CECA

Il fatto che, intorno agli anni ‘50, assai numerosi risultino gli autori che, con particolare riferimento alla CECA, hanno preso posizione a favore della sua sovranazionalità27, non potrebbe in alcun modo indurre a trascurare quella corrente di pensiero che, in quegli stessi anni, ha negato con grande determinazionePage 483che tale carattere possa essere riconosciuto alla Comunità carbosiderurgica. Particolarmente significative si rivelano al riguardo le argomentazioni sviluppate da Korowicz in una sua nota monografia, risalente al 196128. Sono due, sostanzialmente, i motivi su cui l’autore in parola soprattutto insiste: a) il fatto che la CECA sia, “tout comme les autres organisations régionales, une création des Etats souverains”, dalla cui volontà la stessa dipenderebbe completamente29; b) i fondamenti “bien précaires” che, conseguentemente, andrebbero riconosciuti al carattere sovranazionale della CECA30. Il rapporto diretto dell’Alta Autorità con le imprese private e gli individui, nell’esercizio di poteri “larges et importants”, non costituirebbe quindi una novità assoluta: poteri analoghi erano stati infatti conferiti ad altri enti internazionali (la Commissione Europea del Danubio in primo luogo), che erano stati comunque considerati “comme de ‘simples’ institutions internationales”31.

È su questo secondo aspetto che si concentrano le osservazioni critiche di Sereni32, secondo il quale l’ipotesi di organizzazioni internazionali abilitate dagli Stati membri all’“esercizio diretto di attività sui loro sudditi e nell’ambito del loro territorio” non sarebbe nuova, e comunque si verificherebbe “soltanto con il loro consenso e nell’ambito delle limitazioni da essi liberamente accettate”33. Alla CECA, d’altra parte, non sarebbe stata conferita “una specie di sovranità”, ed una conseguente “superiorità sugli Stati membri”: l’uso del termine “sovranazionale”, pertanto, finirebbe per dar luogo a confusioni che converrebbe invece evitare34

@ 3. Le riserve espresse circa l’estensione alle altre Comunità europee del carattere della sovranazionalità

Della sovranazionalità della CECA la dottrina continua ad occuparsi anche in successive indagini, intese essenzialmente ad evidenziare le affinità e le differenze fra il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 e i Trattati di Roma del 25 marzo 1957, istitutivi della CEE e della CEEA. Nell’insieme, gli scritti che ci accingiamo ad esaminare tendono ad attribuire un limitato rilievo al fatto che il termine “sovranazionale” (figurante come si è visto nel Trattato CECA, nonché nel Trattato...

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