La cittadinanza europea per la utopia sovranazionale

AuthorEnnio Triggiani
Pages436-477

Page 436

@1. Le premesse giuridiche dell’istituzione della cittadinanza europea

La* stessa circostanza di qualificare come “europea” la cittadinanza, nozione generalmente riferita ad una precisa nazionalità, può da un lato apparire una possibile contraddizione ma dall’altro costituire una significativa novità nell’evoluzione del diritto. Già sulla base di questa prima considerazione si avverte come sia necessario esaminare la cittadinanza europea quale figura giuridica dinamica1 nell’ambito delle norme progressivamente adottate negli ultimi anni ad essa collegabili nonché alla luce di una giurisprudenza comunitaria come sempre originale e stimolante.

Per comprendere significato e portata di tale figura giuridica non ci si può quindi limitare ad analizzarla come mera sommatoria di diritti (soprattutto) e di doveri, ma appare imprescindibile individuarne la potenziale “centralità”, sottoPage 436un profilo non solo simbolico ma sostanziale, nell’evoluzione dell’intero processo di integrazione europea. Infatti, la complessa realtà che si tenta tra mille difficoltà di costruire non può certamente essere la riedizione, su scala più vasta, dello Stato come l’abbiamo concepito e vissuto fino ad oggi e che, fra l’altro, ha prodotto anche disastri enormi.

È a tutti noto che la figura in esame viene istituita formalmente con il Trattato di Maastricht (art. 17 ss. TCE). Sarebbe tuttavia sbagliato ritenere che questo riconoscimento formale abbia rappresentato un’assoluta novità; in realtà, significative premesse della cittadinanza europea si trovano già nella nascita stessa delle CE soprattutto con l’affermazione del principio di non discriminazione a motivo della nazionalità2. L’attribuzione del trattamento nazionale, e cioè l’equiparazione di trattamento fra i nazionali e gli stranieri individuati quali beneficiari, è un privilegio ben conosciuto dal diritto convenzionale internazionale, ma solo nelle Comunità europee esso viene elevato a principio fondamentale del sistema così costruito (ridimensionando progressivamente il concetto di straniero rispetto ai cittadini comunitari)3.

Peraltro, anche circostanze quali il primato del diritto comunitario, affermato grazie alla giurisprudenza della Corte di giustizia e sancito formalmente dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa4, oppure l’effetto diretto del diritto comunitario negli ordinamenti interni (generalmente invocato nei confronti del proprio ordinamento giuridico nazionale) costituiscono spie abbastanza evidenti della costruzione progressiva di una “cittadinanza europea” quale espressione di una “comunità di diritto”5.

Page 437

Il Trattato di Maastricht fa quindi emergere come giuridicamente rilevante quanto già da tempo costituiva il comune sentire delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri e cioè che soggetti dell’ordinamento sono anche e soprattutto i cittadini i quali fanno parte di una nuova “comunità”, a pari titolo con i primi due, come soggetti di diritto in “posizione egualitaria”6: ci troviamo cioè di fronte ad un sistema di integrazione che ha come perno la persona in quanto “cittadino/a” con il suo corredo di pretese7. Maastricht interviene quindi su di una situazione che vede lo straniero comunitario in possesso di uno status giuridico nel quale alcuni diritti tipici della cittadinanza, quali la libertà di circolazione all’interno del territorio dello Stato, sono stati già ampiamente proiettati sulla scala europea individuata come la realtà di uno spazio comune nel quale muoversi liberamente.

La lettura data a tale libertà dalla Corte di giustizia è peraltro sempre stata molto ampia; così come coerentemente rigorosa e restrittiva essa è stata rispetto alle relative deroghe (ordine pubblico, sanità, pubblica amministrazione) tanto più dopo l’introduzione della figura di cittadino dell’Unione8.

Page 438

@2. Caratteristiche e limiti del lento delinearsi di una cittadinanza cosmopolita senza nazionalità

L’innovazione introdotta da Maastricht, inoltre, non è improvvisa in quanto va collocata nel quadro delle profonde modifiche prodotte nel concetto di cittadinanza nell’era della globalizzazione9. I grandi flussi migratori e la sempre più mondializzata attività delle persone stanno progressivamente mutando, per alcuni addirittura rendendo obsolete, le definizioni di appartenenza e di cittadinanza. Quest’ultimo concetto si sta evolvendo diventando progressivamente internazionale e rendendo sempre meno consistente, quindi anacronistica, la corrispondenza tra “nazionalità” e “cittadinanza”10. La prima identifica una posizione passiva rispetto all’ordinamento statuale, la cui utilità consiste nel distinguere un membro dello Stato da uno straniero, la seconda è invece un “fattore di coesione sociale”11 che implica una partecipazione consapevole alla vita politica e l’adesione ad una comunità d’intenti quale è, nel nostro caso, l’esperienza europea; per cui la cittadinanza europea costituisce ulteriore fattore in tale direzione. E ciò è dovuto soprattutto alla progressiva affermazione di atti e di strumenti internazionali relativi ai diritti umani fondamentali, che limitano il potere assoluto degli Stati nel determinare le proprie normative in materia di attribuzione e di negazione o privazione della cittadinanza; atti e strumenti che inoltre riconoscono comunque allo straniero un corpus sempre più significativo di diritti. Si produce, in altri termini, una progressiva contraddizione fra tali diritti, i quali sono universali, uniformi e definiti globalmente, e le identità sociali, che sono particolaristiche e territorialmente definite12.

Viene a delinearsi, almeno rispetto a scenari futuri, una cittadinanza cosmopolita, senza nazionalità13, soprattutto in considerazione della difficoltà in cui versa la democrazia contemporanea costretta appunto a ripensare i propri modelli istituzionali, costruiti in chiave puramente nazionale, alla luce di oggettive valenze cosmopolite14. Il c.d. “deficit democratico”, per anni giustamente iden-Page 439tificato con l’assenza di poteri legislativi nel Parlamento europeo, presenta in realtà anche una dimensione “globale” e va quindi affrontato e risolto proprio partendo dalla individuazione di strumenti istituzionali e partecipativi all’interno della esperienza europea ed attraverso “strategie creative”15. Il nesso tra nazionalità e diritti, infatti, fino ad oggi perno della società democratica, va necessariamente riconsiderato nei termini per i quali, nell’ambito dei grandi flussi migratori, rischia di produrre esclusioni e conseguenze antidemocratiche. Non solo. In questa ottica, è opportuna la sottolineatura per cui: “In attesa che i processi di globalizzazione possano essere governati da soggetti democraticamente legittimati, e non solo dai protagonisti dell’azione economica, i diritti fondamentali si presentano come lo strumento più adatto per cercar di ricostituire un equilibrio, di muovere verso un nuovo sistema di checks e balances16. D’altronde, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 all’art. 13 colloca il diritto di immigrare tra i diritti universali; ed i successivi articoli 28 e 29 delineano un sistema internazionale dei diritti umani per il quale ciascuno, indipendentemente dalla nazionalità, possa prendere parte attiva alla vita pubblica della comunità in cui ha scelto di vivere. Il che non comporta certamente il riconoscimento di un vero e proprio diritto alla cittadinanza piena, ma comunque evidenzia un obbligo di non discriminazione e perlomeno di operare al fine di evitare l’esclusione da qualsiasi forma di godimento dei diritti politici laddove esista un

effettivo radicamento della persona nella società in cui vive17.

@3. Il superamento del concetto tradizionale di cittadinanza

Ed allora, l’ulteriore evoluzione di collocazione e ruolo del cittadino europeo nel sistema comunitario evidenzia sempre più il suo carattere innovativo legato in particolare alla progressiva separazione, come si è accennato, dei concetti di nazionalità e cittadinanza che siamo abituati a ritenere inscindibili e che invece sono uniti solo sulla base di una più recente contingenza storica. La cittadinanza nasce nella polis greca e nella civitas romana per indicare la condizione di chi è parte di un ordinamento politico in quanto concorre alla formazione della volontà di tale ordinamento: diritto e dovere di partecipazione politica. È celebre, in proposito, il discorso tenuto dall’imperatore Claudio al Senato per sostenere la proposta di aprire ai Galli l’elettorato passivo alle cariche pubbliche18. Con Caracalla (editto 212 d.c.) c’è addirittura l’estensione della cittadinanza romana a tutti i residenti nell’impero (con poche eccezioni) attraverso laPage 440famosa Constitutio antoniniana de civitate, un editto con il quale l’Imperatore concede la stessa anche ai sudditi delle province (pur se con alcune eccezioni). Tale editto, peraltro dettato anche da più banali esigenze finanziarie, parifica la condizione giuridica e politica di tutti i residenti a quella italica19.

Solo con la Rivoluzione francese comincia invece a determinarsi una equivalenza tra popolo, inteso come nazione, e cittadinanza, creandosi un legame unidirezionale tra appartenenza e partecipazione; c’è peraltro da notare che viene conferita alla cittadinanza, qualificata come virtù collettiva, una valenza potenzialmente universale considerandosi l’umanità come comunità di uguali20. Tale equivalenza viene a completarsi con la piena realizzazione dello Stato moderno liberal-democratico.

Con l’istituzione della cittadinanza europea, peraltro, l’appartenenza ad un territorio, ad una comunità e ad una cultura definiti da confini nazionali è per la prima volta riferita ad una entità di tipo sovranazionale. Viene meno una delle connotazioni ideologiche che “riempivano” il concetto di cittadinanza, e cioè la nazionalità21, disegnandosi una forma di cittadinanza non direttamente espressione di tale appartenenza nazionale...

To continue reading

Request your trial

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT