Spazio giudiziario europeo e libera circolazione delle decisioni penali

AuthorChiara Amalfitano
PositionRicercatore di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli studi di Milano
Pages73-120

Il presente studio è stato condotto nell'ambito del progetto di ricerca nazionale PRIN 2005 "Cooperazione giudiziaria civile e penale nel diritto dell'Unione europea. Esperienze a confronto, risultati e prospettive". Responsabile nazionale, prof. Sergio M. Carbone (prot. 2005121959). Si noti che, nelle more della pubblicazione di tale lavoro, tre delle quattro decisioni quadro di cui infra al par. 4 sono state adottate dal Consiglio, con un testo sostanzialmente invariato rispetto a quello delle versioni più aggiornate ivi analizzate. Nel prosieguo si indicheranno, pertanto, solo i riferimenti alla GUUE in cui esse sono pubblicate.

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1. L'espressa configurazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie nazionali quale fondamento della cooperazione giudiziaria in materia penale si deve, come noto, al Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 19991. Già nel dicembre 1998, peraltro, Consiglio e Commissione, in risposta all'invito formulato dal Consiglio europeo di Cardiff del giugno precedente a determinare in quale misura avrebbe dovuto estendersi l'operatività del principio rispetto alle decisioni dei tribunali degli Stati membri, avevano previsto l'avvio, entro due anni dall'entrata in vigore del Trattato di Page 74 Amsterdam, di "un processo inteso a facilitare [appunto] il reciproco riconoscimento delle decisioni e l'esecuzione delle sentenze in materia penale"2.

Un primo passo in tale direzione si è compiuto con la comunicazione della Commissione del luglio 2000 sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale3, cui ha fatto seguito, nel novembre 2000, il programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali4 (poi integrato nel 20045), in "ottemperanza" del quale sono state adottate numerose decisioni quadro: queste, come quelle ancora in corso di elaborazione, saranno oggetto di studio nel presente lavoro.

Benché la citata comunicazione sia relativa, come si evince dal suo stesso titolo, alle sole decisioni penali definitive e quindi sia ratione materiae circoscritta, dovendo invece attribuirsi al principio in parola una sfera di operatività ben più ampia, secondo quanto evidenziato peraltro dalla stessa Commissione e poi confermato dal programma di misure, ad essa va il merito di aver chiarito, tra l'altro, cosa deve intendersi per reciproco riconoscimento delle decisioni e quali sono le forme attraverso cui esso può manifestarsi.

Così, secondo la Commissione, riconoscere una decisione straniera in virtù del principio in questione significa correlare ad essa "effetti al di fuori dello Stato in cui è stata adottata, sia attribuendole gli effetti giuridici stabiliti dal Page 75 diritto penale dello Stato estero, sia tenendone conto affinché esplichi gli effetti stabiliti dal diritto penale dello Stato che ha riconosciuto tale decisione"6, senza che rilevi, a tal fine, un'effettiva coincidenza dei precetti normativi nazionali sotto il profilo sostanziale e processuale, ma essendo sufficiente una mera corrispondenza (equivalenza) delle garanzie procedurali e dei principi cardine propri dei diversi sistemi repressivi statali, nel cui rispetto le decisioni sono adottate. Ciò in virtù dell'apertura al modo di essere e di operare della legislazione straniera, che trova la propria ragione giustificativa nella fiducia reciproca che esiste (o si presume esistere) nei rapporti tra gli Stati membri dell'Unione7. Tale fiducia, investendo non solo l'adeguatezza della normativa straniera, ma anche la sua corretta applicazione, comporta la piena fungibilità delle decisioni adottate dalle autorità nazionali, anche se nello Stato di esecuzione "non esist[e] un'autorità analoga [a quella che ha pronunciato la decisione nello Stato di emissione], o in grado di adottare [le stesse] decisioni, oppure nel caso in cui tale autorità av[rebbe] adottato una decisione totalmente differente in un caso comparabile"8.

Quanto poi alle forme in cui il principio si estrinseca, la Commissione ne individua tre9. Il riconoscimento di una decisione straniera implica, innanzitutto, (i) il darle attuazione, Page 76 ovvero eseguirla, in uno Stato diverso da quello in cui è stata adottata, ma anche (ii) il correlare ad essa, al di fuori dei confini nazionali, l'efficacia preclusiva del giudicato, e quindi sia il divieto di instaurare nuovi giudizi a carico dello stesso soggetto e per gli stessi fatti oggetto della decisione, sia l'obbligo di interrompere i procedimenti pendenti in idem, nonché, ancora, (iii) il prenderla in considerazione in un nuovo giudizio instaurato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata pronunciata, ai fini, in particolare, dell'individualizzazione della sanzione.

Se nel secondo caso l'operatività del principio del ne bis in idem determina l'attribuzione alla decisione straniera di effetti diretti negativi, nel primo caso alla decisione straniera si attribuiscono effetti diretti ma positivi, sia che si tratti di portare ad esecuzione una condanna principale che infligge una pena detentiva, o pecuniaria, o alternativa o una interdizione, sia che si tratti di eseguire pene accessorie che derivano dalla pena principale secondo la legislazione dello Stato di condanna. Nel terzo caso, invece, dalla decisione straniera discendono effetti positivi, ma indiretti, che possono essere occasionali o supplementari. I primi si riscontrano quando, nell'ambito di un nuovo giudizio sugli stessi fatti o su fatti nuovi o connessi a quelli giudicati all'estero, si verifica la presa in considerazione della condanna straniera, ad esempio, per dedurre dalla nuova sanzione inflitta dal giudice nazionale, in applicazione del principio del ne bis in idem esecutivo, la pena già scontata in base alla decisione straniera o per garan- tire il cumulo giuridico delle pene o, eventualmente, per disporre la recidiva; i secondi scaturiscono direttamente dalle previsioni normative dello Stato, diverso da quello di condanna, in cui si trova il reo e si manifestano, quindi, a prescindere dall'instaurazione di un nuovo procedimento nei suoi confronti, essendo correlati per legge ad un illecito commesso e giudicato all'estero, quali conseguenze (supplemento, appunto) della condanna straniera (si pensi alle pene interdittive o impeditive dell'esercizio di determinati diritti o attività a seconda del reato oggetto della decisione straniera).

La piena operatività del principio del reciproco riconoscimento assicura dunque, in primo luogo, la non duplicità o pluralità di giudizi a carico dello stesso soggetto e per gli stessi fatti, così soddisfacendo esigenze di giustizia sostanziale e di stabilità dei rapporti giuridici in nome della pace sociale e della tutela del singolo10. Oltre che "fattore di certezza del diritto in seno all'Unione [in quanto] garantisce che una sentenza pronunciata in uno Stato membro non verrà rimessa in discussione in un altro Stato membro"11, il principio, consentendo l'esecuzione della sentenza in uno Stato diverso da quello in cui è stata adottata, tende quindi ad evitare l'impunità del reo (che si potrebbe verificare laddove questi fuggisse dallo Stato del foro dopo la condanna), ma anche a favorirne un miglior reinserimento dopo l'espiazione della pena, essendo questa scontata in uno Stato Page 77 in cui si presume il reo abbia i più stretti legami familiari e, appunto, sociali. Infine, nella terza forma in cui si manifesta, ovvero con la presa in considerazione, esso mira a fornire al reo la stessa tutela che gli sarebbe accordata se la pluralità di illeciti commessi in Stati diversi fosse invece localizzata nello stesso Stato (si pensi al cumulo giuridico delle pene), al contempo assicurando alla comunità la garanzia di una sanzione adeguata alla gravità dei reati e alla personalità del reo (si pensi all'aggravamento di pena che può derivare dalla recidiva o dalla pericolosità sociale di quest'ultimo o anche all'inflizione di pene inter- dittive).

L'attenzione sarà tuttavia focalizzata, nelle pagine che seguono, solo sulla prima forma di riconoscimento delle decisioni straniere e quindi, sostanzialmente, sulla loro possibile esecuzione in uno Stato diverso da quello in cui sono state adottate, restando esclusa dalla sfera di indagine sia l'operatività rispetto ad esse del ne bis in idem12, sia la loro presa in considerazione13. Page 78

Sotto il profilo annunciato, il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è stato reso operativo o si vuole rendere tale, in virtù di progetti di decisione quadro oggi in corso di approvazione, con riguardo a tutte le tipologie di decisioni adottate dalle autorità giurisdizionali degli Stati membri: non solo quindi in relazione alle decisioni definitive, conclusive di procedimenti penali con l'applicazione di una pena detentiva o pecuniaria (come si assiste nelle forme di cooperazione instaurate in base a strumenti convenzionali) o alter- nativa o interdittiva, ma anche a quelle pré-sentencielles, aventi natura cautelare, provvisoria o istruttoria14, e, ancora, a quelle pronunciate in un momento successivo alla condanna e di c.d. controllo post-processo.

Se infatti, come accennato, nella menzionata comunicazione del 2000 la Commissione ha prospettato l'operatività del principio solo rispetto alle decisioni "definitive sostanziali", proponendo di renderlo applicabile (innanzitutto) alle "decisioni adottate sul merito in un procedimento penale che non s[ia]no più impugnabili tramite un mezzo ordinario di ricorso, oppure, nel caso in cui tale ricorso sia ancora proponibile, qualora esso non abbia effetto sospensivo"15, alla luce della genericità delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere16 e in virtù di quanto evidenziato dalla stessa Commissione nella comunicazione citata17, si è deciso di estendere progressivamente tale operatività a tutti i tipi di decisioni (non solo definitive), sia sostanziali sia procedurali. E...

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