I Protocolli n. 15 e 16 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo

AuthorEgeria Nalin
PositionRicercatore di Diritto internazionale nell'Università degli studi di Bari Aldo Moro
Pages117-145
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Studi sull’integrazione europea, IX (2014), pp. 117-145
Egeria Nalin*
I Protocolli n. 15 e 16
alla Convenzione europea
dei diritti dell’uomo**
S: 1. Ragioni e obiettivi del processo di riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo.
– 2. La dichiarazione di Brighton, le proposte di riforma ispirate dalla Presidenza britannica
e i risultati accolti nei Protocolli n. 15 e 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
– 3. Il riferimento al principio di sussidiarietà e alla dottrina del margine di apprezzamento
nel Preambolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. – 4. Il Protocollo n. 16 alla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In particolare, la legittimazione a domandare pareri
consultivi. – 5. Segue: l’oggetto dei nuovi pareri consultivi. – 6. Segue: il procedimento rela-
tivo all’esercizio della nuova funzione consultiva. – 7. Conclusioni: gli effetti dei nuovi pareri
consultivi della Corte europea e l’incidenza di questi ultimi sul dialogo con i giudici interni.
1. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU, d’ora in avanti), firmata a Roma il 4 novembre 1950, rappre-
senta uno degli strumenti normativi più avanzati per la tutela dei diritti umani a livello
internazionale1. Come è noto, il successo di questo trattato deriva dall’aver previsto
un sistema di garanzia dei diritti da esso contemplati che consente all’individuo di
ricorrere ad un organo giudiziario ad hoc, la Corte europea dei diritti dell’uomo, ove
assuma di essere vittima della violazione dei diritti convenzionalmente tutelati (art. 34
CEDU); la Corte, accertata la fondatezza della pretesa, pronuncia sentenze vincolanti
nei confronti dello Stato responsabile della violazione (art. 46, par. 1, CEDU).
Il sistema ha dato così buona prova di sé, che la Corte europea si è ritrovata ad
essere “vittima del suo successo”: negli ultimi anni, essa è stata destinataria di un
numero di ricorsi talmente elevato da comportare inevitabili ritardi nella trattazione
delle cause, col rischio di realizzare essa stessa una violazione del diritto alla durata
ragionevole del processo (art. 6, par. 1, CEDU) che dovrebbe tutelare2.
* Ricercatore di Diritto internazionale nell’Università degli studi di Bari Aldo Moro.
** Scritto destinato anche alla pubblicazione nel volume P. M (a cura di), I giudici di common
law e la (cross)fertilization: i casi di Stati Uniti dAmerica, Canada, Unione indiana e Regno Unito,
Rimini, in corso di stampa.
1 La CEDU e i suoi Protocolli, così come tutti i documenti di seguito richiamati, se non diversa-
mente specicato, si leggono nel sito del Consiglio d’Europa, all’indirizzo hub.coe.int; le sentenze della
Corte di Strasburgo sono reperibili in hudoc.echr.coe.int.
2 Ciò è dipeso, per un verso, dall’entrata in vigore il 1° novembre 1998 del Protocollo n. 11 (del’11
maggio 1994), il quale ha previsto il ricorso degli individui alla Corte europea; per altro, dall’allarga-
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Per salvaguardare l’efficacia del sistema di garanzia convenzionale dei diritti
umani e, in primis, per garantire in modo effettivo il diritto al ricorso individuale,
si è, pertanto, intrapreso un percorso di riforma della Convenzione e della Corte,
inaugurato dal Protocollo n. 14 alla CEDU3 e proseguito con le conferenze intergo-
vernative sul futuro della Corte europea organizzate a Interlaken nel 2010, a Izmir
nel 2011 e a Brighton nel 20124.
In particolare, il Protocollo n. 14 interviene a razionalizzare l’attività della Corte
europea, incidendo sulle due categorie di ricorsi individuali che maggiormente gra-
vano sulla medesima: i ricorsi irricevibili e quelli ripetitivi5.
Sono definiti ripetitivi i ricorsi che denunciano violazioni sistemiche o strutturali
delle norme della CEDU, cioè causate da normative (ovvero prassi giudiziarie o ammi-
nistrative) in contrasto con la stessa Convenzione. Esse, in quanto tali, si ripetono ogni-
qualvolta la normativa o la prassi trova applicazione, generando, di conseguenza, una
pluralità di ricorsi identici nell’oggetto, sicché, per un verso, pregiudicano l’efficacia
della CEDU nell’ordinamento statale; per altro, aggravano il sovraccarico di lavoro della
Corte, inficiando la celerità del sistema di garanzia convenzionale. Per farvi fronte, la
Corte, a partire dalla nota sentenza Broniowski6, ha ideato la procedura della “sentenza
pilota”, successivamente disciplinata nell’art. 61 del regolamento della Corte7.
Con la sentenza pilota, la Corte rileva l’esistenza di una violazione sistemica
o strutturale e stabilisce le misure per rimuoverne la causa, fissando allo Stato un
termine entro il quale provvedere e sospendendo, al contempo, tutti i ricorsi ana-
loghi. Difatti, l’esecuzione della sentenza pilota da parte dello Stato, risolvendo il
problema strutturale, soddisfa anche le ragioni degli altri ricorrenti, con l’ulteriore
vantaggio che la Corte viene impegnata nell’esame del solo caso pilota.
Tuttavia, ove lo Stato non adotti le misure indicate dalla Corte nel termine
fissato nella sentenza, le cause sospese vengono riassunte. In quest’ultima ipotesi,
con il Protocollo n. 14, la procedura viene semplificata in quanto si prevede che, in
presenza di giurisprudenza consolidata, i ricorsi possono essere dichiarati ricevibili
e decisi, all’unanimità, da un Comitato di tre giudici8.
mento a est del Consiglio d’Europa, con conseguente ratica della CEDU da parte di molti Stati aventi
un’esperienza meno garantista nella tutela di alcuni diritti umani. Inne, come vedremo, non va sotta-
ciuta la portata dei ricorsi cosiddetti seriali o ripetitivi, ossia derivanti da problemi sistemici e strutturali
esistenti a livello statale, sovente, di difcile o non rapida soluzione.
3 Tale Protocollo, aperto alla rma nel maggio 2004, è entrato in vigore solo il 1° giugno 2010.
4 Con la conferenza intergovernativa di Interlaken del 2010 si inaugura un nuovo metodo di lavoro
per procedere alla riforma della CEDU, che – per dirla con le parole della stessa Corte europea (Memo-
randum of the President of the European Court of Human Rights to the States with a View to Preparing
the Interlaken Conference, del 3 luglio 2009) – vede coinvolti in prima linea “State actors capable of
engaging the responsibility of their country at the political level (…) to reafrm the commitment of the
State to the protection of human rights in Europe (…)”, nonché “to build for the future and to establish
a roadmap for the evolution of the European Court of Human Rights”.
5 Sempre nell’ottica di rendere più snello e celere il procedimento dinanzi alla Corte europea, il
Protocollo n. 14 introduce, altresì, la norma che consente la decisione congiunta di ricevibilità e merito
del ricorso (art. 29 CEDU) e quella che permette di addivenire a un regolamento amichevole della con-
troversia in ogni fase e momento del procedimento (art. 39 CEDU).
6 Sentenza della Corte europea del 22 giugno 2004, Broniowski c. Polonia.
7 La norma è stata introdotta il 21 febbraio 2011 ed è in vigore dal successivo 31 marzo.
8 Art. 28, par. 1, lett. b), CEDU.

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