Elementi di approfondimento e sviluppo del diritto comunitario e dell’Unione europea nel processo di allargamento

AuthorAlfredo Rizzo
Position"Jean Monnet" di Diritto e relazioni esterne dell’Unione europea nell’Università per stranieri di Perugia
Pages281-307

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@1. Introduzione

1. La situazione di stallo in cui versa il processo di riforma dei Trattati comunitari e dell’Unione europea culminato nella firma del Trattato costituzionale (avvenuta come noto a Roma nel 2004) non invita certo a mantenere una visione ottimistica dei prossimi sviluppi riguardanti il cammino dell’integrazione europea1.

Tuttavia, anche volendo sostenere l’opinione di chi ritiene il Trattato costituzionale non particolarmente evoluto sotto il profilo “sostanziale”, ossia dell’auspicato maggiore impulso ad alcuni settori specifici (e in particolare, ancora una volta, riguardo alla cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza, con qualche valutazione più positiva riguardo ai progressi fatti per quanto attiene alla cooperazione giudiziaria)2, tale Trattato potrebbe offrire quantomenoPage 282 un primo vantaggio non trascurabile inerente alla maggiore unitarietà del sistema. In ogni caso, va rammentato che uno dei principali obiettivi sottesi al lavoro “costituente” lanciato dal Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001 è stato il superamento dell’assetto di regole istituzionali, in particolare di quelle inerenti ai metodi decisionali in seno al Consiglio, che il Trattato di Nizza ha provveduto a modificare per quanto attiene ai necessari adeguamenti matematici connessi all’aumento del numero di Stati membri. Soprattutto nel settore richiamato (riforma istituzionale), si è avvertita l’esigenza di un cambiamento che fosse più netto rispetto a quanto attuato secondo le usuali procedure riformatrici basate sull’art. 48 TUE e ciò proprio in ragione del fatto che l’allargamento che si è profilato a ridosso del Consiglio europeo di Nizza (preannunciando la decisione del Consiglio europeo di Laeken sull’apertura dei negoziati definitivi di adesione a partire dal 2002) si presentava con tutti i connotati dell’evento eccezionale, da gestire secondo modelli e procedure “atipiche”, cioè non riconducibili agli schemi procedurali sanciti nei Trattati fondamentali3. D’altronde, proprio l’insoddisfazione generale sui progressi ottenuti a Nizza, peraltro stigmatizzati dal negativo risultato del referendum irlandese, ha rappresentato in qualche modo la “scintilla” per l’avviamento di un processo riformatore, ispirato dalla dichiarazione italo-tedesca annessa al Trattato di Nizza, strettamente connesso all’ormai irreversibile allargamento dell’Unione e da gestire tramite strumenti atti a conferire maggiore profondità a tale revisione4. In merito, poi, ad uno degliPage 283 aspetti centrali di tale processo di riforme, rappresentato dalla riallocazione dei voti in seno al Consiglio “allargato” per le votazioni da assumere a maggioranza qualificata, deve peraltro riconoscersi che il sistema decisionale, anche come risultante dalle riforme previste dal Trattato di Nizza e “riadattate” dal Trattato di adesione siglato ad Atene, non incide sulla sostanza dei meccanismi decisionali come attualmente operanti. Solo per fare un esempio, il metodo decisionale congegnato a Nizza, pur estendendo ad altre politiche il ricorso alla maggioranza qualificata, crea comunque un triplice ordine di ostacoli – maggioranza degli Stati e maggioranza di voti “ponderati”, più eventuale verifica tramite il cd. filet démographique5 – verso il conseguimento di una decisione, di modo che l’effet-Page 284to positivo di quell’estensione è sostanzialmente diminuito, se non reso quasi nullo, dalla laboriosità della procedura complessivamente intesa (tenendo conto del fatto che si tratta ormai di procedura “a venticinque”).

Quelli che precedono sono solo gli argomenti generali posti a sostegno della tesi della sostanziale immobilità del sistema così come scaturito da Nizza e sin qui confermato, almeno se e fino a quando non si affermino nuovi modelli procedurali quali quello previsto nel Trattato costituzionale, che garantisce al criterio demografico un rilievo autonomo e determinante ai fini dell’assunzione degli atti da parte del Consiglio e limita formalmente il ricorso al metodo sancito nel “compromesso di Ioannina” – del 29 marzo 1994, relativo all’adozione da parte del Consiglio di decisioni a maggioranza qualificata, che notoriamente si ispira al metodo consensuale – nell’ambito di una procedura eventuale ed avente effetti relativamente limitati (c.d. “rete di sicurezza”)6.

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Ciò posto, con questo contributo – di carattere solo introduttivo di alcuni specifici argomenti – si intende far notare come i Trattati di adesione nel frattempo entrati in vigore o quantomeno formalmente siglati, tenendo conto che essi si riferiscono alle pur criticabili riforme stabilite dal Trattato di Nizza, contengano elementi di evoluzione del diritto comunitario e dell’Unione europea forse non individuabili prima facie. Rileva, a tale proposito, innanzitutto un’indagine sugli strumenti di rango primario che normalmente sono finalizzati a disciplinare le adesioni di nuovi Stati all’Unione, considerato che gli Atti di adesione sono testi che in tutto e per tutto vanno ricondotti nell’alveo delle fonti di rango “costituzionale” del sistema comunitario, al pari dei Trattati istitutivi e di revisione. Dal punto di vista sistematico, l’analisi riguarderà gli elementi maggiormente innovativi che caratterizzano il Trattato di adesione di Bulgaria e Romania e quello relativo ai dieci nuovi Stati membri; del primo si sottolineano alcuni aspetti che rilevano anche per quanto attiene allo sviluppo del diritto istituzionale, mentre del secondo gli aspetti di evoluzione del funzionamento di alcune basilari – perché pur sempre ricavabili da norme dei Trattati fondamentali – regole di diritto comunitario operanti nel settore delle relazioni esterne (considerato che tali aspetti caratterizzano anche il Trattato di adesione di Romania e Bulgaria, essendo particolarmente rilevanti anche ai fini di alcune più generali riflessioni inerenti all’impatto del processo di allargamento dell’Unione europea nel contesto del sistema di relazioni internazionali)7.

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@2. Le novità del Trattato di adesione di Romania e Bulgaria. In particolare, la clausola di slittamento

2. Si prenda innanzitutto in considerazione l’eventuale – sono ancora in corso i processi interni di ratifica – entrata in vigore del Trattato di adesione di Bulgaria e Romania, concluso il 25 aprile 2005. Per la stesura di questo Trattato, che “chiude” il processo d’allargamento stabilito nel Trattato di Nizza8 e i cui relativi lavori redazionali sono iniziati nell’estate del 2004, si è ritenuto di dover tenere conto di due testi di riferimento – Trattato di Nizza (v. i riferiti Protocollo sull’allargamento dell’Unione e Dichiarazioni nn. 20 e 21, con relative modifiche di cui all’Atto di adesione del 2003) e Trattato costituzionale –, in ragione della circostanza per cui tra l’avvenuta firma e l’effettiva entrata in vigore del Trattato di adesione di Romania e Bulgaria devono trascorrere venti mesi (cfr. art. 4 Trattato di adesione di Bulgaria e Romania, che sancisce l’entrata in vigore dello stesso al 1° gennaio 2007) e che, nel lasso di tempo indicato, è previsto che il 1° novembre 2006 entri in vigore il Trattato costituzionale, almeno alla luce del suo art. IV-447, par. 2 (la data di novembre è correlata all’entrata in vigore della “nuova” Commissione europea “a venticinque”, come sancito nell’Atto di adesione del 2004, v. art. 45 che così modifica l’art. 4, par. 1 del Protocollo sull’allargamento annesso al Trattato di Nizza). Pertanto, il nuovo Trattato di adesione contempla al suo interno un’alternativa relativa, da un lato, all’entrata in vigore – il 1° gennaio 2007 – del Trattato di adesione stesso in quanto basato sul Trattato costituzionale, nel caso in cui quest’ultimo entri in vigore all’indicata data del 1° novembre 2006 (cfr. art. 1 del Trattato di adesione); dall’altro lato, nel caso in cui alla data daPage 287 ultimo indicata il Trattato costituzionale non sia ancora entrato in vigore per effetto della mancata ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione (Romania e Bulgaria esclusi, dunque), si prevede che il Trattato di adesione entri sì in vigore alla medesima data del gennaio 2007, ma in quanto basato sui Trattati vigenti, in tal caso riproducendosi per Romania e Bulgaria proprio la formula già adottata per il Trattato di adesione del 2004. L’art. 2 di tale Trattato concepisce comunque una disposizione a carattere transitorio: ciò deriva innanzitutto dalla lettura del sottoparagrafo dell’art. 1, là dove si dispone che, in ogni caso, una volta entrato in vigore il Trattato costituzionale, l’Atto di adesione sarà automaticamente sostituito dal Protocollo, così come previsto nei paragrafi da 2 a 4 dell’art. 1 del Trattato di adesione. Tale precisazione è peraltro resa ancor più chiaramente nel par. 2 dell’art. 2, in particolare nell’inciso in cui si chiarisce che l’Atto di adesione conterrà le condizioni di adesione e le modifiche dei Trattati fondamentali che si renderanno applicabili – solo (aggiungiamo noi) – nel periodo posto tra l’entrata in vigore del Trattato di adesione e (“fino a”, “until” nel testo inglese dell’articolo in esame) quella di entrata in vigore del Trattato costituzionale.

Nel primo tra i due casi indicati, l’adesione di Romania e Bulgaria verrà disciplinata in un Protocollo di adesione, che conterrà condizioni e modalità di ammissione dei due Stati sia come membri dell’Unione sia come parti dei Trattati riferiti. La necessità di soddisfare l’esigenza di semplificazione e uniformità dei testi ha indotto i servizi giuridici della Commissione, con l’avallo di quelli del Consiglio, a predisporre l’ipotesi indicata, che sembra tesa a rendere regola la scelta redazionale già adottata dal Gruppo cd. “Piris” – dal nome del suo Presidente – di revisione giuridica dei testi del Trattato costituzionale, scelta secondo la quale gli accordi di adesione al Trattato costituzionale (art. I-58), a partire dall’entrata in vigore di...

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