Opinion of Advocate General Pitruzzella delivered on 7 April 2022.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2022:271
Date07 April 2022
Celex Number62020CC0460
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 7 aprile 2022(1)

Causa C460/20

TU,

RE

contro

Google LLC

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Protezione dei dati a carattere personale – Richiesta di deindicizzazione di informazioni asseritamente false e di rimozione di immagini sotto forma di miniature (“thumbnailsˮ)»






I. Introduzione

1. Con la domanda di pronuncia pregiudiziale oggetto delle presenti conclusioni il Bundesgerischsthof (Corte federale di giustizia, Germania; in prosieguo: il «BGH») pone alla Corte due quesiti vertenti sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (2) (in prosieguo: il «RGPD») e degli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), letti alla luce degli articoli 7, 8, 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Tali quesiti sono stati sollevati nel quadro di un’azione intentata da TU e RE (in prosieguo, congiuntamente: i «ricorrenti») contro Google LLC (in prosieguo: «Google» o la «resistente»), volta a ottenere, da un lato, la deindicizzazione di alcuni link visualizzati nelle ricerche effettuate tramite il motore di ricerca gestito dalla convenuta, che rimandano ad articoli di un terzo pubblicati in rete nei quali vengono individuati i ricorrenti e, dall’altro, la cessazione della visualizzazione delle foto di cui è corredato uno di tali articoli sotto forma di cosiddette miniature («thumbnails»).

2. È noto che un motore di ricerca non si limita a ospitare i contenuti prodotti da altri nella rete, ma ha un ruolo attivo nella diffusione dell’informazione. La «ricchezza della rete» sarebbe solo potenziale se l’utente non potesse accedere all’informazione di cui ha bisogno grazie ai motori di ricerca e, nel vasto oceano dell’informazione prodotta in Internet, tante informazioni resterebbero praticamente inaccessibili senza l’intermediazione di tali motori. Quando il motore di ricerca permette all’utente di effettuare una ricerca a partire da alcune parole chiave, come il nome di una persona, effettua delle scelte circa i siti da inserire nei risultati della ricerca e circa l’ordine da dare loro nell’elenco dei risultati, con enormi ricadute sulla diffusione delle informazioni. Queste selezioni sono effettuate dall’algoritmo impiegato e quindi dipendono dai criteri di selezione che il gestore del motore di ricerca ha scelto nell’attività di programmazione. Scelte ulteriori sono realizzate su larga scala nell’ambito delle politiche di «content moderation» effettuate dalla piattaforma in base agli standards da essa adottati, ad esempio per difendere il suo modello di business, per tutelare certe sensibilità diffuse presso gli utenti o per adempiere delle obbligazioni legali. Queste attività comportano decisioni circa i contenuti da non pubblicare nei risultati delle ricerche effettuate dagli utenti.

3. Il motore di ricerca opera pertanto come un «gatekeeper» dell’informazione, espressione con cui si designano le entità la cui attività è necessaria per permettere l’inserimento nel circuito della comunicazione democratica delle opinioni o delle informazioni prodotte da terzi. Questa funzione di controllo dei «cancelli» da cui passa il flusso delle informazioni, operata dai motori di ricerca come Google, ha conseguenze importanti sia sulla libertà di espressione e d’informazione sancita dall’articolo 11 della Carta, sia sui diritti al rispetto della vita privata e alla tutela dei dati personali enunciati agli articoli 7 e 8 della stessa. In particolare, l’inclusione, nell’elenco dei risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, di una pagina web e delle informazioni in essa contenute relative a questa persona, facilita notevolmente l’accessibilità di tali informazioni a qualsiasi utente di Internet e può svolgere un ruolo decisivo per la diffusione di dette informazioni e quindi per l’esercizio della libertà di espressione e d’informazione. Per la stessa ragione, detta inclusione è idonea a costituire un’ingerenza più rilevante nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata della persona interessata che non la pubblicazione da parte dell’editore della suddetta pagina web, come la Corte ha avuto modo di precisare nella sua giurisprudenza (4).

4. Nella domanda di decisione pregiudiziale oggetto delle presenti conclusioni, la specificità della funzione svolta dai motori di ricerca e la tensione che questa determina tra i diritti fondamentali di cui agli articoli 7, 8 e 11 della Carta viene in rilievo in uno scenario non ancora esaminato dalla Corte, vale a dire quello in cui la persona interessata contesta la veridicità dei dati trattati e chiede, per tale ragione, la deindicizzazione dei link che rinviano a contenuti editi da terzi in cui figurano tali dati.

II. Contesto normativo

5. Oltre agli articoli 7, 8, 11 e 16 della Carta, che enunciano rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, la libertà di espressione e d’informazione e la libertà d’impresa, vengono in rilievo, ai fini della presente analisi, in particolare, gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46, al cui testo mi limito a rinviare, nonché l’articolo 17 del RGPD. Quest’ultimo sancisce, al paragrafo 1, il diritto dell’interessato di ottenere la cancellazione dei dati personali che lo riguardano, in particolare ove tali dati siano stati trattati illecitamente, e il correlativo obbligo del titolare del trattamento di procedere a tale cancellazione. Il paragrafo 3, lettera a), di tale articolo precisa che il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui il trattamento sia necessario «per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione». Le altre disposizioni della direttiva 95/46 e del RGPD pertinenti ai fini dell’esame della domanda di decisione pregiudiziale saranno richiamate nel corso dell’analisi.

III. Controversia principale e procedimento dinanzi alla Corte

6. TU opera in posizione di responsabile per diverse società che offrono servizi finanziari o detiene una partecipazione nelle stesse. RE era la compagna di TU e, fino a maggio 2015, procuratrice di una di tali società. Il sito www.g...net (in prosieguo: «g-net») pubblicava, rispettivamente in data 27 aprile 2015, 4 giugno 2015 e 16 giugno 2015, tre articoli che esprimevano opinioni critiche e dubbi sulla serietà del modello di investimento di diverse delle suddette società. L’articolo del 4 giugno 2015 era corredato di quattro foto, tre di TU e una di RE, in cui i ricorrenti venivano rappresentati alla guida di macchine di lusso, in un elicottero e davanti ad un aereo charter. Unitamente agli articoli, tali immagini potevano suggerire che i ricorrenti beneficiassero di un lusso finanziato da terzi. Il gestore del sito g-net, stando alle informazioni legali («Impressum»), è la G-LLC. Lo scopo societario della G-LLC, secondo le sue stesse indicazioni, è «contribuire in modo sostenibile, attraverso un’informazione attiva e una costante trasparenza, alla prevenzione della frode sul piano economico e sociale». Diverse pubblicazioni forniscono tuttavia un resoconto critico sul modello societario della G-LLC, accusandola tra l’altro del tentativo di ricattare le imprese con la pubblicazione, in un primo tempo, di valutazioni sfavorevoli cui seguirebbe l’offerta, dietro pagamento di un cosiddetto contributo di protezione, di cancellarle. Gli articoli del 4 giugno 2015 e del 16 giugno 2015 venivano inclusi nell’elenco dei risultati delle ricerche prodotto con l’immissione nel motore di ricerca gestito da Google di nome e cognome dei ricorrenti, sia isolatamente che in collegamento ad alcuni nomi di società, mentre l’articolo del 27 aprile 2015 compariva nelle ricerche a partire da determinati nomi di società. Detti risultati contenevano un link verso gli articoli in questione. Google inseriva inoltre sotto forma di «thumbnails», nel riepilogo dei risultati della sua ricerca per immagini, le foto dei ricorrenti contenute nell’articolo del 4 giugno 2015.

7. I ricorrenti hanno chiesto alla resistente, da un lato, di deindicizzare gli articoli in questione, che, a loro avviso, contengono un certo numero di allegazioni errate e di opinioni diffamatorie basate su fatti non veritieri, e, dall’altro, di rimuovere le miniature dalla lista dei risultati di ricerca. Essi affermavano di essere stati vittime di ricatto da parte della G-LLC. La resistente rifiutava di dar seguito a detta domanda, rinviando al contesto professionale in cui gli articoli e le immagini controverse si iscrivono e invocando la sua ignoranza quanto alla pretesa falsità delle informazioni in essi contenute. L’azione è stata respinta nei primi due gradi di giudizio.

8. È in tale contesto che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se sia compatibile con il diritto dell’interessato al rispetto della sua vita privata [articolo 7 della Carta] e alla protezione dei dati personali che lo riguardano (articolo 8 della Carta) – ai fini della ponderazione da effettuarsi ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), del [RGPD] tra...

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